Nelle sale dell’Appartamento dei Principi a Palazzo Reale  a Milano si è appena conclusa  la mostra monografica dedicata all’opera di Tullio Pericoli, artista marchigiano, milanese dal 1961. Promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale, Skira Editore e Design Terrae, l’esposizione è stata curata dal critico d’arte Michele Bonuomo, in collaborazione con l’artista, e realizzata nell’allestimento da Pierluigi Cerri. La mostra ha voluto essere un punto di riflessione e un omaggio alla grande carriera di Tullio Pericoli, artista   prezioso, disegnatore come pochi, con una attività feconda e multiforme, le cui opere hanno trovato accoglienza in esposizioni, pagine di giornali, volumi, committenze. Un’attività che nell’ultimo ventennio si è concentrata sul paesaggio, ma non si possono non ricordare i suoi ritratti di personaggi della cultura, pubblicati in tutto il mondo e le sue incursioni nel teatro, con le messe in scena di opere per l’Opernhaus di Zurigo e il Teatro alla Scala di Milano.
“Tullio Pericoli è rigoroso pittore di se stesso -ha scritto il curatore Michele Bonuomo-  mai disponibile ad opportunismi e a compromessi di sorta. Nella sua lunga pratica di pittura si è immedesimato nel paesaggio naturale o in quello di un volto umano, suoi alter ego, muovendosi con disinvolta sprezzatura tra minuscolo e immenso nel tracciare e annotare “vedute” autobiografiche.”  Paesaggi, pezzature d’Italia, luoghi  di memoria, paesaggi d’Italia, paesaggi in miniatura,  segni incidenti e coincidenti, toni  sacrali,  macchie che raccontano,  il bellissimo paesaggio marchigiano già immortalato da Giacomelli,  colline  superbe,  riquadri di una terra leopardiana, tutto è liberato da una mano quale quella di Pericoli, che nel disegno  è  principe. “Dipingo paesaggi  -scrive Tullio Pericoli- per apprendere la loro lingua e leggere le loro pagine. Una lettura che parte sempre dalla geologia. Li dipingo anche per ricordare che non ci si può e non ci si deve liberare della memoria, per seguire una storia che strato sotto strato si snoda per tempi infiniti. Ma questo forse non è del tutto vero. Non dipingo paesaggi per fare paesaggi. Li dipingo soprattutto per il piacere di dipingere, e di fare un quadro dopo l’altro.”   L’esposizione ha mostrato  un progetto particolarmente complesso per diversi aspetti, tra i quali il numero di opere – oltre 150, che vanno dal 1977 al 2021 – una raccolta imponente che conteneva  una grande parte dell’ultima produzione dell’artista, che si inscrive nella sua riflessione sempre attiva sul paesaggio. Imperdibile la stanza dedicata ai ritratti: fisionomie fedeli e al tempo stesso trasfigurate; una sorta di assemblea delle figure più importanti della scena culturale internazionale, amici, colleghi, ispiratori. Una esposizione importante, unica, un doveroso omaggio della città di Milano a un artista che ormai da cinquant’anni ha deciso di appartenervi.
Il catalogo, con testi di Roberto Calasso, Giuseppe Montesano, Michele Bonuomo e Tullio Pericoli, è pubblicato dalla casa editrice Skira.
“Da quando lo conosco – sono molti anni, ormai – il segno di Pericoli – scrive Roberto Calasso nel testo che gli ha dedicato in occasione di questa mostra – mi ha dato l’impressione che ci intendiamo. Impressione rara, insieme psicologica e morfologica. Me ne accorsi subito con i ritratti. E poi non meno in certi paesaggi di cui sappiamo che non li incontreremo mai e siamo grati perché esistono.” “Guardate bene una sua tela – scrive sul catalogo Giuseppe Montesano –, un paesaggio o un ritratto o un frammento: guardatelo con lo sguardo imprevisto che si sorprende e con lo sguardo contemplatore che si lascia sommergere…Pericoli ragiona per contatti e lega un albero a un cosmo, un fiore a un sasso, un occhio a un dito, una parola a un mare, uno sgraffio a un pensiero, un teorema a una passione, una linea a un buio, un bambino a un sogno…”.

Tullio Pericoli (Colli del Tronto, 1936), è un artista e disegnatore italiano. Nel 1961, su spinta di Cesare Zavattini, si trasferisce a Milano, dove vive tuttora. Inizia a collaborare con Il Giorno con disegni che accompagnano racconti di Calvino, Levi, Gadda e Soldati. Negli anni successivi i suoi disegni compariranno sui più importanti giornali, italiani ed esteri. Nel 1984 inizia a lavorare presso La Repubblica, con la quale collabora anche oggi. Contemporaneamente la sua ricerca pittorica, che si era avviata all’inizio degli anni ’70 con la serie delle “geologie”, prosegue con un ciclo di opere che sfoceranno, nel 1980, nella mostra Rubare a Klee alla Galleria Il Milione a Milano. Il paesaggio diventa sempre più centrale nel suo lavoro: nel 1984 il volume Robinson Crusoe per la Olivetti segna una svolta e i disegni che lo compongono saranno esposti per la prima volta al PAC di Milano. Nel 1987, su committenza di Livio Garzanti, realizza, nella storica sede di via della Spiga a Milano, una pittura murale che racconta la vita della sua casa editrice e nel 1991 Milano gli dedica una importante mostra nella Sala delle Cariatidi a Palazzo Reale. I paesaggi della sua terra d’origine fanno da sfondo alle scene e ai costumi dell’Elisir d’Amore di Donizetti che reinventa totalmente per l’Opernhaus di Zurigo nel 1995 e nel 1998 per il Teatro alla Scala di Milano. Nel 2002 realizza le scene e i costumi de Il Turco in Italia di Rossini ancora per l’Opernhaus di Zurigo. Negli ultimi due decenni la sua attività si concentra sempre di più sulla pittura di paesaggio. Nel 2010 un’ampia esposizione presso il Museo dell’Ara Pacis di Roma dal titolo Lineamenti, propone una sintesi pittorica delle sue due principali forme d’espressione. L’ultimo dei molti libri pubblicati con Adelphi è il suo Arte e Parte uscito nel gennaio di quest’anno.    

 Carlo Franza

 

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