Il nuovo stadio di Milano. Al Portello un’eccellenza architettonica tutta italiana capace di coniugare vissuti diversi.
Non tutti hanno idea della Milano del futuro, e se nel quartiere Garibaldi c’è una scopiazzatura tutta newyorkese, ormai attuata, non è così per quanto si viene a sviluppare al Portello, zona ex Fiera. Si direbbe, guardando i progetti, che si lavora sull’understatement. Un po’ il contrario di quello che si fece con lo stadio Meazza a San Siro: ingombrante, gigante, ciclopica struttura che conta 80mila posti e che si presta a polemiche di ogni tipo, sia che si tratti di concerti rock che di iniziative sportive.
Sicchè cosa progetta il Milan nella sua città? Progetta un nuovo stadio, dentro quella che sarà una delle “Piazze” più à la page del prossimo futuro in città, quella del portello. E dove sorgeranno anche i grattacieli di Zaha Hadid, Arata Isozaki e Libeskind.
Già, perché tanto come ben sappiamo la società calcistica non ha certo problemi di fondi, e conta anche un museo – all’interno del Meazza – che è il più visitato della città, in barba ai numeri dei Civici e dell’arte. Il progetto è firmato da Arup, e sarà uno stadio “urbano”: pochi posti a sedere (circa 48mila) incastonato in un centro multiservizi che avrà sui suoi roof anche una serie di giardini pensili. Un’altra costruzione, beninteso, dalla molteplice identità, che nemmeno negli Emirati o nelle megalopoli asiatiche con i centri commerciali incastonati nei casinò a loro volta incastrati in uffici, associati ad aree ristoro, e con mille altre aggetture.
Lo stadio non sarà più alto di 30 metri e il campo scavato a 10 metri sotto il livello stradale, sarà inaugurato – se tutto andrà per il meglio – alla fine del 2018. All’interno vi sarà anche un liceo sportivo, un albergo, ristoranti. Un nuovo centro tra diverse offerte sul piatto, che è come dire fare vita in modo diverso. Sapete invece che ha proposto l’azienda Vitali spa e Stam Europe? Una camminata sopraelevata di 600 metri, alta sette metri, lungo viale Scarampo (quello per intenderci degli ingressi alla vecchia fiera, dove si svolge anche Miart): una High Line milanese. Peccato che a New York sia stato un recupero unico al mondo e difficilmente scimmiotabile, e che lo skyline non sia il medesimo. Ma quel che sembra più mancare, a margine della volontà di costruire, è un po’ di originalità nell’offerta. Abortito il progetto della biblioteca europea in Porta Vittoria, altra zona in riqualificazione della città, ecco vivere e far vivere la triade wellness -ristorazione – alloggi. Ancora un passo in avanti, diciamo pure che il governo Renzi non ha mai avuto una politica architettonica, ambientale, paesaggistica, sicchè ognuno sui muove come isola a sé. Così è anche per il nuovo stadio di Milano, con ormai il sindaco Pisapia troppo lontano dalla città e in via d’uscita.
Carlo Franza