La LeoGalleries di Monza da anni impegnata sul fronte delle riscoperte futuriste apre le porte a Ivanhoe Gambini, artista futurista, grafico e architetto. Nato a Busto Arsizio nel 1904, Gambini rappresenta l’artista futurista per il quale “l’arte è inseparabile dalla vita”, come proclamava a tambur battente Marinetti.

La mostra ha per titolo “Il dinamismo futurista di Ivanhoe Gambini”, a cura di Maurizio Scudiero, ed è visitabile fino al 27 gennaio 2024, proponendo opere tutte declinate in chiave futurista, come spiega il curatore. “La sua cifra erano le linee essenziali, i volumi netti e i colori sgargianti. I suoi bozzetti mostrano una morbidezza poiché fu uno dei primi artisti in Italia a utilizzare la tecnica dell’aerografo”.

In esposizione vengono mostrati diversi progetti pubblicitari realizzati negli anni Trenta, dalle copertine dei libri (Filmindustria, la Patente automobilistica) alle riviste, come la collaborazione con la rivista del Club Alpino Italiano e ancora le illustrazioni prodotte per riviste nautiche, di architettura e naturalistiche.

Ma il contributo più interessante che lo fa ritrovare nella truppa futurista si manifesta poi con le opere di aeropittura esposte nella storica galleria di Monza, ormai punto di riferimento italiano per il settore. Di un certo interesse paiono tre opere come l’idrovolante rosso che celebra il record della velocità di Francesco Agnello, nel 1934, sulle acque del lago Garda. E poi ancora Ancillotto, che descrive un’azione dell’attacco aereo di Draken, durante la Prima Guerra mondiale, e il celebre Quota 3000, del 1933. Movimento, volo, luce, tutti motivi che caratterizzano il lavoro di Gambini. Non da meno il suo lavoro spazia ad ampio raggio, con tecniche diverse, in mostra sono proposte anche un gruppo di ceramiche, a testimoniare la versatilità dell’artista e la contaminazione che la corrente futurista ha portato nei diversi aspetti della vita. Nascosto al grande pubblico per decenni, conosciuto solo da taluni addetti ai lavori, la rivalutazione di Gambini è arrivata a metà degli anni Ottanta, quando la contessa Maria Fede Caproni e lo stesso Scudiero, lo coinvolsero in nuove mostre futuriste dopo mezzo secolo. Gambini è morto  a Busto Arsizio nel 1992.

Ivanhoè Gambini, figlio primogenito dell’architetto liberty Silvio Gambini e di Dircea Pedrazzini, nasce a Busto Arsizio il 25 marzo del 1904. Dopo aver frequentato le scuole tecniche entra nello studio paterno nel 1923 attendendo a diverse mansioni: dallo sviluppo grafico dei progetti, all’assistenza durante i lavori di costruzione. Aderisce al movimento futurista nel 1928 partecipando l’anno successivo alla mostra organizzata dal Gruppo radiofuturista lombardo a Varese. Nello stesso anno partecipa all’esposizione organizzata alla Galleria Pesaro Trentatre artisti futuristi organizzata da Filippo Tommaso Marinetti. La produzione di questi anni di Gambini è rivolta alla pittura e alle arti applicate, soprattutto decorazione di ceramiche. Nella pittura, prima di dedicarsi completamente al soggetto aereo, Gambini affronta temi e motivi della tarda stagione déco risolti con forme genericamente riferibili all’ambito prampoliniano. Le tappe espositive di Gambini sono legate soprattutto all’attività dei futuristi nella milanese Galleria Pesaro. E’, tuttavia, la grande esposizione futurista del 1933, organizzata a Roma al Palazzo del Sindacato degli Ingegneri a segnare il successo della formula pittorica ideata da Gambini attraverso l’impiego dell’aerografo. Tutte le recensioni alla mostra rilevano gli effetti di forte suggestione derivata dalle tinte spruzzate che aumentano la percezione di dinamismo delle macchine aeronautiche da lui dipinte. I suoi soggetti, infatti, in quegli anni, si concentrano sulla celebrazione dell’epopea aeronautica italiana arrivando a collaborare al progetto, nel 1934, della Sala dell’alta velocità alla Mostra dell’aeronautica organizzata al Palazzo dell’Arte di Milano. Sono gli anni della massima notorietà dell’artista che partecipa ormai alle grandi manifestazioni artistiche quali le Biennali di Venezia del 1930-34-36, la II Quadriennale romana del 1935, le esposizioni coloniali del 1931 e del 1934 e la Olimpische Kunstaustellung del 1936 in occasione dell’XI Olimpiade. Parallelamente continua intanto la sua attività nel campo delle arti applicate e soprattutto della grafica con l’illustrazione di riviste (“Fiamma italica”, “La rivista illustrata del Popolo d’Italia”), di libri e la preparazione di manifesti pubblicitari, etichette e cartoline. Dalla fine del 1936 l’artista non partecipa più ad esposizioni futuriste dedicandosi al disegno architettonico nell’Ufficio Tecnico del Comune di Busto Arsizio. In quell’ambiente ha modo di far apprezzare le qualità innovative dei progetti, delle soluzioni architettoniche da lui adottate e di aggiornamento dei materiali usati (Progetti della Pesa Pubblica 1935, Palazzina delle Imposte 1936-38, Piscina comunale “Costanzo Ciano”, 1938-39). Il dopoguerra vede Gambini attivo nel campo della ceramica, partecipando a numerose esposizioni ed eseguendo diverse decorazioni murali per le nuove costruzioni cittadine.  Ivanhoè Gambini muore a Busto Arsizio il 23 dicembre 1992.

Carlo Franza

 

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