Segno, parola, immagine. La poesia visiva in mostra alla Fondazione Mudima di Milano
La Fondazione Mudima ha inaugurato la mostra dal titolo L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine a cura di Giacomo Zaza, con opere di Nanni Balestrini, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Ugo Carrega, Luciano Caruso, Giuseppe Chiari, Betty Danon, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Magdalo Mussio, Luciano Ori, Stephanie Oursler, Lamberto Pignotti, Berty Skuber.
Il titolo della mostra fa riferimento agli scambi perpetui che dagli anni Cinquanta in poi hanno caratterizzato una certa produzione artistica che afferisce al linguaggio, alla poesia, alla letteratura, e che ha generato degli spostamenti tra l’immagine, il segno e la parola, creando spazi e tempi dalla valenza polisemantica. In questo senso, puntuale è un assunto relativo al linguaggio pensato e scritto da Cesare Brandi: “Testo letterario e testo figurativo si pongono naturalmente come due formazioni parallele, indipendentemente dal fatto che insistano o no su uno stesso genotipo o per dirlo in modo meno formale ma più corrente, sullo stesso contenuto”. Ed è proprio da qui che parte la riflessione sull’idea di opera d’arte come “linguaggio oggetto” che si sviluppa nella produzione di un gruppo di artisti e poeti attivi da diverse decadi, che fanno del linguaggio elemento chiave del loro operato, sia dal punto di vista del significante che da quello del significato.
Quello entro cui lavora ognuno degli artisti in mostra è un ambito di confine, in cui la parola assume un ruolo centrale. La PAROLA non ha solo un valore etico, legato al significato e al messaggio che esso trasferisce, ma ha anche un valore estetico legato all’aspetto, alla sua forma, al contesto entro il quale si colloca. Essa si dispiega sulla superficie come graphè e phonè, linguaggio e voce, dichiarando la natura ibrida e “meta – orfica” del segno. A volte entra in simbiosi con un’immagine “iconica” (tratta dai media) per produrre nuovi rapporti e discorsi. Un processo di intersezione dai risvolti decisamente performativi.
L’idea della mostra insiste su opere che possono essere valutate sul piano dell’espressione e sul piano del contenuto. Gli artisti e le artiste presenti sono spesso anche poeti e poetesse e in questo senso i confini linguistici scompaiono o quantomeno si assottigliano ulteriormente in favore di nuovi territori. La parola rimane tale o diventa segno, ma continua a farsi portatrice di significati e di visioni (immagini che a loro volta sono altresì contenuto e forma).
Carlo Franza