120333466-e2dc51e6-1d81-4bcd-b050-33c1bc8d8402Bene -anzi male-  cambia il paesaggio italiano. Anzi lo cambiano. Mi direte,  chi?  Beninteso i politici italiani, ad iniziare dal Sindaco Sala di Milano,   che ha già fatto mille danni  con l’Expo di Milano. Cambia la grande Milano, la Milano europea. Adesso  a Milano con il beneplacito del sindaco e della relativa giunta  abbiamo le palme in Piazza del Duomo. Le palme ci sono già, poi per la gioia dei bambini vedrete che porteranno anche i cammelli. A Milano, beninteso, è già rivolta, dal basso in alto C4yOSA8XAAAARyc.jpg mosaice dall’alto in basso.  Il look esotico dell’aiuola sponsorizzata  da Starbucks, ancora prima di veder arrivare i banani e il resto della vegetazione  africaneggiante, divide fortemente la città; look firmato  dall’architetto Marco Bay  che avendo fatto il Politecnico di Milano sicuramente avrà appreso  nozioni significative sul paesaggio e sulla storia del paesaggio italiano, rurale e cittadino. Nozioni che oggi contrastano fortemente con tali scelte  che hanno non poco, ma nulla a che fare con Milano. Ma il guaio più grosso è imputabile, a mio avviso, proprio alla soprintendente Antonella Ranaldi che per questa noncuranza e non rispetto della piazza e dell’architettura  milanese  il Ministero dei Beni Culturali da cui dipende e il Ministro Franceschini dovrebbero immediatamente rimuovere. index33Chi è la Ranaldi? Antonella Ranaldi, 55 anni, architetto, romana, s’è insediata il 12 marzo 2015 alla direzione della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio, che con la recente rivoluzione del Mibact ha accorpato le Soprintendenze per i Beni Architettonici e Paesaggistici e per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici della Lombardia. La più grande Soprintendenza d’Italia.  Fosse  tutto ciò  -ovvero le palme con vista Duomo-  capitato a Mosca,  sarebbe scattata la rieducazione.  Ora sono tutti lì i cittadini milanesi e anche chi  è di passaggio in città a fare foto ricordo e a lanciare  ironie e giudizi impietosi: “Ma che cosa c’entra tutto questo con Milano?”.  Stupefatto  Marco Magnifico del Fai: “Se pensassi a un bananeto davanti al Duomo mi verrebbe lo stremissi (in dialetto, lo spavento, ndr). Si rischia di risultare un po’ retrò”. Di “scelta poco opportuna” parla  anche Marco Parini, presidente di Italia Nostra;  e di “segno del futuro in un luogo eclettico” l’architetto Italo Rota.  E’ ora che il Ministro dei Beni Culturali, Franceschini,  tutto preso in questi giorni dalla scissione del PD, si affretti a rimuovere  la  Soprintendente che ha dato l’ok a tale sconcezza  che naturalmente snatura Milano e l’architettura e il paesaggio milanese.

Ma occorre sapere anche che chi  ha sponsorizzato questo look, ovvero  Starbucks,  ha mille interessi  e  ha idea   che a Milano, nel 2018, aprirà nello storico e splendido Palazzo delle Poste di piazza Cordusio un punto vendita, e  da lì in poi – nell’arco di pochi giorni – dovrà poi  inaugurare altri 4-5 punti vendita tra Milano e la Capitale, e l’obiettivo finale è di aprire nel prossimo lustro circa due o trecento caffè nella Penisola. Ecco il parallelismo  caffè-africa , ma sacrificare il paesaggio e la cultura italiana, per adesso milanese,  a questo mercato da  quattro soldi è cosa a dir poco  sconcia. Direi poi che di questo caffè para-americano(nemmeno troppo low cost) e degli arredi cheap di Starbucks ne avremmo fatto volentieri a meno. Ma che volete questi sono anche gli ultimi latrati dell’odiato   “globalismo” che ha ucciso le nazioni, i popoli e la cultura che essi si trascinano da millenni .

Carlo Franza
   

 

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