Ricordo gli anni in cui nelle stanze de Il Giornale  vivevamo la bella e chiara figura di Indro Montanelli, direttore illuminato,  e  ricordo anche che una volta mi disse: “ Carlo, un bravo giornalista è soprattutto un bravo cronista, e in un quotidiano quando funziona la “cronaca” il giornale va a gonfie vele”. Sante parole, poi nel tempo,  purtroppo, dimenticate  da molti.   Ora che Serenella Bettin collega de Il Giornale mi ha fatto avere il suo libro “Aspettando che arrivi sera” ( Male Edizioni, pp. 243,  2021)  per una recensione che sono ben felice di stendere, quelle parole del direttore Montanelli  mi sono tornate a memoria.  Mi ha catturato il sottotitolo che ha motivato il suo libro inchiesta, e cioè “L’immigrazione come nessuno ve l’ha mai raccontata”. Non è poco.   Il suo, oggi,  è un libro di cronaca, un bellissimo lavoro giornalistico, un lavoro sul campo come pochi avrebbero saputo  compiere, un trovarsi al fronte ad appuntare  i fatti del giorno, un entrare nelle pieghe della storia quotidiana; queste pagine  mi hanno  posto dinanzi a un vasto panorama italiano passato in rassegna, al clima che ha mosso, muove e avvolge la politica del nostro tempo, alle storie incredibili annotate; un libro inchiesta,  talmente forte e crudo che  confronto ad altri testi basilari  e racconti memorabili avuti in Italia come “l’Inchiesta Jacini” del 1877 e “Contadini del Sud” di Rocco Scotellaro del 1954.  Un affondo storico ci fu allora in quei testi, e un affondo storico abbiamo oggi in questo libro di Serenella Bettin; libro scritto con un linguaggio che incontra benevolmente il lettore, ogni lettore, al di là delle sue concezioni politiche, per via che racconta con tono piano, serrato, accalorato, vero, tagliente, luoghi e persone, immigrati e operatori, i centri di accoglienza e lo sfruttamento, quel fenomeno migratorio  bomba tutta italiana, fenomeno che incendia da qualche anno la vita degli italiani. Un vero e proprio trattato di sociologia urbana. Il racconto della giornalista parte  dall’analisi del fenomeno migratorio  negli hot spot, nell’invasione delle città e dei ghetti formatisi nelle periferie italiane, nel trascorso  di questi richiedenti asilo  sia  nelle ex caserme  nelle campagne  del nordest  che  su Milano. “Vuole essere un modo alternativo di raccontare l’immigrazione” racconta Serenella Bettin. Appare chiaramente come tutta questa “invasione” sia frutto di una politica globalista  a dir poco demenziale,  e ciò non è proprio una buona accoglienza secondo i  dettami evangelici,  è  una finta accoglienza, poco umana, anzi molto disumana  anche per chi  è scappato dalla guerra intraprendendo  la via del rifugiato e del  disperato. Nel romanzo inchiesta ci sono pagine che a leggerle raccontano l’inverosimile: “Oggi siamo ad Agna. Agna è un comune di 3.302 abitanti della provincia di Padova  che dall’autunno  dell’anno scorso vive assediato. Circondato e accerchiato  da oltre duemila profughi, nel diametro  di soli sei  chilometri. E’ qui che i profughi si annidano. Si incuneano. Si infilano. Lo chiamano il distretto  del profugo, perché agli estremi ad accerchiarlo  c’è  l’ex base  militare di  Conetta che con le sue 197 anime, ospita quasi 1500 richiedenti asilo. E poi c’è il campo  di San Siro di Bagnoli di Sopra che di migranti ne ha 870, con 415 abitanti. Cioè il doppio. Questi sono i due centri di accoglienza più grandi di tutto il Veneto. Agna sta in mezzo assediato, senza via d’uscita. Solo d’entrata  per i richiedenti asilo.” E mi fermo qui perché le pagine a seguire non sono da meno. Altro che accoglienza e ius soli. Volti, corpi,  figure che vanno avanti e indietro, a piedi e in bici, urlano, schiamazzano, vestiti, svestiti, nudi,  di sera, di giorno e di notte. Vivono se vivono.  È una cronaca-diario questo di Serenella Bettin con le varie inchieste finite sopra il tavolo della magistratura e con le visite fatte nei centri di accoglienza, prevalentemente veneti. Ma anche l’hub di Milano non è da meno. Una regione, il Veneto, che ha conosciuto la bomba dei migranti in tutti i suoi aspetti: dal sovraffollamento dei centri, alle rivolte, dalle proteste, alle marce, fino agli scandali che hanno coinvolto le cooperative. Truffe, maltrattamenti, falsi in atto pubblico, associazione per delinquere nella frode di pubbliche forniture; il diario- cronaca ha inizio  nel 2016, da quando l’immigrazione in Veneto diventò vera e propria emergenza, fino alla chiusura dei più grandi centri: San Siro di Bagnoli di Sopra, in provincia di Padova; ma soprattutto Conetta, nel veneziano, la cui ex base militare per la gioia dei cittadini è stata chiusa il 20 dicembre 2018. Tra il 2016 e il 2018 “ho fatto Conetta, Bagnoli, sono andata a Padova, nell’ex Prandina, a Treviso all’ex caserma Serena, a Oderzo, negli hotel dismessi. Tra Conetta e Bagnoli ci sono stati periodi in cui c’erano oltre 2400 migranti e Conetta è una frazione che ha 196 abitanti: per una frazione di appena 200 anime, se arrivano oltre mille profughi, crei un malessere. Ho parlato con le persone del posto, ho raccolto le loro storie, molti avevano paura. A Bagnoli ci sono stati anche due tentativi di stupro. Ma sono anche andata nell’hub di Milano, per scoprire come in Italia quando ottieni il permesso di soggiorno, il tuo posto nel mondo è sotto un cavalcavia di una tangenziale”.

A questo punto il racconto della Bettin che si è fatto serrato e fin troppo vero, d’un realismo a dir poco verghiano,  è diventato  anche storia, storia contemporanea, documento di prim’ordine  da inserire nella Biblioteca del Ministero Affari Esteri. Pagine di grande  e spiccata comunicazione, di partecipata presenza, di umori, drammi, attualità, temporalità, vissuto,  capitoli dove l’integrazione è parola impropria, lontana, è parola emigrata. L’accoglienza diffusa raccontata da Serenella Bettin ci ha consegnato l’inferno italiano.

Serenella Bettin, 36 anni, giornalista. Nata nelle Marche, trapiantata in Veneto. Inizia la sua attività giornalistica nel 2013 lavorando al Gazzettino. Dopo quattro anni passa a La Nuova Venezia ma dopo sette mesi viene “licenziata” perché le sue idee non sono in linea con l’editore. Ora collabora con il Giornale, il Giornale.it e con il settimanale Oggi. Corrispondente del Nordest, scrive di attualità e cronaca. Ha scritto su Panorama e il Foglio. Dal 2016 si occupa di immigrazione. Ha seguito le inchieste sui foreign fighters partiti da Belluno per andare a combattere in Siria, sfociate poi in un libro con l’inviato di guerra Fausto Biloslavo e Pier Luigi Bianchi Cagliesi: “Bosnia Erzegovina – Porta dell’islam verso l’Europa. É stata in Kosovo, lungo la rotta Balcanica in Slovenia e recentemente in Bosnia e Serbia. Nel 2019 ha pubblicato il libro – diario sull’immigrazione “Aspettando che arrivi sera – l’immigrazione come nessuno ve l’ha mai raccontata”.  Ora ha ultimato il libro sul Coronavirus.

Carlo Franza

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