La “Solitudine di Israele” il libro del filosofo francese Bernard-Henri Lévy. Un libro che avvolge la Storia, un popolo, la tragedia e la barbarie.
Un libro che scuote le coscienze. Un libro che interroga. Un libro che ci consegna la brutta, bruttissima, storia di oggi. 174 pagine infuocate, vere, fin troppo vere, nate e dettate con urgenza, quelle del filosofo francese Bernard-Henri Lévy. Solitudine d’Israele, l’ultimo saggio pubblicato dalla Nave di Teseo (traduzione di Raffaella Patriarca) in libreria, avvolge l’intero pianeta colpevole del negazionismo quasi universale che ha accolto il ritorno del male assoluto esploso il 7 ottobre 2023. L’8 ottobre 2023 Lévy era andato là, sul luogo della tragedia, da filosofo e non da cronista, tra le case di Sderot, una delle cittadine ai confini di Gaza colpite dalla furia di Hamas. Un mondo di desolazione, morti disseminati per strada, e poi, tra i kibbutz, in mezzo alle case spettrali un silenzio assordante, pietoso, e i sopravvissuti, “di nuovo i sopravvissuti” che raccontano i barbari spuntati dal nulla, feroci, assassini, e poi la raccolta dei morti violati, a volte decapitati, altre fatti a pezzi, o ancora carbonizzati, “carni intraviste e indistinte, odore denso”. “I lupi sono entrati in città; li percepiamo, li sentiamo; sono in giardino, in salotto, nella stanza dei bambini; proprio in questo momento, entro mi spingo contro la porta, stanno tentando di forzare la serratura…”. È una delle telefonate di un testimone “in diretta” – difficile che sia vivo – dell’arrivo dei “lupi” in una giornata qualunque della vita, era il 7 ottobre 2023, un giorno entrato nella Storia con le maiuscole, il Sette Ottobre, data dell’Orrore di oggi e che si associa alla parola scandalosa del Novecento, Shoah, la caccia all’ebreo in quanto ebreo condotta in modo “scientifico”. Ma quella di Israele è una “solitudine” metafisica, va oltre la storia, oltre la politica. Una solitudine che tracima nell’odio, nell’odio bestiale. “E poi altri sopravvissuti, quelli del rave party o quelli di Be’eri evacuati a Tel Aviv che mi raccontano dei barbari spuntati dal nulla: la loro ferocia muta e senza fiato: le corse all’impazzata; le mitragliate; le moto lanciate a tutta velocità e sulle quali arrivavano in due, talvolta in tre, le gambe del terzo che scalciavano nel vuoto; i volti grigi nei quali si distinguevano solo all’ultimo momento gli occhi luccicanti di odio…”. Ecco i “lupi” che fanno quelli che fanno, a donne, vecchi, bambini, “gli ebrei massacrati in quanto ebre”, tutto ciò e così “non era mai successo”, scrive Henri-Lévy. È come se il Male del Mondo avesse strisciato come una serpe velenosa dai “binari vuoti di Auschwitz” fino alla piana di quel rave party, dove la gioia si è mutata in una tragedia eterna. Annota: “Non c’è posto al mondo in cui gli ebrei siano al sicuro, è questo il messaggio. Ci troviamo tutti catapultati in una situazione che è stata dei nostri antenati e alla quale pensavamo di essere sfuggiti”. Questa è la verità di Bernard-Henri Lévy, l’ebreo non è mai stato al sicuro e oggi meno di ieri. La Storia ritorna indietro. Per un liberale e illuminista come Henri-Lévy inaccettabile. “Si tratta di Israele e l’82 per cento del pianeta esige da lei la moderazione che non hanno mai chiesto a nessun altro Stato aggredito e minacciato di essere distrutto. Si tratta di Israele e partiamo dal presupposto, impensabile altrove, che non abbia il diritto di difendersi o che debba accontentarsi di un Hamas indebolito ai suoi confini”.
Ma non è per fare la cronaca che Bernard-Henri Lévy è andato in Israele. Le pagine del libro, la prosa, le parole sono non solo affascinanti ma dense di interrogativi, di umanità, di dolore, di dramma, di sangue. Con il “cuore ghiacciato” Henri-Lévy sa bene che si sono verificati una “deflagrazione”, uno “spostamento d’aria che non assomigliano a niente di conosciuto e cambieranno il corso delle nostre vite”. Un Evento millenario, da terzo millennio. Come gli aerei lanciati sulle Torri Gemelle, l’invasione russa dell’Ucraina che infrange le regole dell’ordine internazionale dopo il nazismo. Un Evento, con più di 1200 morti, ben 250 ostaggi, tutto diffuso in tempo reale sui social in cui molti nel mondo esultavano di aver sgozzato degli ebrei.
L’autore analizza nel libro che cosa è cambiato fuori e dentro lo Stato ebraico dopo la strage compiuta da Hamas il 7 ottobre del 2023. Cosa è successo davvero il 7 ottobre 2023, il giorno degli attacchi di Hamas a Israele? È stata un’aggressione che ha colpito soltanto il mondo ebraico, o un fatto che riguarda la coscienza universale? Si è trattato di un episodio atroce in quello che è l’infinito conflitto israelo-palestinese o una fase della guerra globale intrapresa contro le democrazie e i loro valori? Qual è il collegamento con l’invasione dell’Ucraina? Che significato ha l’alleanza, attorno ad Hamas, tra Iran, Turchia, Russia, Cina, islamismo sunnita? La risposta israeliana è stata “proporzionata”? E possiamo, senza tremare, paragonare le vittime civili di Gaza a quelle di Mosul, liberata dallo Stato islamico otto anni fa? O avvicinare il dolore per i bambini morti nella Striscia a quello provato per i loro coetanei gassati da Bashar al-Assad a Damasco, annientati dalla guerra in Darfur, annegati nel viaggio verso Lampedusa? In questo clima, come arresteremo l’ondata di antisemitismo che sta dilagando nel mondo? La solitudine di Israele è davvero irrimediabile? Queste sono alcune delle domande che Bernard-Henri Lévy pone in questo saggio di rabbia e di lotta, che fa tremare i polsi a tutti gli uomini di buona volontà, nel solco di Michel Foucault e Jean-Paul Sartre: una riflessione a tutto campo sul destino di un popolo attraversato dalla storia, dalla morte e dal dolore, e sulle speranze di una pace che non si intravede, per i troppi nemici che ballano una danza funebre.
Bernard-Henri Lévy( Béni-Saf-Algeria,1948). Filosofo e giornalista francese, uno dei più noti esponenti, insieme con André Glucksmann, del gruppo dei ‘nuovi filosofi’. Dopo la laurea in filosofia all’Ecole Normale Supérieure di Parigi, fece un viaggio in Bangladesh, di cui parlò nel suo primo libro, Bangla-Desch: nationalisme dans la révolution (1973). Nei suoi primi lavori, in particolare La barbarie dal volto umano (1977), Lévy svolse una radicale critica della società contemporanea, attaccando violentemente sia il comunismo sia il capitalismo, considerati ideologie ingannevoli che la filosofia, ‘guardando in faccia l’orrore’, deve smascherare. Con Il testamento di Dio (1979) recuperò le istanze dell’originario insegnamento biblico, secondo cui l’esistenza deve configurarsi come resistenza al disordine del mondo e alla violenza. Levy insegna all’Ecole Normale Supérieure di Parigi e all’Università di Parigi e all’Università di Strasburgo.
Carlo Franza