A quasi settant’anni dalla scomparsa, il nome di Renato Ballerini è noto principalmente agli addetti ai lavori. La figura di questo artista, ravennate di nascita e luganese di adozione, è praticamente scomparsa, nonostante egli abbia partecipato attivamente alla vita politica e culturale ticinese della prima metà del Novecento. Diremo di più, Ballerini è stato per Lugano un’autentica personalità. Pittore della borghesia locale, scultore di poche ma interessanti opere, giornalista per la carta stampata, illustratore di vignette satiriche e grande polemista in un’epoca in cui le battaglie si facevano sulle pagine dei giornali, ha combattuto fino all’ultimo la lotta del quotidiano, in un momento storico in cui vivere con l’arte rappresentava una sfida impossibile.

L’idea di un’esposizione dedicata a Renato Ballerini alla Pinacoteca Zunst di Rancate-Mendrisio(CH)  aperta fino  al 2 ottobre 2022,  nasce dall’incontro con Frederik Poort, pronipote e depositario del fondo del pittore.

La rassegna però non vuole essere unicamente una mostra dedicata ai lavori conservati in famiglia, ma desidera restituire un’immagine completa di Ballerini, grazie alla ricerca di altre testimonianze presenti sul territorio. È così l’occasione di ripercorrere le tappe salienti del suo percorso attraverso una selezione di dipinti provenienti anche da musei e collezioni private.

Si spazia dai lavori giovanili di gusto liberty ai primi ritratti, autoritratti e paesaggi eseguiti nel Ticino, sino alla stagione più felice dell’artista, quella del Realismo magico, con opere che documentano l’interesse di Ballerini per quello che accadeva nella vicina Milano. Si espone anche una selezione di manifesti, disegni e documenti inediti conservati nell’archivio privato degli eredi.

Nato a Ravenna nel 1877, Renato Ballerini studia all’Accademia di belle arti della sua città e completa la formazione all’Accademia libera del nudo a Roma. Nel 1898 sposa Adele Minguzzi, che gli darà cinque figli, spesso modelli per i suoi ritratti. Nel primo decennio del Novecento è a Milano e lavora come disegnatore tecnico per l’architetto Augusto Guidini (1853 – 1928), che nel 1910 gli chiede di trasferirsi a Lugano. Fra i suoi primi interventi nel Ticino vi è probabilmente la collaborazione con il pittore Gioachimo Galbusera (1870 – 1944) per la realizzazione del ciclo di dipinti della vecchia birreria Gambrinus in centro a Lugano, gestita dalla famiglia Hunziker. Parallelamente Ballerini inizia a collaborare con il quotidiano “Libera Stampa” in qualità di giornalista e illustratore, ma nel decennio successivo se ne distanzia. Sono questi gli anni in cui si afferma come ritrattista della borghesia luganese: fra le tante opere eseguite si annoverano i sette ritratti dei benefattori dell’Ospedale di Lugano, datati dal 1920 al 1927 e oggi conservati nelle Collezioni della città.

Molto intensa anche la sua attività espositiva, con mostre alla Società ticinese di Belle Arti, al Cenacolo italiano (di cui Ballerini è tra i membri fondatori) e alla Fiera svizzera di Lugano. Riceve inoltre riconoscimenti a Ravenna, Milano e Lugano. Come illustratore Ballerini collabora con importanti personalità del mondo della cultura ticinese, come Giovanni Anastasi, insegnante, scrittore e direttore di testate come il “Corriere del Ticino”, Antonio Galli, docente, Consigliere di Stato, direttore di “Gazzetta Ticinese”, o il pretore socialista Giacomo Alberti, redattore de “Il Ragno” e autore, con lo pseudonimo di Menelao Lemani, della divertentissima La conferenza sudante, in cui il testo ironico su Dante Alighieri si avvale del sostegno di disegni di Ballerini. Alberti era fratello di don Francesco, autore di Il voltamarsina, e della famosa maestra pedagogista Maria Boschetti Alberti. Le illustrazioni dell’artista compaiono sia su periodici come “Libera Stampa” o come il giornale satirico “Il Ragno”, sia a corredo di pubblicazioni a sfondo educativo e pedagogico, di gran moda all’epoca, sia per inserzioni pubblicitarie.

Ecco la testimonianza di Frederik Poort, pronipote di Renato Ballerini.

La prima volta che sono venuto in vacanza a Lugano era il 1955, ospite di mia zia Johanna e di suo marito Stelio. Johanna, nata in Olanda, era la sorella di mia madre e Stelio era l’ultimogenito del  pittore Renato Ballerini. Avevo solo sei anni ma ricordo come se fosse ieri l’appartamento in piazza Monte Ceneri a Lugano, che era nuovo e modernissimo, pieno di quadri di Renato e arredato con mobili disegnati da Stelio. Quei dipinti mi affascinavano, guardavo il ritratto di Adele Ballerini, la moglie del pittore, mi sembrava una donna bellissima, anche se poi forse non lo era, e mi perdevo nelle sfumature dello scialle, nei dettagli. Renato era presente con gli autoritratti, e provavo ad immaginare come poteva essere stata la vita di quell’uomo che sentivo come importante, anche se non l’avevo mai conosciuto. Poi c’era il ritratto di Stelio dodicenne, e io mi identificavo in quel ragazzo magro di spalle, appeso nel salotto, sopra il divano.

Ogni tanto a casa venivano a trovarci Ilda e Cadira, le altre due figlie di Renato, che ormai erano anziane, e io guardavo i loro ritratti appesi al muro, e poi guardavo loro, e mi sembrava che quei dipinti si animassero per entrare a far parte del mio mondo. In quella casa ci sono tornato molte volte, sempre accolto con affetto e calore, ed erano estati bellissime.  Nel mio paese, l’Olanda, lasciavo pioggia e vento, mentre in Ticino c’erano il sole, le luci, i colori, che ora ritrovo nei miei ricordi e nei paesaggi di Ballerini. Mia zia Johanna parlava con grande ammirazione di Renato. Non era solo l’affetto sincero per il suocero, ma una viva stima per quello che aveva rappresentato. Rammento in particolare un ritratto a matita e una poesia che Renato le aveva dedicato e che vennero pubblicati sulla “Rivista di Lugano”. L’artista auspicava che anche in Svizzera venisse presto concesso il voto alle donne, possibilità che in Olanda esisteva già dal 1920. Il progetto di questa monografia (e la relativa mostra alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate, Cantone Ticino, Svizzera) nasce come omaggio a mia zia Johanna. Dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 2015, ho pian piano iniziato a metter ordine nell’archivio di famiglia immaginando un giorno di poter restituire a Renato un posto, il suo posto, nella storia di questo Cantone e della Città di Lugano. Un luogo che mi ha accolto anni fa, che ho sempre amato e nel quale mi trovo molto bene. Sono grato a Mariangela Agliati Ruggia, direttrice della Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, a tutto il suo team e in particolare a Simona Ostinelli, curatrice della monografia, per questa opportunità, che documenta la figura di Ballerini come pittore, scultore, illustratore e giornalista.

 Ecco i temi della Pittura di Ballerini

La “Sala delle capriate” raccoglie, per nuclei tematici, le opere di Renato Ballerini dagli anni dieci del Novecento fino alla fine degli anni Quaranta. L’artista, che la critica dell’epoca salutava come “abile disegnatore”, “esimio ritrattista”, “esperto pastellista” e pittore dotato di “maturità tecnica e di potenza di espressione”, ha frequentato generi diversi, trovando nel paesaggio e nel ritratto le sue migliori cifre stilistiche, ma dedicandosi anche alla natura morta e a scene di genere eseguite con tecniche diverse.

I paesaggi, che l’artista dipinge en plein air, sono dedicati a Lugano e ai suoi dintorni. Opere fresche, piacevoli, dai timbri squillanti, che restituiscono l’immagine di una città turistica, con la cattedrale, il lungolago in un giorno d’estate, il bus bianco pronto a partire, Parco Ciani e i bagnanti che prendono il sole alla Realismo magico,A questa Lugano “del bel tempo che fu”, che è ancora possibile riconoscere passeggiando per le vie del centro, fa da contraltare una serie di paesaggi dei comuni limitrofi, con i profili delle montagne appena accennati e uomini e donne al lavoro.

La figura umana, e in particolare il ritratto, è il soggetto che appare costantemente nella produzione e nella poetica di Ballerini, che si afferma infatti abile ritrattista. Sperimenta tecniche diverse, l’olio o il pastello. Dipinge ritratti di uomini politici, giornalisti, pittori, figure appartenenti alla borghesia luganese, ma non solo, cercando di raffigurare l’intima essenza del soggetto. Riconosciamo Guglielmo Canevascini, leader del Partito Socialista Ticinese, il Consigliere federale Giuseppe Motta e Marietta Crivelli Torricelli, anche nota come la “mamma dei poveri” per aver dedicato la sua esistenza ad aiutare i meno fortunati. Alle storie di questi personaggi, che siamo riusciti a documentare, se ne aggiungono altre di figure che non hanno un nome e che rimangono impigliate nel silenzio. Il pittore ha inoltre grande facilità nel ritrarre i bambini, mostrandone a volte i tratti severi, altre volte tutta la dolcezza.

Il periodo più felice di Renato Ballerini è quello del Realismo magico, in cui la pittura compatta le forme, schiarisce i toni e lamina i contorni: la vicinanza con i pittori italiani Ubaldo Oppi, Mario Sironi e Cagnaccio di San Pietro, che Ballerini vede a Milano già negli anni venti quando espone nelle sale della Permanente, si ritrova soprattutto e ancora nella ritrattistica e nelle composizioni di più ampio respiro, che raccontano di una ricerca che tenta di valicare il dato della verità, da sempre inseguito dall’artista, per un ritorno a una classicità raggiunta con esiti diversi.

La mostra mette in evidenza l’interesse di Ballerini per varie tecniche e forme espressive, quali la scultura (qui documentata grazie all’unica opera che siamo riusciti a rintracciare), il manifesto, un genere che all’epoca riscontrava grande successo, e il pastello, utilizzato non solo nella ritrattistica, ma anche nella composizione di scene di sapore domestico, con giovani intenti alla lettura o all’esercizio della musica.

Carlo Franza

 

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