Federica Galli e il Green Grand Tour in una eccelsa mostra a Palazzo Morando a Milano. Cento acqueforti raccontano paesaggi, cascine e alberi monumentali.
Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Federica Galli l’acquafortista cremonese che ci ha lasciato fogli preziosi, preziosissimi, dove il paesaggio d’Italia e di Lombardia è raccontato con immagini indimenticabili, avendo campionato poi gli alberi che sono stati il suo tratto distintivo; ebbene questi fogli -acqueforti stampate per lo più nella stamperia di Giuliano Grittini a Corbetta- oggi in mostra riescono ancora a stupire e a mostrare la freschezza e la poesia del suo sguardo sulle terre d’acqua lombarde. La mostra di Federica Galli in corso a Palazzo Morando a Milano rientra nel palinsesto “I talenti delle donne” voluto dall’Assessorato alla cultura milanese per il 2020 e in seguito esteso al primo semestre 2021. Professionista di chiara fama, donna riservata ma non timida, Federica Galli è stata una personalità artistica di respiro internazionale, nonostante il suo lavoro si sia focalizzato sul paesaggio italiano e le città rappresentate siano state esclusivamente Milano e Venezia. Lungimirante – visto che oggi si parla di ambiente- nelle scelte iconografiche, Federica Galli, classe 1932, ha iniziato a rappresentare alberi e natura ben prima che divenissero temi d’attualità. Nei suoi fogli, tratteggiate le campagne lombarde e dunque la Padana, e gli alberi. Più di cinquant’anni di attività, all’inizio solo pittrice dopo aver frequentato l’Accademia di Brera ed aver avuto come compagni di strada tutti i maggiori artisti degli anni Cinquanta, poi nel 1963 l’abbandono della pittura per dare inizio, anche se la sua prima acquaforte data 1954, a quella brillante carriera nel campo della grafica d’autore. La tecnica dell’acquaforte è veramente eccelsa, direi quasi aristocratica, resa con il solo uso del bianco-nero, con una ragnatela di segni e macchie che mettono a nudo paesaggi di campagna, vedute di città e alberi su fogli pregiati. Dino Buzzati la salutò nel 1969 come una delle personalità più vive e originali affermatesi nella grafica. Non è stato il solo. Il poeta Raffaele Carrieri la indicava come “la pittrice che parla con gli alberi”. Lusinghieri successi in campo internazionale, testimonianze di critica forte come quella di Giovanni Testori, per gli oltre cinquant’anni di raffinato e poetico magistero artistico, avendo da sempre scavato nel mondo bucolico, nella campagna lombarda e tra le sue cascine, alla ricerca di precisi angoli e finestre, di fondali, di orizzonti tagliati da filari di alberi, tutto riportato sulla lastra di zinco con una mano decisa, con una padronanza tecnica, una pazienza certosina. Non meno singolari i suoi alberi monumentali catturati su e giù per l’Italia, colossi centenari divenuti documento insieme estetico e geografico. Alberi grandiosi sopravvissuti e sparsi sul nostro territorio come santuari da venerare, e da leggere visivamente come mappa del verde italiano, prezioso più dell’oro.
Una donna borghese, colta, franca, acuta, curiosissima, mai intimorita dalle abilità altrui, di cui anzi si nutre per arricchire il proprio bagaglio artistico e culturale, Federica Galli s’infatua del segno di Rembrandt dopo averne visitato una mostra ad Amsterdam, giovanissima. È il momento in cui intuisce che all’incisione deve dedicare i suoi sforzi e s’impegna in piccole, ma significative, acqueforti di tema milanese, città d’adozione che ama incondizionatamente. Nei primi anni ’60 decide di abbandonare definitivamente la pittura per dedicarsi in esclusiva al segno inciso, impegno che non tradirà mai. Lavora fino all’ultimo lasciandoci quasi novecento incisioni che abbracciano temi diversi: alberi -è stata chiamata la Signora degli Alberi-, paesaggi padani, alpini, marittimi, ma anche architetture rurali e urbane, sempre attenta al nuovo senza trascurare la storia vera e le tradizioni del nostro paese. Un equilibrio che segna tutta la sua carriera e le sue scelte. I soggetti sono sempre reali e classici, interpretati con linguaggio figurativo, ma sviluppati con uno stile inedito e personale, inequivocabile e irripetibile.
Ecco come si presenta il Percorso della Mostra
–Introduzione a Federica Galli
–Cascine lombarde
–Natura, Pianura Padana
–Alberi
–Vecchia Milano
–Milano rinata
–Vedute di Venezia
La mostra mette a fuoco non solo la vita, ma i temi principali affrontati da Federica Galli. Apre il viaggio l’introduzione alla figura della donna prima ancora che all’artista. Giovanissima sfida la famiglia e, consapevole del suo talento si trasferisce dalla provincia di Cremona a Milano, dove frequenta prima il liceo artistico e poi l’Accademia di Brera. Caparbia e determinata, ospitale e collaborativa con le numerose personalità della cultura incrociate nella lunga carriera, è altrettanto presente nelle attività intraprese negli anni nel club delle Soroptimist, di cui è socia fondatrice.
Nella prima sala sono esposti libri, lettere, documenti, oggetti, premi –tra i tantissimi che ha ricevuto– e alcuni dei molti documenti che testimoniano le relazioni di altissimo respiro internazionale stabilite negli anni. Un percorso intenso che racconta di come poeti, scrittori, saggisti, giornalisti frequentavano assiduamente la casa di Federica Galli e del marito, Giovanni Raimondi, caporedattore del Corriere della Sera. Ci sono, inoltre, alcuni dipinti e sculture di maestri celebri della sua epoca, ora parte integrante della collezione della Fondazione che tutela il suo archivio. Fra questi, di grande emozione sia un ritratto dell’artista a misura naturale scolpito nel legno da Ernesto Ornati e uno dipinto da Giancarlo Vitali, oltre a opere di incisori, pittori e scultori come Luciano Zanoni, con cui intreccia l’intera vita professionale sotto l’egida del comune critico di riferimento che è stato Giovanni Testori.
Ho avuto una vita meravigliosa. Così inizia l’ introduzione a Federica Galli. Il testo è stato commissionato a Cristina Muccioli dal Soroptimist International Club alla Scala di cui la Galli è stata socia fondatrice nel 1984 e al quale ha partecipato attivamente fino al 2009, anno della scomparsa. La studiosa analizza e approfondisce le qualità che hanno permesso a Federica Galli di emergere, pur applicandosi in una tecnica e in uno stile controcorrente per il tempo: un’occasione per indagare e riflettere sulle facoltà e i talenti che permettono alle donne di avere fortuna in ambiti apparentemente ostili.
Cascine lombarde. Il tema d’apertura della mostra è rappresentato dalle cascine, fra i soggetti più cari e longevi nell’attività di FedericaGalli. Il testo introduttivo è a cura dell’architetto genovese Stefano Fera, che propone delle riflessioni storico-culturali attualissime sul ruolo architettonico delle case rurali, sulla loro genesi e sulle funzioni a cui sono chiamate oggi. Numerose sono le acqueforti esposte che provengono dalla collezione del Castello Sforzesco di Milano, che possiede la quasi totalità dei soggetti incisi dell’autrice lombarda. In esposizione al Morando è presente una selezione delle numerose cascine disseminate sul territorio padano. Federica Galli nasce a Soresina, in provincia di Cremona, e le prime cascine che rappresenta sono proprio quelle della sua infanzia, per poi allargare il cerchio e ricordare stagioni, architetture, paesaggi e funzioni identitarie dell’intera campagna padana. Luoghi che sotto il suo bulino assumono toni poetici e romantici, pur senza snaturare la realtà.
Lo studio dell’incisore. Si prosegue con l’introduzione della tecnica prioritaria di Federica Galli: l’acquaforte, così poco conosciuta e in realtà molto presente nell’intera storia dell’arte moderna. L’attività vede in prima linea gli esperti stampatori e storici dell’arte che da anni s’impegnano, sotto l’egida della Fondazione Federica Galli, a diffondere l’alchemica e affascinante tecnica calcografica. Nelle visite guidate e nei workshop si potrà rivivere la magia della creazione dell’opera sotto forma di multiplo, scoprendone le innumerevoli finalità culturali. Introduce la sezione un testo di Lorenza Salamon, presidente della fondazione testamentaria voluta da Federica Galli.
Natura, Pianura Padana. E con gli odori della carta e dell’inchiostro ancora impressi il visitatore viene introdotto nell’area più significativa della mostra, quella che chiamiamo “Natura”, accompagnata da un testo di Andrea Dusio, giornalista e saggista che ha sempre guardato la natura con curiosità, passione e profondità, cercando di svelarne gli arcani e l’attualità. Ventun paesaggi fra cui alcuni del sottobosco di Pisani Dossi: il bosco alle porte di Milano, ad Albairate, l’ultimo residuo dell’originaria foresta planiziale lombarda. Sono rappresentate le lanche gelate e primaverili, i fili d’erba, le rogge, gli intrecci di arbusti. Quasi a sentire l’odore di rugiada, di foglie secche, di resina, di acqua stantia, appunto di natura. Si tratta della sezione più viva della mostra.
La Signora degli Alberi. Tema forte e significante, mitologia del nostro tempo, quello degli alberi ( vedi il mio “I colossi vegetali di Federica Galli in Libero, marzo 2006), un ciclo che la Galli inizia nel lontano 1982 e che da quel momento scandisce la sua intera attività, alla costante ricerca di piante significative non solo per motivi botanici, ma anche letterari, storici, estetici, leggendari. Il filo rosso tracciato dall’artista delinea un Green Grand Tour contemporaneo in Italia, con l’illustrazione di alberi presenti nelle regioni, dal Friuli alla Sicilia. Un ciclo di settanta opere, realizzate in trent’anni di lavoro, che consacrano Federica Galli definitivamente come la “Signora degli Alberi”. Introduce la sezione Tiziano Fratus, poeta, saggista e giornalista che da anni perfeziona il concetto di Homo Radix, attivo su una riconciliazione fra umano e natura.
Milano. A Stefano Zuffi, storico dell’arte milanese, è stato commissionato il delicato compito di illustrarci l’amore della Galli per la sua città d’adozione: Milano, il capoluogo lombardo a cui spesso si guarda per cogliere l’evoluzione della nazione. La Galli arriva a Milano nel 1954 e trova la città ancora lacerata dai bombardamenti: le case di ringhiera lamentano il disagio di chi le abita, i monumenti sono spesso diroccati. La Galli osserva, studia, incide e restituisce ferite e dolore, ma anche la voglia di rinascita dei milanesi, e così ci catapulta nelle grandi imprese architettoniche della ripresa della città: gli scavi della prima metropolitana, negli anni ’60; la nascita della stazione della Bovisa, polo periferico che sarà sede delle facoltà pubbliche più innovative; l’avveniristica impresa d’ingegneria della costruzione del terzo anello di San Siro; la bellezza delle Basiliche milanesi.
Vedute di Venezia. Chiudono la mostra il salottino del circolo letterario -che permette di rivivere l’atmosfera culturale della Milano degli anni ’80 e ’90- e l’esposizione dello spettacolare portfolio delle vedute di Venezia. La genesi delle vedute dedicate alla città lagunare è ben descritta dal testo di Mauro Broggi che, come assistente per dieci anni di Renzo Zorzi, ha vissuto all’interno dell’Olivetti l’impegno culturale promosso con lungimiranza dall’azienda di Ivrea. Per conto dell’Olivetti, Federica Galli ha lavorato a trentanove scorci veneziani, accettando la sfida di confrontarsi direttamente con i grandi vedutisti del passato. Le sue acqueforti, impegnative sia per formato che per scelte stilistiche, si distinguono per la capacità di offrire uno sguardo inedito e d’effetto su una delle città più stereotipate e fotografate al mondo. Per l’occasione, nel 1987, la Fondazione Giorgio Cini dell’isola di San Giorgio a Venezia ha organizzato un’importante esposizione, modificando appositamente il proprio statuto per ospitare l’opera di un artista vivente. Ieri come oggi le “Venezie” di Federica Galli stupiscono e meravigliano per qualità e arditezza.
La Fondazione Federica Galli. Federica Galli ha lasciato la propria eredità a una fondazione testamentaria, indicandone presidente e consiglieri. L’ente che porta il suo nome ha sede nello storico Palazzo Cicogna, in via San Damiano 2 a Milano, dove vengono conservate e tutelate le opere, l’archivio e la memoria della sua fondatrice. Fra le numerose attività promosse e coordinate dalla fondazione vi è un corposo e attivo processo di alfabetizzazione sul ruolo dell’incisione, della grafica e del multiplo nella cultura occidentale moderna, con attività che vengono svolte in sede per piccoli gruppi, o nelle scuole e nelle sedi cui viene invitata. Le iniziative didattiche sono sostenute per intero dalla vendita delle stampe originali, lasciate da Federica Galli per questo scopo. La fondazione si profonde, inoltre, nella divulgazione dell’arte della Galli attraverso l’organizzazione di mostre, volumi e convegni beneficiando del significativo materiale lasciato dall’artista.
A visitarla e a visionarla questa mostra della Federica Galli in Palazzo Morando a Milano, artista di chiara fama, unica e singolare acquafortista che ha campionato l’intero paesaggio italiano, lascia vedere come un’artista italiana e lombarda abbia scandito nella sua intera esistenza una lezione mirabile, esemplare, anticipando quanto oggi molti vengono predicando sull’ambiente. I fogli della Federica Galli sull’Italia verde, sono lezioni che parlano e valgono più di una laurea in Scienze e tecnologie per il verde e il paesaggio o la Laurea in Verde ornamentale e tutela del Paesaggio.
Carlo Franza