Edward Kienholz in mostra da Prada con “Five Car Stud”. Vietato ai minori. Sull’altare violenza e crudeltà, razzismo, stupro e oltraggio alla religione.
Attenzione, la mostra è vietata ai minori. Lo dico ad inizio articolo piuttosto che in fondo perché questa mostra “è un inferno”. E già perchè l’inferno comincia proprio in terra e l’arte ne è anche spesso una rappresentazione fedele. L’esposizione “Kienholz: Five Car Stud”, a cura di Germano Celant, riunisce una selezione di opere realizzate da Edward Kienholz e Nancy Reddin Kienholz, tra le quali la storica installazione che dà il titolo alla mostra aperta alla Fondazione Prada di Milano. Occorre sapere che Edward Kienholz (Fairfield, Washington, 1927 – Sandpoint, Idaho, 1994) è stato un precursore dell’assemblaggio e della cosiddetta “funk art”, tra gli Anni Cinquanta e Sessanta. La “funk art” è stato un movimento dedito a raccogliere detriti e rottami da discariche e negozi di seconda mano -ben altra cosa del ready made- per comporre assemblamenti tali che, invadendo lo spettacolo della quotidianità, come estensioni tridimensionali del vero, lo provocassero. Una sorta di presa di coscienza su qualcosa da fustigare, ben oltre quindi il capitalismo americano che aveva ammorbato tutti, tanto da uscirne nauseati e averne persino repulsione.
“Five Car Stud” è stata creata da Edward Kienholz tra il 1969 e il 1972 ed è stata esposta per la prima volta a documenta 5 a Kassel, curata da Harald Szeemann. L’opera, che riproduce in dimensioni reali una scena di violenza razziale, è considerata una delle più significative dell’artista americano. Nonostante il clamore e l’attenzione della critica suscitati fin dalla sua prima esposizione, Five Car Stud è rimasta non più visibile ai più, chiusa nel deposito di un collezionista giapponese per quasi quarant’anni. Solo tra il 2011 e il 2012, dopo il suo restauro, è stata ripresentata al pubblico del Los Angeles County Museum of Art e del Louisiana Museum of Modern Art in Danimarca. Ora parte della Collezione Prada, riappare per la prima volta in Italia in questa mostra. Five Car Stud diventa in questa mostra milanese il nucleo centrale di un percorso espositivo che presenta 25 opere, tra lavori scultorei, assemblage e tableau, realizzati dai Kienholz dal 1959 al 1994, nonché materiali di documentazione sulla storia e il processo di creazione di Five Car Stud.
“Five Car Stud” è opera scioccante, fa trovare lo spettatore in una situazione da incubo tanto da far tremare i polsi, ci si trova in una rada di fortissima violenza. Nonostante i quarant’anni di distanza dalla sua creazione restano intatte, infatti, la sua forza espressiva, la sua potente carica simbolica e la lucidità dell’atto di accusa contro la persecuzione razziale. Vale la pena approfondirla quest’opera, fa leggere una scena di violenza razziale orripilante e sconvolgente. Si nota un afroamericano a terra vittima di cinque uomini bianchi che indossano delle maschere di Halloween, tutto si svolge in un ambiente buio e isolato, illuminato solo dai fari di quattro automobili ( scusate ma m’ è parso di riannodare la notizia che ci dettero i giornali con l’assassinio che ci fu a suo tempo del nostro Pasolini sul lido di Ostia). La scena ancora più severa e drammatica per il fatto che la vittima, immobilizzata, viene evirata da uno degli aggressori, mentre un quinto uomo sorveglia la scena armato di fucile. Di fianco, terrorizzata, una donna bianca che si era appartata con la vittima, sconvolta è costretta impotente ad assistere, mentre in una delle macchine si intravede un ragazzino che impaurito osserva l’aggressione. L’afroamericano ha un doppio volto, uno interiore tristemente rassegnato, e uno, esterno e visibile, segnato dal terrore. Il busto è costituito da un contenitore di benzina all’interno del quale galleggiano sei lettere che possono formare la parola ‘nigger’.
In mostra altre opere, tableaux, assemblage e sculture di Ed e Nancy Kienholz, tra i quali il rilievo in legno “Ore the Ramparts We Watched, Fascinated” (1959), ispirato alla corsa allo spazio tra americani e russi; assemblaggi che inglobano o simulano monitor, come “The Death Watch” (1976), “Bout Round Eleven” (1982) e “The Twilight Hom”e (1983); “The Caddy Court” (1986-87) è una rappresentazione grottesca e funerea dei giudici della Suprema Corte americana; “The Merry-Go-World or Begat by Chance and The Wonder Horse Trigge” (1991–1994) è un colorato carosello che nasconde un’empatica rappresentazione del casuale determinismo della nascita; “The Bronze Pinball Machine with Woman Affixed Also”(1980) mostra il corpo femminile ridotto a un oggetto di puro intrattenimento sessuale; “Jody, Jody, Jody” (1993-94) è un tableau ispirato a un fatto di cronaca di abuso sui minori e uno degli ultimi lavori realizzati dai Kienholz, è “76 J.C.s Led the Big Charade” (1993–1994), un vero insulto alla cristianità, tanto che si legge un’installazione che trasforma in crocifissi parti di giocattoli, come bambole e carretti, e la stessa immagine di Cristo è presa a sberleffi, rendendo la religione una sorta di parata senza nessuna spiritualità.
Edward Kienholz (1927-1994), artista autodidatta cresciuto nello stato di Washington, fonda con Walter Hopps la Ferus Gallery nel 1957 a Los Angeles. Nel 1961, dopo la prima personale curata da Hopps al Pasadena Art Museum in California, Kienholz è incluso con altri artisti della West Coast nella mostra curata da William Seitz “The Art of Assemblage” al MoMA di New York, in cui è accostato a figure storiche come Picasso, Schwitters, Duchamp e Cornell. Nel 1972 Edward Kienholz e la moglie Nancy Reddin intraprendono una collaborazione artistica e co-firmano tutti i lavori realizzati da quel momento fino alla scomparsa di Kienholz nel 1994. Osserva il collega Germano Celant, “Kienholz non tende a sublimare le bassezze e la tragicità del vivere, le condizioni di solitudine e di trivialità, ma le usa come strumenti per far risplendere l’universo basso e popolare, dove il macilento e lo sporco, il perverso e il lurido, rappresentano una bellezza nuova e sorprendente”. E non aveva così fatto anche Pasolini con il romanzo “Ragazzi di vita” o anche in tanti suoi film? Fin dall’inizio del suo percorso Kienholz ha catturato la realtà, un immaginario realistico giornaliero dal quale poi ne è scaturita prima “un’arte della repulsione”, poi una presa di coscienza forte e uno scuotimento della società americana, in contemporanea con altri artisti dell’epoca dediti all’Espressionismo astratto o alla Pop Art o al Minimalismo, per citare alcune correnti.
Carlo Franza