Sam-Havadtoy-Only-remember-the-future-Fondazione-Mudima-Milano-31052016-78Non  lasciatevi sfuggire né il nome -ve lo ripeto, Sam Havadtoy-  né la mostra in corso a Milano da Mudima, è l’esposizione che da gennaio mi ha maggiormente colpito in città, anche se l’intera produzione dell’artista la conoscevo da tempo. La rassegna testimonia il vincolo che lega Sam Havadtoy alla cultura figurativa e letteraria dell’Italia, definita dallo stesso artista “il mio paese d’adozione”.

A volte, vorrei fermarmi in un posto e mettere le radici; 

ma ogni giorno mi offre nuove esperienze da provare.

È difficile pensare di rinunciare a quello

che il futuro ha in serbo per me.

Mi ricordo solo del futuro (I only remember the future)

Sam Havadtoy

Fiat%20500Fino all’8 luglio 2016, la Fondazione Mudima di Milano ospita la personale di Sam Havadtoy, dal titolo “Only remember the future”, curata da Attila Nemes, che ripercorre, attraverso 40 opere, tra dipinti e sculture, la produzione recente di uno degli artisti più interessanti e originali della scena newyorkese, tra gli anni Settanta e Ottanta. Sam Havadtoy, nato a Londra nel 1952, cresciuto nell’Ungheria post 1956, trasferitosi negli Stati Uniti nel 1972, dove ha iniziato a lavorare come arredatore d’interni, ha vissuto da protagonista sul palcoscenico di quella straordinaria stagione creativa, sviluppatasi nella seconda metà del Novecento a New York.images7 In questi anni ebbe modo di conoscere e diventare intimo amico di John Lennon, Yoko Ono – di cui divenne compagno, dopo la tragica scomparsa del musicista inglese – e di altre personalità quali Andy Warhol, Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, John Cage e molti altri.
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La cifra espressiva più caratteristica del lavoro di Sam Havadtoy risiede nell’utilizzo del merletto, materiale insolito per l’arte contemporanea, ma il cui impiego trova riscontro nella memoria dei popoli dell’est Europa dove proprio il merletto intrecciava associazioni complesse con classe, religione, storia e moda. Nella sua pratica artistica Havadtoy incolla frammenti di pizzo Sam-Havadtoy-Only-remember-the-future-Fondazione-Mudima-Milano-31052016-77sulle sue tele, quindi, strato dopo strato li ricopre di colore, in modo che il gioco di vuoto e pieno che si crea, diventi l’elemento strutturale dell’immagine che ne risulta. I suoi lavori si manifestano attraverso un processo di occultamento – che ricorda la formula di Paul Klee di “rendere visibile l’invisibile” – e inizia spesso con un testo personale scritto direttamente sulla tela, poi cancellato con strisce di merletto, colore e con una successiva sovrapittura che dona tridimensionalità alla tela stessa. Quello che ne consegue è una composizione stratificata che ricorda i palinsesti, ovvero quei manoscritti di papiro o pergamena, di epoca antica o medievale, dove il testo originario veniva lavato per fare spazio a un altro scritto.45017-01_67

L’esposizione testimonia il forte legame di Havadtoy con l’Italia, “il mio paese di adozione”, com’ebbe modo di affermare. È proprio in Italia, nel 2008, che il suo lavoro subisce una decisa trasformazione, che si traduce in una tavolozza di colori fino ad allora sconosciuta. Invitato da amici a trasferirsi in una casa affacciata sul mar Mediterraneo, Havadtoy seppe cogliere le suggestioni che gli provenivano dal paesaggio circostante. La tecnica divisionista che caratterizzava la sua opera si arricchisce di una luminosità più gioiosa e serena. 06a_24images8Lo stesso artista ricorda come “Dipingere sul mare, attorniato dai miei nuovi amici mi ha fatto comprendere che il prezzo della mia nuova vita doveva essere la perdita o eventualmente la trasformazione di quella vecchia. Tutti i ricordi del passato, evocati da quei puntini che mi hanno aiutato ad arrivare a questo momento della mia esistenza, mi hanno dato una nuova direzione. Non significavano più perdita, piuttosto crescita e realizzazione”.

Anche dal punto di vista tematico, l’Italia è molto presente nelle pitture e nelle sculture di Sam Havadtoy. In mostra, infatti, si trovano molti dei suoi d’après, tratti da opere di Boccioni, di Modigliani, oltre che di Giorgio Morandi, uno dei maestri che più l’hanno influenzato, per il puro piacere della pittura e la ricorrente qualità dei suoi colori e soggetti. Ma anche il genio italico non manca di stupire Havadtoy. Non è un caso che sia una vera Fiat 500 d’epoca, decorata con la sua caratteristica tecnica a merletto, ad accogliere il visitatore. Così come la scultura di Pinocchio concenimages0tra la sua attenzione su un personaggio di fantasia della letteratura italiana che ha saputo farsi conoscere ben oltre i confini della nazione. Il luogo che accoglie la mostra racchiude inoltre un significato altamente simbolico per Havadtoy. È qui nel 2008 che tenne la sua prima personale italiana, nello stesso spazio in cui si sono alternati alcuni dei precursori modernisti quali Alan Kaprow, Marcel Duchamp e John Cage, e dove ebbe modo di conoscere lo storico dell’arte Arturo Schwarz che è diventato ben presto suo amico, mentore ed esegeta.

A Milano, c’è  l’occasione per ammirare la serie inedita “Doors”. Sono porte dipinte, 14 come le stazioni della “Via crucis”, che simboleggiano i momenti di passaggio e di sofferenza che ogni uomo esperimenta lungo tutto il corso della sua vita.

Sam Havadtoy è nato nel 1952 a Londra da una famiglia ungherese. Rientrata in Ungheria nel 1956, non le fu più concesso di ritornare in Inghilterra. Nel 1971, Sam emigrò illegalmente in Inghilterra attraverso la Yugoslavia. Un anno più tardi, nel 1972, si stabilì negli Stati Uniti. Nel 1978 fondò il Sam Havadtoy Gallery and Interior Design Studio, e divenne amico intimo di Yoko Ono, John Lennon, David Bowie, Andy Warhol, Keith Haring, George Condo, Donald Baechler e molti altri artisti. Winged Altarpiece, la più monumentale scultura in bronzo mai realizzata da Keith Haring, fu creata in edizione limitata con l’aiuto di Havadtoy. Qualche anno dopo, il Ludwig Museum di Budapest ricevette in dono dallo stesso Havadtoy questa rara opera per arricchire le sue collezioni permanenti. Nel 1992 aprì la Galéria 56 a Budapest. Qui espose lavori di artisti quali Keith Haring, Andy Warhol, Agnes Martin, Cindy Sherman, Kiki Smith, Robert Mapplethorpe, Ross Bleckner, Donald Sultan, Donald Baechler, oltre alle opere del grande artista ungherese László Moholy-Nagy. Dal 2000 è tornato a vivere in Europa; a Budapest e Szentendre, in Ungheria, e in Liguria.

Carlo Franza

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