Bellotto e Canaletto, due artisti del Settecento europeo fra stupore e luce. Alle Gallerie d’Italia di Milano la mostra dei due grandi veneziani che dipinsero l’Italia e l’Europa.
“Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce”. E’ questo il titolo della mostra, ma aggiungerei anche altri termini per meglio dare accensione a due pilastri dell’arte italiana. E’ il primo ambizioso progetto espositivo che Milano, alle Gallerie d’Italia, dedica al genio pittorico e all’intelligenza creativa di due artisti di spicco del Settecento europeo: Antonio Canal, detto “il Canaletto” (Venezia 1697-1768) e suo nipote Bernardo Bellotto (Venezia 1722 – Varsavia 1780).
Curata da Bozena Anna Kowalczyk, l’esposizione è organizzata da Intesa Sanpaolo in partnership con alcuni tra i più importanti musei europei che conservano le opere dei due artisti, ovvero la Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, lo Zamek Kròlewski (Castello Reale) di Varsavia nonché il Castello Sforzesco di Milano. Ma la mostra, si avvale anche della collaborazione di prestigiose istituzioni private e musei pubblici nazionali e internazionali, quali la Pinacoteca di Brera, il Museo di Capodimonte, il Museo Correr di Venezia, solo per citarne alcuni a livello nazionale, The Royal Collection, capofila tra i prestatori inglesi (da cui arrivano opere mai esposte prima in Italia) e molti istituti europei e non, quali il Museo Thyssen Bornemisza di Madrid, l’Hermitage di San Pietroburgo, The Metropolitan Museum of Art di New York, The J. Paul Getty Museum di Los Angeles, The National Gallery of Victoria di Melbourne.
“Si tratta di una mostra di profilo europeo con un obiettivo critico” ha detto Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo. E ancora: “Canaletto e Bellotto sono due artisti che provengono da un luogo comune, Venezia, ed entrambi hanno una vocazione culturale forte. Da questa mostra emerge in particolar modo che Bellotto, nato nella città lagunare nel 1722, morto a Varsavia nel 1780 e allievo del Canaletto, manifesta una marcata volontà di indipendenza rispetto al maestro e rivela un talento analogo a quello del Canaletto, se non maggiore”.
Con circa 100 opere, tra dipinti, disegni e incisioni, un terzo delle quali mai prima d’oggi esposto in Italia, il percorso espositivo intende illustrare uno dei più affascinanti episodi della pittura europea, il vedutismo veneziano, attraverso l’opera dei due artisti che, legati da vincolo di sangue (Canaletto e Bellotto erano rispettivamente zio e nipote), seppero trasformare questo peculiare genere nella corrente d’avanguardia che tanto caratterizzò il Settecento. Formatosi nella bottega dello zio Canaletto, nel 1744 Bellotto era giunto a Milano a 22 anni quando la città era già capitale dell’Illuminismo. A quel tempo i collezionisti milanesi, esponenti del mondo culturale e politico locale, si contendevano le sue opere dove era marcata la descrizione di quel che poteva essere “il certo e il vero”dei paesaggi e delle persone.
Mentre Canaletto si impose sul teatro europeo grazie ai particolari procedimenti compositivi, risultato del razionalismo di matrice illuminista e delle più moderne ricerche sull’ottica (è in mostra anche la “camera ottica” che egli mise a punto e utilizzò per le sue creazioni), Bellotto, ne comprese i segreti della tecnica per poi sviluppare secondo una personale chiave interpretativa il proprio originale contributo.
Il confronto tra le loro soluzioni pittoriche offre l’occasione per cogliere un eloquente panorama sulla colta Europa del tempo e sulla sua classe dirigente, che fece a gara per commissionare i dipinti ai due grandi veneziani: il viaggio artistico parte da Venezia per toccare Roma, Firenze, Verona, Torino, Milano e il suo territorio, con Vaprio e Gazzada – dove Bellotto mette a frutto l’insegnamento di Canaletto nelle sue vedute e paesaggi di stupefacente modernità – e prosegue quindi alla volta dell’Europa, con i ritratti di Londra, Dresda, Varsavia o Wilanòw, fino a raggiungere luoghi fantastici e immaginari, immortalati nei memorabili “capricci”. L’artista veneziano si sposta successivamente in Polonia, dove la sua fama è destinata a superare notevolmente quella del suo maestro, tanto che lì Bellotto era conosciuto come “il Canaletto”. Inoltre la recente riscoperta dell’inventario della casa di Bellotto a Dresda, distrutta dal bombardamento prussiano del 1760, ha permesso di conoscere la biblioteca gettando una nuova luce sulla personalità e l’indipendenza intellettuale dell’artista, sulle sue passioni, la letteratura, il teatro, il collezionismo; possedeva oltre 1.000 volumi tra cui testi di Muratori, di Scipione Maffei, libri sui disegni di Borromini e altri. Bellotto aveva inoltre nella sua abitazione una stamperia con torchi e strumenti per realizzare le proprie incisioni.
Mentre Canaletto si impose sulla scena europea grazie ai suoi procedimenti compositivi, Bellotto ne apprese i segreti della tecnica per sviluppare in chiave personale il proprio originale contenuto. “La mostra sottolinea la razionalità illuminista di Canaletto” ha ben detto la collega Bozena Anna Kowalczyk, curatrice dell’esposizione, “mentre Bellotto introduce una visione realista e monumentale dell’architettura e del paesaggio”. L’eccezionale documento dell’inventario di casa Bellotto a Dresda (cui viene dedicato un saggio nel catalogo) è esposto assieme a una selezione dei libri più sorprendenti che appartenevano alla sua ampia biblioteca, la più straordinaria tra quelle finora note formate da un artista. Con questa mostra alle Gallerie d’Italia, Milano svela ampiamente il suo ruolo guida nella cultura del Paese Italia, non solo, ancor più la dimensione internazionale di città aperta, capace di far giungere la sua voce e il suo pensiero a tutte le periferie d’Europa e del mondo.
Carlo Franza