Da qualche anno non avevo più notizia di Roberto Rampinelli, artista lombardo di raffinato spessore, che ebbi modo di seguire per anni e che invitai in più mostre, io stesso anni fa mi feci promotore di una sua mostra di grafica che presentai in catalogo presso la Biblioteca Centrale Sormani e voluta dal Comune di Milano. Una pittura insolita, appartata, intima, preziosa, carica di poesia e di misteri, perché l’artista si è da sempre guardato attorno -così come faceva Morandi- focalizzando lo sguardo su oggetti e cose semplici. Poi fatte divenire grandi, superlative. Un racconto dove la realtà sfugge al realismo tout-court per divenire realismo magico, lo stesso che fu di altri artisti negli anni Trenta del Novecento. Nelle sue carte e nei suoi teleri campeggiano, come fossero su un altare, delle reliquie che attirano lo sguardo, piccole cose, le stesse raccontate dal poeta Guido Gozzano in quella poesia che titola “L’amica di nonna Speranza”, tratta da I colloqui (1911), in cui il poeta, sfogliando un album, ritrova una foto scattata nel 1850 che ritrae la nonna Speranza con l’amica Carlotta. L’artista ha raccolto nei suoi dipinti cose e oggetti quotidiani, tutto avvolto in poetica silenziosa che sa di interrogante e misterioso, le piccole cose e gli oggetti quotidiani parlano un linguaggio universale, portano a riflessione e meditazione. Tutto ciò si coglie grazie alla Fondazione Banca Popolare di Lodi che presenta fino al 21 aprile presso la Bipielle Arte di Lodi la mostra dell’artista bergamasco Roberto Rampinelli dal titolo “Sguardi”, con il patrocinio della Provincia di Lodi e del Comune di Lodi. “Sguardi” si presenta come un’antologica con oltre ottanta lavori a coprire quarant’anni di ricerca, dal 1985 al 2025, dove la grafica riveste un ruolo centrale nell’opera intera dell’artista Rampinelli, personaggio silenzioso, apparentemente timido, coerente da sempre, che ha lasciato un magistrale insegnamento alla Scuola del Castello Sforzesco. Molti sono lavori su carta, la carta è divenuta un prezioso alleato, con lei ha trovato un sodalizio perfetto, su di essa ha lasciato vivere creatività, disegno, magia; nelle tecniche a stampa è divenuto impareggiabile.  Il rappresentato vive in un’aura preziosa, magica, silenziosa, metafisica, e tutto ciò scatena nello spettatore e nel collezionista un trasporto superlativo, per

via di un intreccio tra luce, colore, forma e segno.

La tecnica incisoria, campo di esplorazione privilegiato dell’artista, con la sua capacità di trattenere e fissare l’impronta del gesto gli permette d’altronde di dar vita a immagini che sembrano emergere da una tensione interiore. Qui il segno si fa più deciso, ma sempre con una ricerca di equilibrio: ogni incavo nella matrice è pensato per costruire una

trama visiva che parli direttamente alla sensibilità di chi osserva.

In mostra troviamo due opere giovanili realizzati nella seconda metà degli anni Ottanta che aprono l’intero percorso e si chiude con un lavoro del 2025, e badate bene che nei tre lavori vi compare la figura umana, elemento raro, se non rarissimo nelle opere di Rampinelli: “Impronta” (1985) e “Angeli” (1990) entrambi a tecnica mista su base litografica, e “L’uomo e la montagna” (2025) in tecnica mista su carta antica.

Un percorso venticinquennale di opere, con duro e certosino lavoro, che incorniciano la ricerca di Roberto Rampinelli sia nelle incisioni che nei dipinti, e certamente con sguardi e ispirazioni che rimandano sia a Piero Della Francesca alla pittura quattrocentesca italiana, e poi a Carlo Carrà e Giorgio Morandi.

La tematica che lo ha accalorato in questo itinerario è stata la natura morta con oggetti, frutti e fiori che narrano la vita, il mondo, l’esistenza, la nascita e la morte, lo scorrere del tempo.  E tutto ciò parte

certamente da quell’apprendistato che Rampinelli ha avuto dalla formazione dell’artista ad Urbino con i maestri Renato Bruscaglia e Carlo Ceci; basti osservare la serie delle “Urne” (2020), “Ciotola nera e vasi” (2023) e “Conchiglie remote” (2016), mentre la serie “Classico” (2024), con la testa marmorea  rapporta passato e presente in una dimensione senza tempo. Un capolavoro di grande intensità è quell’ “Ala Perduta” del 2025.

Senza tralasciare come accanto alle nature morte, i paesaggi trovano nella produzione di Rampinelli uguale incidenza. Per lui, il paesaggio è specchio interiore, specchio dell’anima, un mondo che sa di paradiso, di un’Ade attesa, e ricercata come lo fu nella tradizione romantica. Pittura come poesia, e poesia come pittura, tutto si confronta e convive, e vi assicuro che Rampinelli così facendo è divenuto artista-intellettuale colto, maestro impareggiabile; per lui vale la locuzione latina “Ut pictura poësis”, formulata dal poeta Quinto Orazio Flacco, che tradotta letteralmente significa “Come nella pittura così nella poesia”(Orazio, A. Pisone, 361). Come dire, quindi, “la poesia è come un quadro” o “un quadro è come una poesia”. Secondo Orazio esiste un tipo di poesia che piace maggiormente se vista da vicino, ed un’altra che piace solamente se guardata da lontano, o riosservata una seconda volta, o analizzata con un occhio critico, come avviene per la pittura. Rampinelli attraverso le sue opere ci svela un mondo altro, difficile da percepire a prima vista; lui pittore e filosofo difende in forme diverse la sua idea del mondo, lui pittore e filosofo maschera in forme diverse quell’idea.

Carlo Franza

 

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