Le stanze private di Giacomo Leopardi, ai piedi del Colle dell’infinito, dove il poeta contemplava le vaghe stelle dell’Orsa, aprono  al pubblico dopo 190 anni.  La data è fissata al 21 marzo 2021, giorno d’inizio della primavera.  Fissata a marzo, ma rinviata proprio a causa della pandemia, l’inaugurazione del percorso “Ove abitai fanciullo” è un’idea del conte Vanni Leopardi, morto lo scorso anno, e della figlia Contessa Olimpia Leopardi, discendente diretta del poeta di cui custodisce da sempre le memorie nell’antico palazzo di famiglia, La dimora storica della famiglia Leopardi è stata restaurata, consentendo di riportare all’antico splendore le decorazioni parietali grossolanamente ridipinte nel 1937, anno di nascita del Centro Studi Leopardiani. Oltre alle stanze private del poeta, mai aperte al pubblico e, dal 1830, custodite nel ricordo del poeta ed escluse dall’utilizzo domestico, si possono ammirare lo scalone d’ingresso settecentesco e il salone azzurro con i dipinti degli antenati, oltre ai giardini di ponente e di levante, e il salottino dei fratelli Leopardi. affacciato sulla Piazzola del Sabato del Villaggio, a Recanati.

Ripercorrendo quelle stanze, che come Giacomo scrisse “non sono altro che una rimembranza della fanciullezza”, si possono ammirare anche la collezione di libri di Giacomo, gli oggetti d’arte le medaglie e le monete del padre Monaldo, l’arazzo rosso con lo stemma dei Conti Leopardi di San Leopardo e ancora le casse di legno rivestite in cuoio con le iniziali degli sposi, che contenevano il corredo della madre Adelaide. Un tuffo, da batticuore,  nel passato in luoghi che sembrano coincidere col linguaggio dell’anima. La Contessa Donna Olimpia Leopardi  è l’attuale Custode morale e la Proprietaria dell’immenso patrimonio di Casa Leopardi. La sua straordinaria sensibilità artistica, ma soprattutto umana, non fanno altro che ricordarci la forte somiglianza con l’indimenticabile scrittore italiano. La raffinatezza, la cultura, l’educazione e la genialità del suo emerito antenato. Lo straordinario impegno e la perfetta conservazione di tutti gli ambienti di Casa Leopardi traspare nella storica struttura. Con grande emozione  subito ci si trova davanti  lo scalone d’onore della Residenza e si entra  nella sala contenente l’immensa libreria/biblioteca. Qui sono custoditi oltre ventimila volumi, dodicimila di questi raccolti dal padre  di Giacomo il Conte Monaldo, figura illuminata, lungimirante e cardine della formazione del giovane poeta, il quale creò l’immensa biblioteca di scritti filosofici, politici, religiosi che fu a disposizione dello studio dei suoi figli e di tutti i cittadini recanatesi. Monaldo ebbe anche il merito di debellare il vaiolo offrendo gratuitamente alla popolazione di Recanati il vaccino (Che esempio per i nostri tempi!). La biblioteca contiene anche i libri proibiti, volumi il cui possesso, consentito solo attraverso una speciale concessione da parte del Pontefice. “Monaldo chiede il permesso di averli per sé e per la figlia Paolina, a cui dà la stessa educazione dei figli maschi – spiega Olimpia Leopardi – Proprio Paolina diviene la prima giornalista italiana, traducendo gli articoli dal francese all’italiano. Tra Monaldo e Giacomo c’è un conflitto generazionale forte, tipico tra padre e figlio. Uno è un genio, l’altro no, si confrontano su territori culturali diversi. Monaldo ha un erede con un’intelligenza modernissima, superiore alla propria, che si scontra con l’epoca. “Lei è il padre del grande Giacomo?” gli viene chiesto spesso. Procedendo nel percorso si intravede lo scrittoio di Giacomo.  “Lo studio matto e disperatissimo” del giovane filologo avveniva su un tavolo piccolissimo di Casa Leopardi. Qui lo studioso divorava senza sosta volumi di lettere, filosofia, storia. Si stima che in sette anni di studio folle, dai 14 ai 21 anni, Giacomo abbia letto oltre 8.500 volumi. Una media di tre libri e mezzo al giorno di almeno 1000 pagine ciascuno. “Da piccola quando entravo nella Biblioteca mi facevo di corsa tutti i saloni e riscendevo veloce per le scale. Volevo dimostrare a me stessa che potevo farcela. Giacomo era pur sempre un ragazzo e quindi immagino che, sebbene fosse un enfant prodige, dopo aver letto l’epica classica, sfidasse a spada i suoi fratelli e che andasse a giocare nel Giardino che gli ispirò i versi della poesia “Le Ricordanze” (1829). Sicuramente Giacomo ai suoi maestri disse di fare un ripasso di greco antico. Ben presto lui superò i suoi educatori che andarono da Monaldo dicendogli che non avevano altro da insegnare al figlio”, afferma con orgoglio Olimpia Leopardi. “Mio padre Vanni mi è stato vicino nella cura del Museo fino allo scorso novembre, quando purtroppo è venuto a mancare. È a lui che devo l’amore e il senso di responsabilità che un Palazzo del genere richiede”; dopo qualche istante, con fermezza, continua: “Nel 1995 ho iniziato a prendermi cura di Casa Leopardi, prima ho viaggiato molto soprattutto all’estero. Ho restaurato le cantine, creato il Museo, ristrutturato la Casa di Silvia, sistemato il telaio, realizzato il bar per i visitatori, tutto solo con le nostre forze. In trentacinque anni abbiamo fatto tanto. Mio padre è stato per me un grande sostegno. E proprio a Lindos, Rodi, dove andavo ogni estate con lui, conobbi i Pink Floyd. Vanni era più amico di Richard, io di Dave. Vennero a farci visita a Recanati. Ricordo i nostri piacevoli pomeriggi nel Salone Azzurro e nella Galleria. Qui ho ricevuto anche ben quattro Presidenti di Stato: Cossiga, Scalfaro, Napolitano e Mattarella, quest’ultimo lo scorso anno. Napolitano e Mattarella, in particolare, sono profondi conoscitori del pensiero leopardiano.” Così ebbe  a dire la Contessa Leopardi in una intervista.

Ora il Salone Azzurro, l’ingresso al piano nobile, è finalmente fruibile a tutti i visitatori. Alle pareti possiamo scorgere i dipinti dei membri della Famiglia Leopardi, tra cui il “Ritratto del conte Giacomo Leopardi” e il “Ritratto della Contessa Rosita Carotti“, bisnonna degli attuali discendenti di Casa Leopardi. Troviamo anche l’albero genealogico realizzato da Monaldo, l’arazzo rosso con lo stemma dei Conti Leopardi di San Leopardo, costituito dal leone rampante con corona comitale e dalla croce di Malta. Nella Galleria la Famiglia ha intrattenuto persino il Principe Carlo d’Inghilterra, ma anche i poeti Carducci, Pound, Ungaretti, Luzi, e personalità della cultura e dello spettacolo come Carmelo Bene e Vittorio Gassman. Nella magnifica Galleria si trovano due grandi casse di legno che contenevano il corredo nuziale della Marchesa Antici, madre di Giacomo. Compaiono anche una serie di quattro tele raffiguranti animali al pascolo attribuite al noto pittore tedesco Philipp Peter Roos, detto Rosa da Tivoli. Ed è proprio in questa parte della Residenza che, per spezzare la noia della quotidianità, il Conte Monaldo organizzava piccole recite teatrali sulla base di commedie scritte da lui o da Giacomo stesso.

Continuando nell’inedito percorso “Ove abitai fanciullo” raggiungiamo finalmente le stanze private del poeta: “Le Brecce”, un’infilata di tre camere da letto. C’è il salottino in cui i fratelli Leopardi trascorrevano il tempo libero, la camera di Carlo, fratello di Giacomo, e in fondo, più ampia, la stanza del fratello maggiore Giacomo. Dice la Contessa Olimpia Leopardi: “Abbiamo terminato a maggio i lavori più importanti della struttura. Quando sono state rimosse le impalcature ho potuto ammirare gli affreschi originari. I soffitti hanno un’altezza di 5 metri, le stanze sono ampie circa 50 mq. Immagino il freddo che abbia potuto soffrire Giacomo, ciò sicuramente non avrà giovato alla sua salute così precaria. In queste stanze Leopardi compose i versi per Gertrude, il suo primo amore. Con Fanny Targioni Tozzetti e Maria Belardinelli, Giacomo ha i contatti per la prima volta con il sesso femminile. Queste donne stimolano fortemente l’immaginazione di Giacomo, non solo la celebre Silvia“.

Ma oltre l’amore anche l’amicizia è stata  importante per il giovane Poeta. Giacomo intrattiene dei rapporti di profonda fiducia e stima con Antonio Ranieri. “Ranieri, anche lui scrittore, capisce subito la luce che emana Giacomo e quest’ultimo vede in Ranieri ciò che non potrà mai essere: un tombeurs de femmes, un Don Giovanni, un viveur. Giacomo vive l’amicizia come una sorta di amore, o meglio come il sentimento che lui può permettersi maggiormente, a cui dà un tono enfatico, passionale. Noi Leopardi siamo fatti di fuoco” ha  affermato in un’intervista  Donna Olimpia che continua: “Anche Pietro Giordani è una figura cardine per Giacomo Leopardi, da cui trae un grande coraggio. Monaldo si ingelosisce di questa nuova amicizia, incolpando Giordani dei cambiamenti di vita del figlio. Raniero incoraggia Giacomo a dedicarsi alla prosa, anzichè alla poesia. Leopardi prende coraggio e scrive così “L’Infinito”. Casa Leopardi è stata nel 2014 persino il set de “Il Giovane Favoloso” , il film diretto da Mario Martone che vede il talentuoso Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi. La pellicola fa vincere a Germano il David di Donatello nel 2015 come miglior attore protagonista, a Martone il Nastro D’Argento, il Globo d’Oro e il Ciak d’Oro come miglior film dell’anno, oltre che a Giancarlo Muselli il David di Donatello come migliore scenografia;  la Contessa Olimpia  Leopardi  ebbe a ricordare  un aneddoto riguardo l’opera: “Carlo Degli Esposti, produttore della pellicola e mio caro amico, a fine lavori mi disse: “Giacomo era la brace sotto la cenere, è bastato solamente soffiarci sopra”.

 Carlo Franza

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