Riaperto Palazzo Cerasi a Roma. Oggi sede di una delle collezioni di arte italiana della prima metà del ‘900 tra le più famose nel mondo.
Riaperto, finalmente, Palazzo Cerasi, dov’era collocato l’ex Ufficio d’Igiene di Via Merulana a Roma, dopo una chiusura durata 20 anni. Riaperto dopo una trasformazione con un investimento di 5 milioni di euro per 1200 metri quadrati. Saloni imbiancati, stucchi, pavimenti di marmo pregiato, gallerie di colonne rosate. Il restauro del palazzo ha portato all’inaugurazione della sede di una delle collezioni di arte italiana della prima metà del’ ‘900 tra le più famose nel mondo, quella del costruttore Claudio Cerasi e della moglie Elena. I lavori, una vera e propria ricostruzione filologica dopo i crolli intervenuti nel corso dei decenni, hanno riportato in vita un edificio molto particolare, nato nel 1929, un’architettura di pregio, in uno stile quasi umbertino molto tipico del quartiere. Il progetto, affidato all’architetto Carlo Lococo si è sviluppato in due corpi. Uno, più piccolo (circa 1000 mq), destinato ad uffici con la proprietà che sta cercando un partner di qualità e ad alto tasso creativo da inserire in un contesto che vuole proporsi come hub culturale; un altro, invece, più grande, monumentale e maestoso con circa 2mila mq si sviluppa in un arioso loggiato destinato a galleria di sculture, un piccolo cortile interno, un piano nobile altrettanto maestoso con spazi per la pittura e sale anche destinate a mostre temporanee, un corridoio espositivo al terzo piano e in cima, al quarto, un ristorante di grandi dimensioni con il suo grande terrazzo in vetta. E’ in questo secondo edificio che si è innervata la sede della Fondazione Elena e Claudio Cerasi. C’è da dire che i due mecenati, ancora oggi in attività, di una famiglia di costruttori che ha realizzato architetture esemplari degli ultimi anni come il Maxxi di Zaha Hadid, il Teatro dell’Opera di Firenze di ABDR e l’Agenzia Spaziale Italiana dei 5+1AA giusto per citarne alcuni, hanno deciso di donare alla città, allestendola in uno spazio aperto al pubblico, la loro collezione di grandi lavori della Scuola Romana e del Novecento, con magari qualche spazio dedicato a mostre temporanee di arte contemporanea. Al piano nobile nelle sale del palazzo ospitati capolavori come il “Ballo sul fiume” di Giuseppe Capogrossi, il “Ritratto di Primo Carnera” di Balla, comprato, rivela Cerasi, “proprio come omaggio al campione”, la “Pettinatrice” di Antonietta Raphael e il gioiello dei “Piccoli saltimbanchi” di Antonio Donghi, il primo acquisto della collezione.
E ancora: i Cambellotti, i Dottori, i Casorati (“Lo studio” del 1934), i Campigli, i Funi, i Depero, i Pirandello, gli Scipione, i De Chirico, in particolare l’affascinante “Bagni misteriosi” del 1934, insomma tutti i maestri di quel periodo d’oro. E i Cerasi non si sono fermati. Oltre ai capolavori di Mafai, Scipione e Antonietta Raphael, quelli della Scuola di via Cavour della fine degli anni Venti, ancora Riccardo Francalancia, Marino Mazzacurati, Alberto Ziveri, Pericle Fazzini, Leoncillo. Poi “Le amiche” di Campigli, o il De Chirico che dipinge New York, città con un’”aura metafisica”.
Carlo Franza