Licini e Arp, uniti a Lugano in un vocabolario di forme essenziali. Una mostra imperdibile che celebra due grandi visionari del Novecento.
Al Museo d’Arte di Lugano è in corso la mostra Jean Arp – Osvaldo Licini, un dialogo inedito che svela assonanze visive e di poetica fra due grandi artisti del XX secolo: lo scultore alsaziano – svizzero di adozione – Jean Arp (Strasburgo 1886 – Basilea 1966) e il pittore italiano Osvaldo Licini (Monte Vidon Corrado, Fermo, 1894-1958), tra i protagonisti, rispettivamente, del dibattito artistico centro-europeo e italiano nella prima metà del Novecento. Arricchiscono l’esposizione opere di alcuni dei principali esponenti dell’arte del XX secolo, Matisse, Modigliani, Klee, Kandinskij e altri. Anticipando la filosofia che sarà propria del nuovo centro culturale LAC (Lugano Arte e Cultura), la cui apertura è prevista per il 2015, la mostra si sviluppa attorno al concetto di dialogo e di confronto, ponendosi così in continuità con la linea espositiva inaugurata nel 2013 con Klee-Melotti. È infatti nell’identità e nella vocazione della città di Lugano, tradizionale crocevia fra Svizzera e Italia, Nord e Sud Europa, farsi luogo di confronto e di incontro tra figure di diversa origine per metterne in luce sensibilità e caratteristiche comuni. Si inserisce proprio in quest’ambito l’importante legame che unì Arp al Cantone Ticino, dove soggiornò a più riprese a partire dal 1917 e dove trascorse gli ultimi anni. “Il più astratto dei surrealisti e il più surrealista degli astratti”, così l ‘illustre gallerista francese Denise René definì Jean Arp; una perfetta sintesi dell’attitudine di Arp caratterizzata dall’ indipendenza di pensiero, dalla mai piena adesione alle avanguardie a lui coeve. Una posizione affine a quella di Licini. La sensibilità culturale dei due artisti presenta, infatti, sorprendenti punti di convergenza: uniti dalla ricerca dell’“elementare”, entrambi rivendicano la necessità di individuare nell’arte una dimensione spirituale, un momento originario, basato sulla ricerca di elementi primordiali. Arp e Licini indagano il mistero della relazione fra uomo e natura attraverso un vocabolario di forme essenziali: geometriche negli anni giovanili e, in seguito, tratte dall’universo umano e naturale. Parti del corpo, forme organiche, paesaggi, lettere dell’alfabeto o oggetti quotidiani vengono trasfigurati e ricombinati, come se gli artisti ambissero – ponendo in relazione elementi della natura e simboli astratti – a cogliere le dinamiche che presiedono a processi invisibili e rivelare le regole alla base del divenire delle cose. Una sottile ironia pervade il loro immaginario, senza tuttavia comprometterne il lirismo, ma tenendolo al riparo dal pericolo dell’abbandono al sentimento. Al fine di mettere a fuoco i diversi temi di dialogo fra i due artisti, il percorso espositivo si articola in una successione di capitoli: dagli anni di formazione (“Gli esordi figurativi”), verso l’astrazione geometrica (“La linea dell’orizzonte”, “Equilibri instabili”, “Architettura dello spazio”, “Astrazioni”), la mostra si sofferma sull’indagine dell’universo naturale (“Genesi delle forme”), sull’uso delle lettere e dei simboli (“Caratteri e segni evocativi”) per chiudersi con un’importante sezione dedicata alla figura biomorfa (“La danza della figura”). Il confronto fra le opere di Arp e Licini permette allo stesso tempo di apprezzare alcune differenze nella poetica dei due: se la natura rappresenta infatti per Arp lo spazio in cui esplorare forme e processi al fine di formulare un inedito linguaggio visivo, per Licini essa è invece il luogo del mito, la dimensione a cui attingere per dare forma a un immaginario fantastico. La mostra non si esaurisce in un dialogo a due voci, ma propone anche opere di artisti che Arp e Licini amarono o che condivisero il loro stesso orizzonte di ricerca. Accanto alle opere giovanili dei due artisti saranno pertanto esposti dipinti e sculture di Auguste Rodin, Henri Matisse, Moise Kisling, Amedeo Modigliani,modelli ispiratori o compagni di strada. Per rendere conto del continuo confronto che Arp e Licini intrattennero con le avanguardie loro coeve –Dadaismo, Surrealismo, Costruttivismo, Neoplasticismo – e con le diverse correnti dell’astrazione, vengono presentate inoltre opere di Paul Klee, Vassilij Kandinskij, Alberto Magnelli, Josef Albers e altri ancora. Un ruolo di particolare rilievo riveste, anche, la figura di Sophie Taeuber-Arp, dal 1915 compagna di Jean Arp, nonché autrice di opere che destarono profondo interesse in Licini. La presenza in mostra degli artisti citati contribuisce a evidenziare come Arp e Licini, pur partecipando attivamente al dibattito sull’astrazione degli anni Venti e Trenta, abbiano sviluppato linee di ricerca del tutto personali. Attraversando le avanguardie, ma interpretandole in modo sempre originale, Arp e Licini – artista cosmopolita per vocazione l’uno, solitario per elezione l’altro – furono segnati da una sorte radicalmente diversa: Arp fornì i fondamenti del linguaggio di tante forme espressive del secondo Novecento, dal Neo-dada al Minimalismo; Licini rimase unico e inimitato nella sua personalissima dimensione simbolica, figura mitica nel panorama della contemporaneità. Abbandonata negli anni giovanili la figurazione, Jean Arp si dedicò all’elaborazione di un linguaggio astratto ispirato alle leggi che presiedono ai fenomeni naturali. La genesi, la crescita, il deperire delle forme organiche rappresentano per l’artista la fonte di ispirazione di opere che sono esse stesse occasioni di indagine sulla natura. La profonda originalità dei dipinti, collage e rilievi così creati ha fatto di Arp uno dei protagonisti del Dada. La ricerca dell’artista prosegue tuttavia ben oltre questo movimento. Arricchitasi a partire dagli anni Trenta di sculture a tutto tondo, essa conduce a una visione del rapporto fra opera e natura radicalmente nuova, fondata non più sull’imitazione delle forme, ma dei processi sottesi alla loro evoluzione. Dopo gli esordi figurativi, al volgere degli anni ’30, Osvaldo Licini si avvicina all’astrazione offrendone un’interpretazione personale lontana dal rigore geometrico allora in vigore. Si tratta di un periodo di transizione che conduce al “figurativismo fantastico”: personaggi immaginari, Angeli ribelli, Olandesi volanti e Amalassunte si librano in paesaggi astratti, dando luogo a composizioni liriche vicine a una dimensione onirica. Quella di Licini è una meditazione sul mistero del cosmo in cui l’individuo acquista senso di sé nello sguardo rivolto all’immensità dell’universo.
Carlo Franza