Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco.Il pittore fiammingo che amò l’Italia in mostra a Palazzo Reale a Milano.
A Palazzo Reale a Milano vive sorprendentemente la bellissima mostra di Pietro Paolo Rubens (Siegen 1577 – Anversa 1640), artista di chiarissima fama e figura di spicco per la storia dell’arte europea. E’ pur vero che Rubens sia ancora oggi poco conosciuto in Italia, tanto che spesso, anzi spessissimo, lo si considera pittore “fiammingo”, ed è ancor più vero che abbia soggiornato nella penisola dal 1600 al 1608 lasciando tracce indimenticabili nella sua pittura proprio a seguito di tale permanenza in Italia. L’ esposizione, patrocinata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo è promossa e prodotta dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Civita Mostre, è visitabile fino al 26 febbraio 2017 a Palazzo Reale.
Esiste un rapporto strettissimo tra l’Italia e Rubens, così come tra Rubens e l’Italia, per gli storici dell’arte è indicativo dire che proprio a lui si devono i primi segnali della nascita del Barocco che si allarga a vista d’occhio con esiti altissimi in ogni regione. Un’ influenza che tutta la critica gli ha riconosciuto ed esaltato al punto che il grande Bernard Berenson ha amato definirlo “un pittore italiano”. Legami con Genova, Mantova, Venezia e la sua vicenda romana lasciano chiaramente vedere quel fil rouge che lo lega così profondamente alla cultura italiana, una sorta di marchiatura che rimarrà il tratto d’identità per tutta la sua produzione successiva. Ed è appunto questo il leit motiv della mostra “Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco” che si legge nella mostra allestita al piano nobile di Palazzo Reale a Milano; lasciar scoprire i rapporti di Rubens con l’arte antica e la statuaria classica eppoi la sua attenzione verso i grandi maestri del Rinascimento come Tintoretto, Correggio e soprattutto a far conoscere la straordinaria influenza esercitata dal grande fiammingo sugli artisti italiani più giovani, protagonisti del Barocco come Pietro da Cortona, Bernini, Lanfranco, fino a Luca Giordano.
Ad attestare e lasciar trasparire tutto ciò ci ha pensato un prestigioso comitato scientifico internazionale composto dai colleghi Eloisa Dodero, David Jaffé, Johann Kraeftner, Anna Lo Bianco, a cui si deve la curatela della mostra; Cecilia Paolini e Alejandro Vergara, hanno potuto procedere alla selezione di un gruppo di opere assolutamente esemplificativo di questi temi, con confronti il più possibile evidenti tra dipinti di Rubens, sculture antiche, opere di alcuni grandi protagonisti del Cinquecento e di artisti barocchi: un corpus di oltre 75 opere, di cui 40 del grande maestro fiammingo, riunito grazie a prestigiosi prestiti internazionali da alcune delle più grandi collezioni del mondo come quelle del Museo Nazionale del Prado, dell’Hermitage di San Pietroburgo, della Gemäldegalerie di Berlino e del Principe del Liechtenstein, e a prestiti di numerose collezioni italiane, tra cui la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma, i Musei Capitolini, la Galleria Borghese, la Galleria degli Uffizi e la Galleria Palatina di Firenze, il Museo di Palazzo Ducale di Mantova, la Galleria di Palazzo Spinola di Genova, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Da non tralasciare l’attenzione per il suggestivo allestimento, curato dall’architetto Corrado Anselmi, che valorizza notevolmente la ricchezza e grandezza delle opere, alcune di dimensioni monumentali come la tela scelta quale immagine guida della mostra “La scoperta di Erittonio fanciullo”. E non solo, di grande bellezza anche la tela che racconta “la strage degli innocenti” o quella con “Seneca” visto che l’artista amava la filosofia.
La mostra lascia vedere in aggiunta anche l’iniziativa del Comune di Milano a Palazzo Marino, grazie alla quale oltre 120.000 persone hanno già avuto la possibilità di ammirare “l’Adorazione dei Pastori”, concessa in prestito dal Museo Civico di Fermo, l’ultima opera dipinta da Rubens prima di lasciare definitivamente l’Italia, preziosa ed eccellente testimonianza del suo rapporto con l’arte italiana.
Carlo Franza