L’ultima guerra di Mario Schifano 1988-1998. La mostra al Castello Gamba-Museo d’arte moderna e contemporanea di Châtillon (AO)
L’ultima guerra di Mario Schifano 1988-1998 è la mostra che il Castello Gamba-Museo di arte moderna e contemporanea della Regione autonoma Valle d’Aosta dedica al grande protagonista della pittura del Novecento fino al 25 settembre 2022. L’artista (1934-1998) è una delle presenze più importanti nella collezione permanente del Museo con Calore locale, Collinare, Per vedere, Orizzontale e Vista interrotta opere che sono il frutto di un periodo di residenza di Schifano in Valle D’Aosta tra il febbraio e il marzo del 1988 e che vengono presentate in mostra con un allestimento inedito, in rapporto con il paesaggio che le ha ispirate. Schifano lavorò febbrilmente in un’ala dell’antico priorato di Saint-Bénin producendo decine e decine di quadri, insieme a opere su carta, che vennero esposte alla Tour Fromage nella mostra Mario Schifano. Verde fisico, svoltasi dal 30 aprile al 24 luglio del 1988.
La mostra L’ultima guerra di Mario Schifano 1988-1998 – nata da un progetto di Casa Testori curata da Davide Dall’Ombra e realizzata dalla Regione autonoma Valle d’Aosta, Assessorato ai Beni culturali, Turismo, Sport e Commercio – ha come punto di partenza l’episodio valdostano del 1988 e vuole approfondire gli ultimi straordinari anni del percorso di Schifano, fino alla morte del 1998. Un decennio irripetibile per l’artista: anni febbrili e prolifici, magari contraddittori, di lotta corpo a corpo con le opere, di ritorno alla pittura e di “guerra” con la pittura stessa, come con le proprie dipendenze e ossessioni, anni segnati dalla consueta e inarrestabile urgenza creativa.
In principio fu “Chimera”. Le grandi opere degli anni ‘80 e ‘90 in mostra, sono introdotte da un video, curato da Casa Testori, che racconta la nascita di Chimera, l’opera monumentale realizzata da Schifano durante la performance di una sola notte a Firenze, nel 1985. Un momento cardine per comprendere la forza del gesto pittorico di Schifano e la natura comunicativa della sua opera, che ben spiegano il clima in cui nasce la disponibilità dell’artista all’esperienza di residenza valdostana di pochi anni dopo. Un episodio cardine per comprendere il confronto di Schifano con l’archeologia, fondamentale per la sua formazione e centrale anche nelle tele valdostane.
Capolavori per uno sguardo. Nei mesi drammatici che l’Europa sta vivendo oggi, appaiono di dolorosa attualità i “ritratti” della guerra in senso proprio che Schifano dedica alla crisi del Golfo. È un periodo, dalla fine degli anni ’80, in cui l’artista è particolarmente segnato dai media e dalla multimedialità. In anni di reclusione volontaria nella sua casa-studio, la televisione diviene per lui una finestra sul mondo e fonte ossessiva d’ispirazione. Rivolgendo la sua attenzione ai principali fatti di cronaca dell’epoca, della guerra ci restituisce uno sguardo proprio e struggente, declinato in opere imprescindibili del suo percorso. Nella sala principale dedicata alle esposizioni temporanee, sono presentate due opere monumentali dedicate al dramma della guerra in Iraq: Tearful [In lacrime] del 1990, diventata una sorta di autoritratto ideale dell’artista, e Sorrisi Scomparsi del 1991, l’unico volto possibile della tragedia in Kuwait. In Tearful il dramma della guerra è visto dall’interno del rapporto padre-figlio, partendo da una foto ritagliata dal «Time» del 10 dicembre 1990, dove un bambino ci guarda smarrito mentre il padre soldato, in partenza per il fronte, china la testa coprendosi il volto in lacrime. In Sorrisi scomparsi una folla di nuovi volti senza volto sono sovrastati dalla traduzione in arabo del titolo dell’opera e danno corpo al dramma collettivo del Kuwait.
La rielaborazione pittorica delle immagini televisive si affianca a quella fotografica. Schifano manda a stampare decine di rullini al giorno: foto scattate agli schermi TV che si accumulano nel suo studio a mazzi e sono coinvolte in un processo divorante e germinativo insieme.
In mostra vengono presentate quattro grandi composizioni in pannello incorniciate in plexiglass (293 x 186 cm cad.) che presentano oltre 1300 fotografie 10×15 cm ritoccate ad olio e pennarello, realizzate tra la fine degli anni Ottanta e il principio degli anni Novanta. Sono il frutto dell’occhio e della personalità vorace dell’artista: “Io mi sento come un media… Attraverso questa finestra [la TV] io catturo le immagini che più mi colpiscono, i messaggi provenienti dalla realtà drammatica che ci incalza. Ma non sono uno spettatore passivo. Mentre seguo sul video il susseguirsi vertiginoso degli avvenimenti, penso, rifletto, creo”. Una produzione sterminata che Emilio Mazzoli ha definito il “rosario di Schifano”, snocciolato durante il giorno ad ogni occasione libera, nel tentativo di lasciare un’impronta su quello che accadeva intorno a lui.
Omaggio a Emilio Mazzoli. La mostra nasce anche con l’intento di festeggiare gli 80 anni di una personalità cardine per la vicenda di Schifano come Emilio Mazzoli, tra i più importanti galleristi italiani, suo appassionato sostenitore in quegli anni. Per l’occasione, Mazzoli ha generosamente messo a disposizione del Castello Gamba, grazie al rapporto di collaborazione e stima con Casa Testori, le opere germinali di Schifano presentate e sarà eccezionalmente in mostra con il suo doppio ritratto, mai esposto prima d’ora, eseguito da Schifano tra il 1994 e il 1995: CARO EMILIO CONTINUA… (stampa e tecnica mista su carta applicata su tavola, 180 x 135 cm cad.). Un omaggio a un personaggio chiave per la cultura artistica italiana del dopoguerra, capace di cogliere il valore dell’artista ai suoi esordi e deciso nel sostenerlo e accompagnarlo, anche grazie al coinvolgimento delle penne critiche più rivoluzionarie del suo tempo, come Giovanni Testori e Achille Bonito Oliva.
Schifano tra la sua natura. L’altana del castello è dedicata alla puntuale ricostruzione, attraverso opere, documenti, immagini e testimonianze inedite, della vicenda della residenza di Schifano ad Aosta nel 1988, grazie al ritrovamento di un’inedita campagna fotografica della mostra e a bellissime foto di Schifano al lavoro nel suo studio aostano. Un episodio cardine che si inserisce in un momento culturale vivacissimo della Valle d’Aosta, con l’istituzione dell’Ufficio Mostre della Regione nel 1986 e una particolare attenzione alle attività espositive di carattere internazionale. L’energia della committenza e l’impegno di critici d’arte come Janus (Roberto Gianoglio 1927-2020), portarono, infatti, alla realizzazione di eventi espositivi originali, spesso di taglio monografico, con un flusso continuo di decine di mostre l’anno, tra il 1986 e il 1995, per oltre cento in totale. Gli artisti venivano invitati ad esporre i loro lavori, a condividerli con la collettività, e le mostre permisero anche un importante arricchimento delle collezioni della Regione. Lo documenta in mostra la collana Fabbri “Valle d’Aosta Cultura”, presentata nella sala del Museo Gamba dedicata alle committenze della Valle.
Carlo Franza