E’ bello e ugualmente triste poter raccontare la storia, la  vita di qualcuno che si è conosciuto e avuto come amico. Immaginate poi se questo studioso, se questo amico,  nella sua vita  ha posseduto, collezionato, amato oggetti, cose che raccontano  qualcosa del suo percorso,  e anche cose  che trasmettano gli affetti  che hanno segnato eventi, incontri, coincidenze e incidenze, di quel che è stata la sua vita   personale e professionale.

Oggi mi è caro parlare di  Bruno Mantura, studioso d’arte, critico e funzionario della Galleria d’arte Moderna di Roma (dal 1970 al 1997), che ho  avuto la fortuna di poter conoscere e vivere come grande amico, la cui  storia è stata quella  di essere stato un critico e un collezionista. Ora  una parte della sua raccolta di pitture, sculture e opere grafiche, sarà infatti protagonista di un’asta che si terrà il 23 marzo 2021 a Roma. Le opere in asta da Finarte provengono dall’abitazione romana di Bruno Mantura a Campo de’ Fiori: per anni invasa da tutte le sue opere d’arte, dipinti, grafiche, sculture ma anche libri, tanti libri, così tanti che occupavano, in realtà, ogni spazio della sua vita. Bruno Mantura è scomparso nel 2019, devo confessare ai miei lettori che mi manca, eccome,  l’amico  e collega, intellettuale. Una casa che porta in sé la memoria dell’arte, del bello e dell’insaziabile curiosità di una delle personalità più rappresentative del mondo della cultura italiana del Novecento. La sua  casa  nel cuore di Roma  portava  in sé la memoria dell’arte, del bello e dell’insaziabile curiosità di una delle personalità più rappresentative del mondo della cultura italiana del Novecento.

Roma è stata la sua città,  vi era arrivato  da Gerusalemme, dov’era nato nel 1936, e poco dopo la laurea approdò alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. A quel tempo aveva iniziato a interessarsi ai grandi maestri del Novecento con particolare attenzione al dopoguerra, promuovendo una serie di rassegne monografiche dedicate a Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri, Fausto Pirandello, Afro, Leoncillo e Fausto Melotti. 

All’attività di funzionario aveva, nel contempo, affiancato la promozione del lavoro degli artisti italiani sia nel nostro territorio, attraverso esposizioni presso spazi pubblici e privati (Carlo Lorenzetti, Luca Patella, Giulio Paolini, Sandro Chia, per fare alcuni esempi), sia all’estero, ricoprendo il prestigioso ruolo di commissario per la partecipazione degli artisti italiani alla Biennale di San Paolo (del 1975 al 1983), alla Triennale d’arte di Delhi (1978), alla Biennale di Alessandria d’Egitto (1978, 1982, 1984) e alla Biennale di Parigi (1980).  

Negli anni Ottanta, esplorando i depositi della Galleria Nazionale, Bruno Mantura iniziò ad interessarsi all’arte italiana di fine Ottocento e inizio Novecento, sulla quale in quel periodo pesavano ancora forti pregiudizi. Invece, proprio da quelle opere, prese forma la sua collezione: i prezzi erano buoni, era un gusto nuovo e non c’era ancora un vero e proprio mercato che quegli artisti che secondo lui erano stati troppo a lungo dimenticati, offuscati dai grandi movimenti innovatori dell’inizio del secolo. Allo stesso tempo, Mantura non smise mai di appassionarsi all’arte contemporanea, tanto che  tra il 1984 e il 1996 dedicò, nelle vesti di curatore, alcune fondamentali rassegne nell’ambito del Festival dei Due Mondi di Spoleto. “Quello che lo portava a collezionare non erano né i valori assoluti della storia dell’arte, né gli interessi di mercato, ma dei veri e propri colpi di fulmine. Era il piacere per la bellezza in sé per sé” , così si espresse  la storica dell’arte Sabrina Spinazzè.

Negli anni, Bruno Mantura ha raccolto  molti disegni e  opere di grafica, per la quale aveva un trasporto irresistibile,  per questi fogli v’erano dei veri e propri  “colpi di fulmine”. Collezionava opere di artisti anonimi, per poi riuscire, con studio e arguzia, a ricondurli a un ambito o a un’attribuzione convincente. Ugual trasporto l’aveva per la scultura, passione nata fin dagli anni dell’università, ebbe un ruolo chiave nella sua raccolta,  nomi della metà del ‘900 come Aurelio Mistruzzi, Publio Morbiducci,  cui rapportava anche  i maestri dell’Ottocento e del primo Novecento come Filippo ed Ettore Ferrari, Francesco Jerace, Ercole Rosa, Enrico Quattrini, Emilio Musso, Leonardo Bistolfi.

Nella collezione preziose illustrazioni da Dante e Petrarca, i temi letterari in bilico tra pittura di storia, i ritratti di uomini illustri e affascinanti sconosciuti; la pittura religiosa, documentata da un notevole nucleo di studi e bozzetti, che coprono un periodo piuttosto lungo, compreso tra purismo(Francesco Coghetti, Nicola Consoni, Domenico Tojetti), tendenze realistiche ( Cesare Fracassini, Giuseppe Sciurti) e simbolismo ( Frederick Goodall, Mario Barberis),  gli studi e modelli per monumenti e decorazioni di edifici pubblici e ancora il paesaggio in tutte le sue declinazioni, dagli schizzi di viaggio, esempio tra tutti “Palme” di Johann Jakob Frey, realizzato durante un  viaggio in Egitto nel 1842 e fortunosamente scampato a un attacco di predoni, fino al realismo napoletano di Michele Cammarano  e alle  visioni simboliste di Umberto Principe.

Carlo Franza  

 

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