Una scoperta sensazionale.  L’archeologia del terzo millennio riporta alla luce in Turchia un edificio sacro che affonda le radici nella preistoria e  si pensa -dagli archeologi-  essere stato il cuore di una sacralità  cerimoniale di sacerdoti e  fedeli.

La scoperta archeologica di un grande santuario è avvenuta nell’area sud-est della Turchia, certo più antico di Stonenhenge, misterioso, scavato nella roccia ben oltre 11mila anni.  La scoperta mostra un ambiente sotterraneo di 23 metri di diametro e profondo cinque metri e mezzo, qui si è rivelata ben conservata la scultura di una imponente testa dai tratti umani,  affiorante  dalla parete rocciosa che pare  “guardare come da una finestra” una serie di undici alti pilastri scolpiti a forma di fallo. Un tempio  sacro che affonda le radici nella preistoria e che potrebbe essere stato il cuore di una processione di sacerdoti e possibili fedeli che si muovevano lungo una traiettoria che coinvolgeva altri tre templi collegati. Tutto ciò nel sito di Karahan Tepe, a est di Şanlıurfa, considerato dal mondo accademico turco come la nuova grande meraviglia, dove l’Università di Istanbul sta concentrando i suoi studi con l’équipe guidata dal professore Necmi Karul.  Questo nuovo sito è anche vicino  a un’altra meraviglia nota del patrimonio archeologico turco,  Gobekli Tepe,  che mostra grandi edifici concentrici impreziositi da sculture di animali e teste umane. Ad essere più precisi  amici archeologi mi hanno detto  che siamo a Yağmurlu, a circa 35 chilometri a est del sito di Göbekli Tepe. Ciò lascia supporre una possibile relazione tra i due siti gemelli che ora rivaleggiano  sia per importanza scientifica che per mistero. Gobekli Tepe,  dagli archeologi considerata la Stonehenge turca, anche se molto più antica del monumento inglese, è protagonista di una famosa serie televisiva targata Netflix “The Gift”, giunta alla sua terza stagione, con il divo Mehmet Gunsur, volto noto anche per il pubblico italiano. Il sito  già scoperto nel 1997, ha visto solo nel 2019 le prime campagne di scavo.

Ma è negli ultimi due anni -2020/2021- che lo stesso Ministero della Cultura turco ha concentrato le risorse. Il gruppo di archeologi  universitari  che vi opera ha raggiunto  il livello dei templi e ha portato alla luce centinaia di pilastri e sculture, tanto che in occasione dell’ultimo Congresso Internazionale del Turismo lo stesso ministro della Cultura e del Turismo Mehmet Nuri Ersoy affermava che a Karahan Tepe si sta portando avanti un “programma di scavi intensivo e rapido”, che fino ad oggi ha prodotto “250 obelischi con figure di animali”;  materiali archeologici  che potrebbero retrodatare Karahan Tepe anche a 12mila anni fa.

E’ interessante sapere che la stampa scientifica internazionale, ad esempio  Live Science, riporta gli ultimi dati pubblicati dal professore Karul in un articolo pubblicato sulla rivista Türk Arkeoloji ve Etnografya Dergisi con le “prove che il sito preistorico è stato utilizzato per una parata cerimoniale attraverso un edificio contenente pilastri a forma di fallo e una scultura di una testa umana”. Eccezionale scoperta perché tale edificio, con la testa e gli undici pilastri a forma di fallo, si  fa risalire   a una serie di edifici che datano ancor  prima che fosse inventata la scrittura, e che hanno rivelato sculture di teste umane, serpenti e una volpe, oltre a diversi pilastri dalla forma  particolare e tutta da studiare.

L’articolo aggiunge che l’edificio è collegato ad altri tre per formare una sorta di complesso, un sacrario a tappe.   “Gli antichi potrebbero aver tenuto una parata cerimoniale attraverso questo complesso” ha detto Karul. Ipotesi avanzate dagli archeologi turchi è che le persone di quel tempo percorressero il sacrario allargato mettendo in scena una parata cerimoniale “entrando nell’edificio da un’estremità e uscendo dall’altra, dovendo sfilare alla presenza della testa umana” e dei pilastri a forma di fallo. Gli studi sono appena iniziati, serviranno ulteriori scavi, ma sorprende non poco  che questo sacrario allargato  è stato poi  sommerso da terra, come se  fosse finita  una sua precisa funzione.

Carlo Franza

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