La Fondazione Magnani-Rocca dal 9 settembre al 10 dicembre 2023 nella sede di Mamiano di Traversetolo presso Parma dedica a Umberto Boccioni una grande mostra – a cura di Virginia

Baradel, Niccolò D’Agati, Francesco Parisi, Stefano Roffi – composta da quasi duecento opere, tra cui spiccano alcuni capolavori assoluti dell’artista.
La mostra si sofferma sulla figura del giovane Boccioni e sugli anni della formazione affrontando i diversi momenti della sua attività, dalla primissima esperienza a Roma, a partire dal 1899, sino agli esiti pittorici immediatamente precedenti l’elaborazione del Manifesto dei pittori futuristi nella primavera del 1910. Un decennio cruciale in cui Boccioni sperimenta tecniche e stili alla ricerca di un linguaggio originale e attento agli stimoli delle nascenti avanguardie. La mostra intende non solo documentare il carattere eterogeneo della produzione boccioniana, ma soprattutto ricostruire i contesti artistici e culturali nei quali l’artista operava.Viene così fatta luce sulle vicende artistiche tra il 1902 e il 1910, offrendo un panorama più ampio su un periodo fondamentale per l’attività di Boccioni che permette di porre in prospettiva lo svolgersi della sua ricerca.
La mostra è suddivisa dunque in tre sezioni geografiche legate alle tre città che hanno rappresentato punti di riferimento formativi per l’artista: Roma, Venezia e Milano, curate rispettivamente da Francesco Parisi, Virginia Baradel e Niccolò D’Agati. Una speciale attenzione è dedicata ai lavori a tempera per finalità commerciali e alle illustrazioni, presentati nella quasi totalità, che permettono di rilevare l’importanza di questa produzione nell’ambito di una sperimentazione che va dalle primissime prove romane sino agli esiti più compiuti e artisticamente complessi degli anni milanesi.
Lo studio delle fonti, a iniziare dai diari e dalla corrispondenza di Boccioni entro il 1910, e le recenti e approfondite indagini hanno portato nuovi elementi utili alla conoscenza di questa fase della sua attività. L’obiettivo, diversamente da quanto spesso accade nelle rassegne dedicate alla parabola divisionismo-futurismo, è quello di seguire la formazione boccioniana al di fuori di una logica deterministica legata all’approdo al futurismo, ma di cogliere la definizione di un linguaggio e di una posizione estetica in rapporto alle coeve ricerche che si strutturavano e che caratterizzavano i contesti coi quali l’artista entrò in contatto.
A documentare questo percorso sono esposte alcune delle opere a olio su tela più note della prima produzione dell’artista, come Campagna romana del 1903 (MASI, Lugano), Ritratto della sorella del 1904 (collezione privata, in deposito presso Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia), Ritratto della signora Virginia del 1905 (Museo del Novecento, Milano), Ritratto del dottor Achille Tian del 1907 (Fondazione Cariverona), La madre del 1907 (collezione privata), Autoritratto del 1908 (Pinacoteca di Brera, Milano), Il romanzo della cucitrice del 1908 (Collezione Barilla di Arte Moderna), Controluce del 1909 (Mart, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto), Ritratto di gentiluomo del 1909 (collezione privata), Contadino al lavoro del 1909 (Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma), Ritratto di Fiammetta Sarfatti del 1911 (collezione privata) nonché tempere, incisioni, disegni.
L’accostamento di volta in volta alle opere di artisti come Giovanni Segantini, Giacomo Balla, Gino Severini, Roberto Basilici, Gaetano Previati, Mario Sironi, Carlo Carrà, Giovanni Sottocornola, spiega e illustra le ascendenze e i rapporti visuali e culturali che costruirono e definirono la personalità artistica di Boccioni.

Roma. Partendo dalla prima tappa che ha segnato indelebilmente l’evoluzione artistica di Boccioni, si dedica attenzione agli anni del soggiorno romano, quando Giacomo Balla aveva introdotto il giovane Boccioni alla nuova tecnica divisionista “senza tuttavia insegnarcene le regole fondamentali e scientifiche” come ricordava nelle memorie il compagno Gino Severini. La vivacità e complessità del contesto romano è restituita grazie alla presenza in mostra di opere che ricostruiscono visivamente la cultura sperimentale di quegli anni che costituì la base essenziale della formazione boccioniana in una articolata stratificazione di stimoli artistici e intellettuali attorno alle personalità di Sartorio, Balla, Prini e dei più giovani coetanei di Boccioni, da Ferenzona a Sironi. In mostra, si documenta anche la produzione “commerciale” di Boccioni affiancandola ai modelli ai quali si rivolgeva l’artista per la realizzazione dei propri lavori. Questo, dal momento in cui il periodo romano non segnò solo il progressivo avvicinamento dell’artista alla pittura, ma anche a quello dell’illustrazione commerciale – la réclame – che rappresentava come prodotto artistico, una perfetta e “straordinaria espressione moderna”.

Venezia .Il secondo approdo della formazione boccioniana è rappresentato dai soggiorni padovani e dal soggiorno veneziano che coincide con la Biennale del 1907. Questa sezione intende mettere a fuoco tanto il progredire della pittura di Boccioni, quanto la posizione estetica dell’artista rispetto a ciò che ha modo di osservare e conoscere a Venezia. Trovano posto in questa sezione alcune delle più importanti opere eseguite a Padova prima e dopo il soggiorno parigino del 1906. Una selezione di dipinti di pittori veneziani fa da controcanto ai commenti espressi nella visita alla Biennale che criticano i pittori del “vero”, orientando l’attenzione piuttosto verso il simbolismo notturno della cerchia di Marius Pictor. Ciò funge da importante testimonianza che permette al visitatore di comprendere appieno le inclinazioni e le predilezioni estetiche di Boccioni che deplora verismo e sentimentalismo mentre aspira a un’arte che rechi “un’impronta nobilissima di aspirazione a una bellezza ideale” come scrisse commentando la Sala dell’arte del Sogno. Riguarda il periodo veneziano il focus presente nella mostra relativo all’avvicinamento dell’artista al mondo dell’incisione, sotto la guida di Alessandro Zezzos. In tale sezione vengono infatti esposte opere grafiche di Boccioni che permettono di ricostruire lo sviluppo della sua attività incisoria nel periodo veneziano e successivamente milanese; per la prima volta vengono presentate le lastre metalliche incise da Boccioni, recentemente ritrovate.

Milano. Il terzo momento fondamentale della formazione boccioniana è rappresentato dall’arrivo a Milano. L’importanza del confronto con il capoluogo lombardo è suggerita nella mostra dall’accostamento delle opere di Boccioni a quelle degli artisti maggiormente influenti nella Milano di inizio secolo, in particolare dei maestri storici del divisionismo locale, da Longoni a Sottocornola e Morbelli, da Segantini a Previati, cercando di mettere in evidenza il posizionamento dell’artista nei confronti dell’eredità di questa cultura all’interno di una più articolata e complessa frangia sperimentale che rielaborava e rivitalizzava le conquiste tecniche e culturali degli anni Novanta tra divisione cromatica e tensioni simbolico-ideali.
Nel ricostruire il percorso, centrato attorno al superamento della posizione naturalista di partenza, si presenta in mostra una selezione di opere che, spaziando dall’illustrazione al disegno sino alla pittura, ripercorre attraverso dei nuclei tematici – dal paesaggio alle composizioni simboliche passando per le variazioni compositive sui ritratti e le figure femminili – la definizione di una impronta personale che rispecchia la tensione verso l’Idea manifestata da Boccioni nei suoi scritti giovanili.

Carlo Franza

 

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