“L’Italia ci guarda”. I migliori fotografi italiani fanno il punto sulla nazione italiana e la raccontano al MAXXI di Roma.
“Extraordinary Visions. L’Italia ci guarda” è il titolo della mostra fotografica aperta al MAXXI di Roma, in occasione del 70esimo compleanno della Repubblica Italiana, facendone il punto. Un punto più amaro che dolce. E non sono -come da titolo- visioni extra-ordinarie, quanto immagini colte con occhi straordinari, quelli di alcuni tra i nostri fotografi migliori. La mostra nasce per volontà del Maxxi che negli ultimi anni ha sguinzagliato questi ultimi in lungo e in largo per l’Italia, a fornirci una radiografia dal vero della nazione. Una indagine a tutto campo non a parole ma con immagini, una specie di Atlante e dizionario tra ragione e sentimento, che andrebbe studiato non solo dal punto di vista artistico quanto anche sociologico. Intanto si vede l’Italia dei bei paesaggi, del Made in Italy, delle architetture metafisiche, ovvero di quei paesaggi e luoghi che sfuggono al turismo. La mostra si muove con l’ordinamento delle foto per sezioni -tra le sezioni “Arte architettura cultura”, “Res publica”, “Paesaggi contemporanei”, “Città comunità lavoro” – che lasciano intendere subito il trovarci dinanzi a scelte precise e non alla solita cartolina italiana. Lo sguardo perso tra una foto e l’altra coglie situazioni graffianti, riprese forti, e trasmettono tutte un quadro di smarrimento e inquietudine in quest’Italia del terzo millennio.
Di straordinario interesse il passato con le sue architetture, quelle del XX secolo, ad iniziare dalla Casa Balilla di Luigi Moretti, fotografata da Gabriele Basilico, fino agli spettacolari alloggi universitari di Urbino progettati da Giancarlo de Carlo e scelti dall’occhio di Paola De Pietri. Di uguale interesse il mondo e le architetture del periodo del boom economico e industriale; Gianni Agnelli è ritratto di profilo da Erich Lessing mentre scruta la pista del Lingotto, e le lavoratrici della Olivetti si leggono nelle fotografie di Paola Agosti.
Gli anni Novanta del Novecento si afffacciano con un’Italia fatta di modelle che pensano di calcare le scene con abiti nuovi e che tanto nuovi non sono e che rammentano gli abiti delle nostre anziane dei paesi del Sud Italia tutte vestite di nero, così come ad esempio si vede nella campagna pubblicitaria di Dolce&Gabbana di Ferdinando Scianna. Gli scatti del notissimo di Luigi Ghirri, sono il reportage di un’Italia raccontata al vero, dalla pianura padana a città del nord. Il mondo dell’arte, il mondo di Brera a Milano , artisti come Alberto Burri, Gino De Dominicis e altrio ancora, ritratti da Ugo Mulas.
Ma la lettura di un’Italia per immagini fa male se se ne colgono gli svilimenti, l’abbandono e le sevizie al paesaggio italiano dal nord al sud. Un paesaggio stuprato, involgarito, infernizzato; dagli abusi turistici delle spiagge e delle montagne iperaffollate, riprese da Massimo Vitali e da Walter Niedermayr in scatti dai colori anemici, agli ecomostri di Massimo Berruti, e agli abusivismi edilizi su cui si è accanita Letizia Battaglia. Questo paesaggio si salva solo, quando l’occhio del fotografo lo trasfigura in ritmo astratto come fa Franco Fontana o Giovanni Chiaramonte.
Colpisce e non poco, per lo svelamento delle lunghe mani della politica e della mafia sul territorio, con il radicamento di esse, e con le metastasi che hanno poi “sicilianizzato l’Italia”; l’installazione “Corpi di reato” dei fotografi Tommaso Bonaventura e Alessandro Imbriaco, curata da Fabio Severo, è proprio sorta di drammatica cartina di insediamenti mafiosi attraverso l’Italia; e non senza interesse le – dico belle- fotografie di Gianni Cipriano e Simone Donati sui rituali delle campagne elettorali, con l’affondo degli sguardi e degli scatti spietati di Francesco Zizola su tutta quella umanità, tra grottesco e stupideria , che popola feste e luoghi di aggregazione del potere.
Il mondo del lavoro è raccontato dalle raffinerie ravennati come le propone Paolo Pellegrin, o dal tumultuoso porto di Genova ripreso dalla macchina di Gianni Berengo Gardin. Che Italia, ammuffita, stantia, sporca, nel degrado più totale che capitola nelle immagini di Michele Borzoni degli affollatissimi concorsi pubblici – migliaia di partecipanti per un posto messo a concorso- a farci più interrogare su come è cambiato il significato di “posto di lavoro” anche per gli italiani d’oggi.
Francesco Zizola poi ha poggiato lo sguardo sui migranti che stanno snaturando la nostra nazione -altro che manna-, sui flussi di migranti che sempre più importanza stanno acquisendo per la geografia italiana, per le mosche impiantate in garage, per i costumi delle donne velate, per i cibi e mille altro. L’Italia del futuro -ma questo mondo è già lontano dalla mia cultura- la leggiamo nei ritratti di Mustafa Sabbagh, così come nei ragazzi del progetto “Inside Out Project” del photograppheur francese JR. Ma fermiamoci qui perché il ritratto della nazione c’è già, fa leggere passato e presente, il passato ricco di storia, di arte, di morale e di cultura; il presente lascia leggere uno stivale infettato da decadenza e miseria.
Carlo Franza