Leonor Fini segreta. Ceramica e pittura tra note e profumi al Museo MIDeC di Laveno Mombello.
Fino al 3 luglio 2022 sarà possibile visitare al MIDeC – Museo Internazionale del Design Ceramico di Laveno Mombello (Varese) la mostra multimediale di ceramica e pittura, musica e percezione olfattiva, intitolata Leonor Fini segreta. Ceramica e Pittura, Note e Profumi. La rassegna è realizzata in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Laveno- Mombello, ideata e curata sul piano critico da Marianna Accerboni e promossa dall’Associazione Foemina APS con la sponsorizzazione tecnica di Ciaccio Arte, dell’Associazione Amalago per la promozione artistica e culturale del Lago Maggiore e di Videoest Trieste. E prosegue, a poco più di 25 anni dalla morte di Leonor, anche attraverso opere mai esposte in assoluto, l’indagine della curatrice sull’arte e la personalità della grande pittrice surrealista, che fu anche costumista, scenografa, incisore, illustratrice e scrittrice di fama e frequentazioni internazionali (Buenos Aires 1907 – Parigi 1996).
Già presentata con grande successo e con accenti diversi all’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles e di Parigi e al Polo museale del Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste, la mostra s’inaugura domenica 10 aprile alle ore 10 – compendiata da una serie di opere non presenti nelle precedenti edizioni – al MIDeC, l’unico Museo al mondo che detiene le preziose ceramiche realizzate nel ’51 con decori tratti da disegni della Fini, dalla S.C.I. – Società Ceramica Italiana di Laveno-Mombello: una storica fabbrica attiva in nuce sul territorio già dal 1856 e dal 1953 con una filiale anche in Argentina, fino al 1965, anno in cui avviene la fusione con il gruppo Richard-Ginori e al 1975 con la Pozzi, per chiudere definitivamente nel 2000.
Di Leonor Fini, la rassegna vuole interpretare il temperamento anche approfondendo il suo fondamentale e intenso rapporto con Trieste, luogo d’origine della madre, dove Malvina Braun condusse la figlia all’età di un anno. Qui la pittrice si sarebbe formata sul piano artistico culturale e su quello umano e personale fino all’età di circa vent’anni, rimanendo sempre molto legata alla città, da cui provengono la maggior parte delle opere e dei materiali esposti. L’interpretazione della personalità della Fini avviene nel contesto della mostra anche attraverso la creazione di due importanti profumi inediti, prodotti per l’occasione e ispirati al temperamento e alla straordinaria esistenza condotta dalla Fini, che amava molto le fragranze e nel 1937 aveva disegnato a Parigi un flacone antesignano e iconico per il profumo Shocking della grande couturiére Elsa Schiapparelli. Il carattere e l’arte della Fini sono interpretati anche attraverso le note musicali di Notturno, solitudine surrealista e Sonata Meditation, brani composti per l’esposizione dal musicista italo-brasiliano Paolo Troni, che ne rappresentano la colonna sonora e saranno diffusi in mostra per tutta la sua durata.
L’esposizione – accompagnata da un esaustivo catalogo dall’elegante veste grafica, con foto e contributi inediti, realizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Parigi e curato da Marianna Accerboni – propone un’attenta selezione di opere della Fini per la maggior parte inedite e rare, a partire dalla sezione dedicata alle ceramiche decorate mediante decalcomanie tratte dai disegni di Leonor o con suoi motivi impressi a stampa: una vera chicca, poiché finora tali manifatture non erano mai state citate nei numerosi cataloghi e volumi d’arte dedicati all’artista. Si tratta perciò una sezione di grande interesse, che comprende più di una trentina di rare porcellane e terraglie forti e fogli di lavoro della S.C.I. raffiguranti motivi di figure femminili mascherate, Maschere carnevalesche policrome, Gatti, Sfingi e Pagliacci e prodotte intorno al ’51 dalla Società Ceramica Italiana (S.C.I.) di Laveno- Mombello. Accanto a tali preziosi materiali, viene esposta anche una matrice in rame per stampa su ceramica con disegni della Fini, incisa a bulino da Marco Costantini, abile artista per anni collaboratore della fabbrica lavenese. Tali oggetti vengono messi in gran parte a disposizione, oltre che dal MIDeC, dai collezionisti Enrico Brugnoni, Marco Lisè, Francesca Bellorini, Giuseppe Beltrami, Daniela Brisotto e Vincenzo Sogaro, Lena Costantini, Amelia Pozzi: sono pezzi oggi per lo più introvabili perchè, essendo caratterizzati da uno stile assai moderno per l’epoca, allora non furono molto apprezzati dal pubblico, abituato a gusti più classici, e perciò furono presto tolti dalla produzione.
Accanto alle ceramiche, verranno esposti anche rari e per lo più inediti disegni, dipinti, acquerelli, incisioni, illustrazioni, documenti, libri, lettere, foto, video interviste, abiti appartenuti all’artista e un approfondimento sul piano letterario e grafologico della sua personalità, rivelando, oltre al risvolto più intimo e privato della Fini, anche un affondo sul clima culturale della Trieste del Novecento, che tanto avrebbe influenzato la sua arte e i motivi decorativi per le ceramiche stesse, presenti per altro in molti altri suoi lavori: figure muliebri mascherate, gatti e sfingi popolano infatti molti dei vasi, dei piatti e dei servizi da tavola, da caffè e da tè presenti in mostra, inseriti nelle forme innovative create dal designer di origine triestina Guido Andloviz (Trieste 1900 – Grado 1970), per più di trent’anni direttore di produzione della S.C.I.; ma rappresentano pure dei leitmotiv ricorrenti in molti dipinti, disegni e illustrazioni dell’artista.
Tali decori si riferiscono all’immaginario tratto dalla Fini negli anni dell’infanzia e della giovinezza a Trieste. Una città allora avanzatissima e cosmopolita, sospesa tra pensiero mitteleuropeo e suggestioni italiane, dove Leonor visse con la madre e lo zio nella casa dei nonni materni, sempre in compagnia di un gatto, che sarebbe divenuto poi un soggetto principe della sua arte. E anche il concetto del mascheramento e l’interesse per le sfingi trovano radici nella sua infanzia trascorsa a Trieste, città natale della madre, che aveva abbandonato a Buenos Aires il marito, Erminio Fini, facoltoso imprenditore di origini beneventane, tiranno e infedele, che avrebbe tentato più volte di riprendersi la figlia, cercando, senza successo, di rapirla a Trieste. Per sventare tali gesti, Leonor da bambina veniva abbigliata da maschietto ed ecco il suo gusto per il mascheramento e il travestimento. Per non parlare della sfinge, che l’arciduca Massimiliano d’Austria aveva fatto collocare intorno al 1860 sul moletto prospiciente il Castello di Miramare a Trieste, e a cavalcioni della quale Leonor appare fotografata da bambina. Era una figura mitologica che la Fini amava molto, da piccola voleva spesso darle da mangiare, invece che ai cigni del laghetto nel parco del Castello. E più tardi le avrebbe ispirato molte opere.
Nel capoluogo giuliano la sua personalità si formò a stretto contatto con quel colto milieu internazionale e d’avanguardia che connotava la città all’epoca, nel cui contesto la giovane pittrice ebbe modo di frequentare assiduamente personaggi triestini suoi coetanei, che sarebbero divenuti famosi a livello mondiale. Tra questi, per esempio, il futuro gallerista Leo Castelli, il famoso critico, estetologo e artista Gillo Dorfles, Bobi Bazlen, il grande traghettatore della letteratura dell’Est europeo in Italia, e il pittore Arturo Nathan, accanto a Italo Svevo e Umberto Saba.
Di particolare interesse, in mostra, saranno il video con le interviste inedite della curatrice a parenti e amici triestini della Fini, tra cui Gillo Dorfles e Daisy Nathan, sorella del pittore, e ad altri personaggi che la conobbero, e un video con l’ultima intervista in italiano alla celebre pittrice.
La rassegna, oltre che a Trieste, è già stata presentata con successo all’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles e di Parigi, dove la Fini è molto nota, essendo stata legata ai Surrealisti francesi, il cui linguaggio vanta per altro in Belgio protagonisti internazionali quali Magritte e Delvaux. Nella capitale francese, dov’era chiamata l’Italienne de Paris, Leonor si era trasferita appena ventitreenne, guadagnando rapidamente largo consenso e rimanendovi fino alla morte. Come nelle altre sedi, la mostra sarà sottolineata da un intreccio multimediale di musica e percezione olfattiva, ispirato alla Fini e ideato site specific da Accerboni. Per tutta la durata della rassegna alcune composizioni surrealiste inedite, create ed eseguite al pianoforte dal musicista italo-brasiliano Paolo Troni, ispirate a Leonor e concepite espressamente per l’esposizione, saranno infatti diffuse quale colonna sonora all’interno del MIDeC.
In occasione della rassegna sono stati inoltre ideati da Accerboni due profumi esclusivi in edizione limitata, dedicati all’artista e ispirati alla sua complessa personalità. Una fragranza intitolata Lolò, il soprannome con cui i famigliari e gli amici chiamavano a Trieste la pittrice nel suo periodo giovanile, impreziosita da glitter in riferimento alla luminosità della sua pittura, verrà diffusa in mostra durante tutto il periodo espositivo, rappresentandone la “colonna olfattiva”. Ispirato al suo “doppio maschile”, è stato poi creato Kot, profumo che interpreta quella traccia sottilmente androgina che s’intuisce nella personalità della Fini e che in polacco significa gatto: era il soprannome con cui l’artista chiamava Costantin Jelenski, scrittore e giornalista polacco incontrato a Roma nel ’52, che, con Stanislao Lepri, fu una presenza fondamentale e costante nella sua vita fino alla morte di lui, avvenuta nel 1987.
Nata a Buenos Aires nel 1907 da Erminio Fini di origini beneventane e dalla triestina Malvina Braun di ascendenza tedesca, slava e veneziana, si forma culturalmente e artisticamente fino a vent’anni nel vivace milieu culturale di Trieste, dov’era giunta a un anno, a contatto con i pittori Arturo Nathan, Edmondo Passauro, Carlo Sbisà. Pittrice autodidatta, illustratrice (più di 50 libri), costumista, scenografa e scrittrice, dopo aver eseguito molti ritratti secondo uno stile ancora tradizionale, assimila a Milano, non ancora ventenne, l’influenza novecentista grazie all’incontro con il classicismo di Achille Funi e il tonalismo di Carlo Carrà e Arturo Tosi.
Trasferitasi nel 1931 a Parigi, abbandona tale stile per divenire rapidamente una delle più significative e originali rappresentanti del Surrealismo, cui pervenne in seguito anche al contatto con de Chirico, Savinio, de Pisis, Campigli e i Surrealisti d’oltralpe.
Nel ‘36 espone a New York alla Julien Levy Gallery e alla rivoluzionaria mostra Arte fantastica, Dada e Surrealismo al MOMA. E poi a Roma, Parigi e Londra, più volte alle Biennali di Venezia e San Paolo; presente, tra le altre, nelle permanenti di MOMA, Tate Modern, Centre Georges Pompidou. Fino ai primi anni ’60 dipinge molti ritratti, tra cui quelli degli amici Genet, Moravia, Carrington, Oppenheim, Morante.
Legatissima a Trieste e alla figura materna, donna dai molti amori, mantenne per decenni una triangolazione affettiva stabile con il diplomatico e pittore Stanislao Lepri e con l’intellettuale polacco Kostantin Jelenski, con i quali condivise la propria abitazione parigina fino alla loro morte. Da allora si isolò volontariamente in una fattoria a St-Dyé sur Loire, dove oggi riposa accanto a loro.
È disponibile in mostra anche il catalogo dall’elegante veste grafica edito dall’Istituto Italiano di Cultura di Parigi per la rassegna. Curato da Marianna Accerboni, è composto da 80 pagine e contiene un centinaio di immagini per la maggior parte inedite mentre i testi sono tutti inediti: l’introduzione è firmata dal Direttore dell’Istituto, lo scrittore e glottoteta Diego Marani (l’ultimo suo libro La città celeste, pubblicato da La Nave di Teseo, è un affascinante atto d’amore per Trieste), gli altri approfondimenti sono di Marianna Accerboni. Maria Grazia Spirito, già direttrice del MIDeC, firma il testo dedicato alle ceramiche e Mauro Galli, direttore dell’AGI – Associazione Grafologica Italiana, Sezione di Trieste, analizza la grafia della Fini accanto a quella degli amici Arturo Nathan, raffinato e importante pittore triestino noto internazionalmente, e Gillo Dorfles, famoso critico, estetologo e artista. Il volume è piuttosto esaustivo per quanto riguarda la vita, la personalità e l’arte di Leonor e riporta varie notizie inedite su tali temi, derivanti dalle ricerche di Accerboni. È suddiviso in più sezioni: Ritratti e personaggi, Sua Maestà il gatto, L’illustrazione, Le ceramiche, Gli abiti di Leonor, Leonor Fini Arturo Nathan Gillo Dorfles, Un profumo per Leonor e una biografia illustrata da immagini inedite.
Carlo Franza