Ci sono favole che piacciono a grandi e piccini. Una di quelle che hanno  sempre affascinato tanto  e tutti e che ha affascinato  anche me è la favola di Pinocchio. Chi è che non conosce la storia scritta da Collodi, del burattino di legno che voleva diventare bambino? E chi, in qualche modo, non ne è rimasto affascinato? Da adulto il pubblico si divide tra quelli che lo odiano e quelli che lo amano, ma da bambini siamo rimasti tutti incantati da questa marionetta combina guai, che voleva diventare un bambino di carne come tutti noi. Memorabile il  suo naso che cresceva quando diceva le bugie e le orecchie d’asino cresciute nel Paese dei Balocchi. Che dire del Gatto e della Volpe?  Bennato ci ha fatto una delle sue canzoni  più belle, poi la Fata Turchina, la Balena, Mangiafuoco, Lucignolo… tutti personaggi così importanti da diventare indimenticabili e rappresentazione metaforica nella vita di tutti giorni.  Questa favola è più di una lezione di vita.  E’ così che, ad una persona saggia e un po’ petulante, diciamo che è un grillo parlante e a due amici sempre uniti nelle loro scorribande,  si dice  che sono come il Gatto e la Volpe. Nel luglio del 1881, sul Giornale dei bambini, Carlo Collodi vedeva pubblicata la prima puntata della storia di Pinocchio, dal titolo La storia di un burattino e, nel 1883, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino diveniva un romanzo per ragazzi. Contemporaneo, profondamente complesso pur nella sua semplicità, Pinocchio, burattino animato, si è dimostrato da subito un personaggio universale. Specchio dell’uomo, esso (egli?) non può essere considerato solamente una marionetta, un bambino, una maschera, e certo non può essere relegato al suo tempo.
Creatura in continua crescita fatta di sogni e contraddizioni, in più di un secolo Pinocchio ha affascinato generazioni di poeti, scrittori, musicisti, registi, attori, artisti, e i nomi rammentabili sono molti: Giulio Antamoro e Polidor (nome d’arte dell’attore Ferdinand Guillame), Federico Fellini, Walt Disney, David Bowie, Buster Keaton, Carmelo Bene, Enrico Baj, solo per fare qualche esempio.

Tutti i personaggi della favola negli anni hanno influenzato l’Arte e il mondo del Design, e ancor più il personaggio principe che è  Pinocchio ha lasciato declinare oggetti di pregio e di intelligente costruzione. “FairyTales Design” è il nuovo progetto scultoreo di Vesna Pavan, che propone una rivisitazione dei personaggi più amati delle fiabe a noi care, concettualizzandoli, attraverso lo studio della forma che diviene opera, architettura, design. Un progetto a lungo termine, che nella sua solidità porta con sè uno studio approfondito sulla genesi dei personaggi espressa nelle sculture. Ed è per questo che Vesna Pavan ha vinto a Firenze per il suo “Pinocchio”  il Premium International Florence Seven Stars 2021” per il Design e la Scultura. Dice  l’artista Vesna Pavan in merito al suo Pinocchio: “ Fairytales Design è frutto di un’epifania sul personaggio di Pinocchio che è arrivato senza chiedere il permesso con la sua irruenza; mi ha portato a studiarlo mi ha condotto in un vortice autoanalitico dove non c’è spazio per la reticenza. Ed entrando nel suo mondo,   Pinocchio rappresenta per me l’intera condizione umana dove la crescita è esperienza. Può avere ogni aspetto in base all’occhio che l’osserva. Pinocchio è la radice della vita. Dell’esistenza umana e delle sfaccettature che lo compongono è un rimando tra l’esperienza diretta e l’evoluzione interiore. Pinocchio da sempre è un’icona; su questo personaggio hanno scritto di tutto;  per me è un monolito, una porta, tra ciò che pensiamo di essere, tra ciò che realmente siamo e  il pensiero illusorio sul divenire che deve essere accompagnato da azioni concrete per identificarsi in uno status di essere umano. Il pensiero differisce dall’azione, in quanto solo l’azione porta a concretizzare il pensiero; l’immagine che abbiamo di noi stessi non sempre è quella che collima con l’immagine percepita dall’ambiente circostante. La proiezione del divenire porta a sviste pericolose.  Il mio pensiero ancora in evoluzione a causa di questo caleidoscopico insito nel personaggio che riflette auto-riflettendo la sua immagine che attraverso il riflesso muta in modo a volte crudo o cruento acclamando il miracolo della vita attraverso i suoi essenziali coprotagonisti. Il naso del Pinocchio -dice ancora Vesna Pavan- come simbolo per me non rappresenta la bugia ma un’idea di termometro legato alla consapevolezza, all’andare oltre all’orizzonte percepito dai più; sicchè  il naso del mio Pinocchio ha un’inclinazione particolare a 35 gradi che celebra il dono della vita”. Ecco perché l’intera progettualità sulla favola di Collodi ha mosso Vesna Pavan alla luce di quanto altri rinomati artisti italiani e stranieri  hanno fatto  precedentemente. Così Pinocchio può acquistare il moto e da quel primo, vitalistico slancio, iniziare a correre tramite l’occhio di Oliviero Toscani, che con i suoi Pinocchi del 1991 invita il visitatore a spiccare il balzo all’inseguimento della creatura di legno e la sua corsa attraverso e oltre le avanguardie. Nel Novecento il burattino (che forse non è neanche tale) si trasforma fino all’astrazione e, leggiadro, si fa forma e movimento, come nel caso delle macchine inutili in corda e legno di Bruno Munari, oppure attraverso il Disco rosso, punti bianco su nero (Red Disc, White Dots in Black), di Alexander Calder, del 1960, in lamiera di metallo e acciaio.

Pinocchio una maschera proprio non è,  infatti il personaggio si fa pretesto per rappresentare tutte le maschere possibili della quotidianità, alla ricerca dell’uomo dietro il ruolo che ciascuno di noi si assume nella vita. Dall’universale al particolare, in maniera differente ha invece operato Luigi Ontani che, attraverso la sua stessa immagine, in una fotografia del 1972 restituisce un Pinocchio emblema del legame indissolubile tra arte e vita. Come l’arte stessa per l’artista, il burattino è dunque vita, gioco, eternità, e attraverso la sua maschera, realizzata giocosamente con la semplice carta bianca, egli vi si immerge personalmente. Pinocchio come arte, come vita, ma anche come morte. Nella narrazione di Collodi, ad un tratto, la creatura di legno viene impiccata ma, “perché c’è sempre un ma”(Collodi 1991), egli non può morire e dunque, pur incontrando la morte, non la subisce. Così, la sua figura diviene emblema di un tema che ha sempre affascinato gli artisti, alla ricerca di una fusione tra fiaba e immagine mortuaria. Più duramente rivolto a un profondo attacco alla società contemporanea è invece l’uso dell’immagine di Pinocchio fatto da Paul McCarthy nella performance del 1994 Pinocchio Pipenose Household Dilemma, presente in mostra nella versione video. In questo caso, sfruttando l’immaginario infantile ormai radicato nella società, l’artista americano compie una serie di azioni disturbanti volte a mostrare in modo sensorialmente traumatico pratiche della contemporaneità come la repressione degli istinti, la violenza di una società improntata sull’autorialità maschile, i traumi derivati dai condizionamenti culturali e gli effetti negativi del consumismo.
 Ma Pinocchio può ancora essere considerato un bambino? Se nell’originario racconto, alla fine, il burattino di legno diviene “un ragazzo come tutti gli altri” (Collodi, 1991). Questo perché, in verità, agli artisti che hanno dato nuova vita al personaggio non interessa tanto il lieto fine della favola, quanto l’intrinseca capacità metamorfica del protagonista. Volgendo ancora l’occhio all’iconografia Disney, per Sam Havadtoy Pinocchio diviene pretesto per creare opere scintillanti e preziose, attraverso le quali poter ammirare la fine maestria artigianale dell’artista nell’uso del pizzo, della resina e della foglia d’oro. Per l’artista italiano Mario Ceroli, invece, che lavora sul personaggio collodiano sin dal 2001, sondare la figura del burattino significa sia esplorare la materia primaria del fare artistico, sia specchiarvisi in prima persona in un continuo corpo a corpo tra materia e umanità; il suo Pinocchio del 2001 siede su un piccolo panchetto e abbandona la grande testa tra le mani e, forse, proprio quando la materia lignea si fa più rude e presente, ecco che maggiormente affiora l’acerba umanità di un bambino timoroso delle mutazioni che ancora lo attendono nel suo percorso formativo che, un giorno, lo porterà a essere finalmente uomo.

Con Pinocchio c’è poi tutto il fantastico carrozzone degli altri personaggi, numerosi e tutti altrettanto importanti, che sono rimasti fissati nel nostro immaginario, e  con i quali ci identifichiamo di più o di meno. Tutti personaggi con un profilo psicologico ben definito, mai davvero buoni o cattivi, da Mastro  Geppetto a  Mangiafuoco, dalla Fata turchina  alla Balena, dal Grillo Parlante, ecc. un mondo magico, poetico, malinconico, che riaffiora dall’infanzia,  e che ha influenzato nobilmente Vesna Pavan  progettista e artista realizzatrice  di oggetti-design come  il suo “Pinocchio” ormai pubblico.

Carlo Franza 

 

 

 

 

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