Giorgio Griffa tra i principi dell’arte analitica in mostra al Centre Pompidou di Parigi
”Io non rappresento nulla, io dipingo”. Parola di Giorgio Griffa, è molto, ed è tutto chiaro e condensato. E’ la poetica che ha ispirato la lunga carriera di Giorgio Griffa, tra i protagonisti della pittura italiana ed europea della seconda metà del Novecento, al quale il Centre Pompidou di Parigi dedica fino al 27 giugno 2022 la mostra aperta in questi giorni. Curata da Christine Macel, capo del dipartimento creazione contemporanea del Museo Nazionale d’Arte Moderna, con la collaborazione di Aurélien Bernard e Roxane Ilias, l’esposizione presenta nello Spazio Focus un gruppo di 18 opere donate dall’artista torinese e punta alla riscoperta di questo maestro dell’arte italiana ed europea “ancora troppo poco conosciuto dal grande pubblico”.
Griffa, accostato spesso al movimento dell’Arte Povera, è stato impegnato costantemente nella ricerca di un linguaggio totalmente autonomo, dalle tele minimaliste degli anni ’70 ai lavori più recenti influenzati dalla poesia modernista e dalla musica d’avanguardia.
Nel 2012, in occasione di una sua mostra in una galleria di New York, il New York Times ha scritto che “la sua arte merita un posto nella storia mondiale dell’astrattismo’”. In questi mesi alla mostra parigina si è aggiunta quella a Roma, alla Galleria Lorcan O’Neill, che ha presentato 19 dipinti del maestro, tre dei quali del suo primo periodo e mai esposti in Italia. “Associato al movimento italiano della Pittura analitica degli anni Settanta, esposto con artisti francesi dei gruppi BMPT (Buren, Mosset, Parmentier, Toroni) e Support/Surfaces, Giorgio Griffa – spiega la curatrice – ha sempre conservato una grande autonomia e originalità. La sua opera, a volte austera a volte gioiosa, oscilla in un equilibrio sottile tra l’apollineo e il dionisiaco”.
La mostra parigina presenta vari cicli dal 1969 al 2021 e svela un’opera inedita, realizzata nel 2021 appositamente per il Centre Pompidou, intitolata “La Recherche” richiamandosi a Proust. Composta da 24 tele trasparenti sospese al muro con sovrapposizioni parziali, La Recherche “rivela una pittura sempre più libera e gioiosa”. Nato nel 1936 a Torino, dove vive e lavora, Giorgio Griffa è uno dei pittori più importanti della sua generazione.
Parallelamente alla professione di avvocato, che ha esercitato per tutta la vita, ha realizzato a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta opere astratte riconoscibili per le loro tele vergini, non preparate e non tese, lavorate a terra, poi fissate al muro con una serie di chiodi lungo il bordo superiore. Successivamente le sue composizioni elementari uniscono liberamente e senza gerarchie linee, segni, numeri e lettere dipinte che non hanno altra funzione che esistere di per sé. “Affermando la natura concreta della pittura – osserva Macel – le ricerche di Giorgio Griffa riducono gli elementi pittorici all’essenziale e mettono in luce le proprietà delle trame dell’intera pittura a riprova di una grande sensibilità per il colore”.
La mostra riunisce nove tele della serie I Segni Primari (1969-1970) che rivelano le sue prime ricerche astratte e svelano le costanti delle sue opere successive: colori diluiti, segni grafici anonimi, tele lavorate grezze e lasciate allentate che trasmettono una sensazione di incompiutezza. Verticale (1977) è formata da legni colorati disposti verticalmente in modo tale che sembrano occupare la totalità della superficie pittorica. Le tre opere Campi Rosa (1986), Campo Rosa e Campo Viola (1988) esplorano i campi di colore e le loro capacità nel delineare figure. E ancora, Tre linee con arabesco, del 1991, propone una variazione sul tema della linea e dell’arabesco e introduce per la prima volta i numeri. “Io non rappresento nulla – ha detto l’artista recentemente riferendosi alle parole che furono anche il titolo della sua prima personale in una galleria romana nel 1972 – vuol dire anche non datemi troppa importanza. Fare pittura significava continuare una storia lunghissima, scommettere sulla capacità di questo antico strumento di raccontare la mostra modernità, di continuare ad essere viva. Non penso che oggi sia cambiato molto”. Colore, pittura, numeri parole, la vita, il mondo, il sentire e il percepire, ecco Griffa.
Carlo Franza