Il campanello d’allarme sulla denatalità in Italia spaventa e non poco. Ma il problema è ancora più amplificato per il Sud, quel territorio dove le famiglie una volta avevano cinque e più figli. Oggi non è più cosi, e se il problema una volta toccava maggiormente il Nord Italia, oggi è il Sud Italia – Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna- a soffrire di ciò. Futuro amaro e nero se vogliamo prendere a modello un colore. Il Sud langue, con mancanza di matrimoni, aumento vertiginoso di single con cagnolino, e soprattutto mancanza di nascite. Il macho del sud con l’ostentata virilità è un ricordo degli anni Sessanta e Settanta del Novecento, un ricordo troppo lontano. Mi sono portato in Basilicata e in Puglia per un’inchiesta di questo tipo e non vi dico cosa e quanto ho scoperto.  Queste regioni sono ormai invase da RSA perché la popolazione è invecchiata e queste residenze oltrechè business sono al limite. A distanza di un anno e da quando per l’appunto mi sono interessato dell’argomento, ho ancora fatto un giro nei paesi del Salento, in Puglia nel leccese, da Lecce a Leuca, Castrì, Muro leccese, Otranto, Marittima, Sanarica, Castro, Maglie, Zollino, Tricase (da qui partì Prodi con il bus fondando l’Ulivo), Barbarano, Alessano (il paese di Don Tonino Bello), Morciano, Patù, Gagliano del Capo, Specchia, Taurisano, Casarano,  Miggiano, Giuliano e potrei continuare. Viaggio in Puglia, ma avrei potuto farlo in Calabria o in Sicilia o in Sardegna, in Basilicata o in Campania. I paesi e le cittadine del Sud sono ormai presidio di anziani, anziani con mille problemi, tanti anziani. Un aumento vertiginoso di RSA  e di badanti straniere.

La progressiva perdita di capitale umano al Sud rischia di comprometterne le già difficili prospettive di crescita nel medio-lungo termine. Secondo i dati, infatti, nel 2022 la popolazione italiana si è ridotta di 824 mila unità rispetto al 2019, di cui il 60% concentrato nel Mezzogiorno (Molise, Calabria e Basilicata le Regioni con i maggiori cali percentuali); tra il 1996 e il 2019 la popolazione del Nord è cresciuta del 9,3%, quella del Sud si è ridotta del 2%.

L’Italia è sempre più spopolata. “Fra 50 anni in Italia, se non cambiano le dinamiche attuali, vivranno 47,6 milioni di persone, con una composizione sociale nella quale gli anziani, che già oggi sono il doppio dei giovani, saranno sempre di più. Questo ci dice la statistica, che fornisce a chi deve decidere gli strumenti per farlo”. Lo ha detto Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, intervenendo a Novara alla prima tappa di “Looking 4”, il percorso partecipativo promosso da Fondazione Cariplo per sottolineare il trentennale della propria attività. Blangiardo ha rapidamente ricostruito l’andamento demografico del nostro Paese negli ultimi decenni.

«Negli ultimi 70 anni» ha spiegato «l’Italia è cambiata: negli anni della ricostruzione e del miracolo economico c’erano tanti giovani. Poi la base della piramide demografica si è stretta sempre più». Una tendenza che, ha spiegato Blangiardo «si è alimentata negli anni del Covid, in cui» ha detto «abbiamo vissuto, oltre che un aumento delle morti, una diminuzione pesante delle nascite. Una tendenza che si è consolidata nel tempo. Nel primo trimestre del 2022 abbiano 10.000 nati in meno rispetto allo stesso periodo di due anni prima».

“La tendenza alla trasformazione della nostra società», ha spiegato il presidente dell’Istat «pone ai decisori politici, ma anche alle realtà comunitarie di base, la necessità di ripensare le politiche di welfare. È ovvio – ha aggiunto – che bisogna destinare attenzione e risorse alla cura e alla salute degli anziani che saranno sempre di più tenendo anche conto dell’indebolirsi della famiglia e della stessa struttura economica della società, perché un Paese che perde milioni di abitanti è certamente meno forte sul mercato”.

“Corrono tempi cattivi ma si preparano tempi peggiori” è la traduzione della frase latina “Mala tempora currunt sed peiora parantur” pronunciata secondi gli storici da Marco Tullio Cicerone. E’ un’espressione antica che viene ancora utilizzata di sovente in diversi contesti e situazioni, che si potrebbe anche leggere come “il peggio deve ancora venire” o “al peggio non c’è mai fine”.

Con questa frase si intende che il periodo storico in cui si vive non è dei migliori e che purtroppo il futuro si preannuncia altrettanto brutto. Si può utilizzare a livello personale, per descrivere il brutto momento che si sta attraversando, pieno di difficoltà e di incognite, o la situazione generale del Paese in cui la società è attraversata da crisi, guerre o altri fatti tragici dei quali non si vede la fine. Quale appunto la denatalità.

Carlo Franza

 

 

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