La mostra ripercorre attraverso una selezione di oltre 25 opere la ricerca dell’artista dai primi anni Sessanta all’inizio degli anni Settanta. Per l’occasione è stato ricostruito, nella sua versione originaria, lo storico ambiente immersivo Interfiore, presentato per la prima volta alla Galleria La Tartaruga di Roma  nel 1968.

A distanza di 60 anni dall’ingresso in collezione di due Intersuperfici di Paolo Scheggi nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, allora diretta da Palma Bucarelli, e dalla partecipazione dell’artista alla collettiva Monocroma a Bologna e Firenze, questa mostra intende analizzare la sua ricerca artistica dai primi anni Sessanta agli inizi degli anni Settanta, celebrando il 1963 quale data fondamentale per l’affermazione e la contestualizzazione di Paolo Scheggi a livello internazionale.

Making Spaces è il titolo dell’esposizione organizzata da Cardi Gallery a Milano in collaborazione con l’Associazione Paolo Scheggi, che dal 26 gennaio al 15

aprile 2023 presenterà al pubblico una selezione di oltre 25 opere di Paolo Scheggi.

Il percorso espositivo si snoda secondo due direttive che intendono, da un lato, indagare la progettazione integrata all’architettura che l’artista conduce elaborando i moduli spaziali alla base delle sue opere più note, dall’altro, offrire ai visitatori una panoramica ampia sull’approccio di Scheggi ai concetti di interazione, interspazio e di multimedialità anche attraverso inedita documentazione d’archivio.

La mostra è pensata come un dialogo tra Intersuperfici, Inter-ena-cubi – opere realizzate con moduli di cartone colorato fustellato e plexiglas, oppure con moduli di metallo smaltato monocromo – ambienti e progetti di integrazione plastica all’architettura – che rappresentano un ciclo affascinante di produzione tra il 1962 e il 1971, elaborato da Scheggi grazie al dialogo con Bruno Munari, Nizzoli Associati, Mario Brunati, nel contesto di collaborazioni con riviste quali Casabella, Domus e In – lettere e schizzi progettuali, disegni e maquette di ambienti che costituiscono il corollario teorico e programmatico dei suoi lavori.

Per l’occasione, verrà anche ricostruito il grande ambiente immersivo Interfiore (1968), realizzato con 68 anelli fluorescenti in legno e luce di Wood sospesi nel buio, per una decisa “invasione” dello spazio architettonico tanto cara all’artista.

“Fontana aveva messo per iscritto la sua stima nei confronti di quei quadri così profondamente neri, bianchi, rossi, in una lettera carica di presagi rispetto alla carriera intensa e folgorante che Scheggi stesso avrebbe percorso – sottolinea la curatrice Ilaria Bignotti; una carriera confermata, ancora nel 1963, dalla sua prima partecipazione in una mostra all’estero: è a Bruxelles, alla mitica Galerie Smith, che le sue Intersuperfici si affacciano alla scena internazionale. Bastino questi dati per comprendere la valenza scientifica della mostra oggi da Cardi Gallery inserita nel contesto della città di Milano, luogo nevralgico per l’artista di origine fiorentina: qui Scheggi poté trovare un laboratorio cosmopolita e aperto a tutti i linguaggi che egli seppe, nell’arco di un incandescente decennio, sperimentare, travalicando ogni confine”.

L’esposizione racconta anche il ruolo che ebbero celebri critici, progettisti e produttori con i quali Scheggi strinse collaborazioni, come Germano Celant, Angelo Fronzoni, Alessandro Mendini, Gian Mario Oliveri, Giancarlo Sangregorio, e con i quali nel 1965 l’artista firmò il volume dattiloscritto Ipotesi di lavoro per la progettazione totale presentato al Collegio Regionale Lombardo degli Architetti a Milano, fino alla collaborazione con la Fabbrica Poggi che vide la produzione di oggetti plastico-visuali anche legati all’arredo, e al suo ruolo di consulente visuale per i grandi concorsi di progettazione urbanistica tra il 1966 e il 1969. Questo appuntamento si pone in un momento particolarmente vivace per gli studi sull’opera dell’artista, in cui i concetti di interazione e interscambio tra lo spazio, lo sguardo, e il tempo di percezione e di esperienza, sono al centro di un interesse di respiro internazionale, come dimostra l’ingresso nel 2022 nella collezione permanente della Tate Modern Londra di un Inter-ena-cubo formato da moduli smaltati rossi, attualmente esposto nella mostra internazionale The Dynamic Eye: Op and Kinetic Art from Tate Collection in corso al MAP-Museum of Art di Pudong, Shanghai (Cina). Accompagna la mostra un volume di Silvana Editoriale.

Paolo Scheggi nasce a Settignano (Firenze) nel 1940. Dopo gli studi artistici inizia una ricerca di ardita sperimentazione che lo porta a superare rapidamente le istanze dell’Informale. A Milano dal 1961, stringe un rapporto di vivace collaborazione con Germana Marucelli ed entra in contatto con l’ambiente artistico del capoluogo lombardo, suscitando l’attenzione di Lucio Fontana dal 1962. Seguito dalla critica più influente dell’epoca, da Argan a Bucarelli, da Belloli a Celant, da Dorfles a Kultermann, è riconosciuto tra gli esponenti della Pittura Oggetto, elaborando un personale linguaggio plastico-visuale che si estende poi a livello ambientale e prosegue, nell’ultima fase della sua ricerca, in direzione teatrale e performativa, con azioni urbane e successivamente volge ad una indagine mitico-politica in chiave metafisica. A contatto con i movimenti e i gruppi di ricerca internazionali, partecipa alle principali esposizioni del tempo, da Parigi a Buenos Aires, da New York ad Amburgo, da Düsseldorf a Zagabria, fino alla sua prematura scomparsa, nel 1971.

Carlo Franza

 

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