Valerio Adami caposcuola della Figurazione Narrativa. La mostra per i 90 anni dell’illustre artista italiano alla Fondazione Marconi e Gió Marconi di Milano
Fondazione Marconi e Gió Marconi annunciano la mostra “Valerio Adami. Laboratorio”, un importante omaggio dedicato all’artista, in collaborazione con l’Archivio Valerio Adami, a sessant’anni dalla sua prima apparizione presso lo Studio Marconi di Milano e a novant’anni dalla sua nascita. Valerio Adami, tra i più significativi artisti italiani del dopoguerra e figura centrale della Figurazione Narrativa, è noto per i suoi dipinti dai colori vibranti e per la capacità di raccontare la società moderna attraverso un linguaggio visivo inconfondibile. Combinando forme piatte, colori saturi e contorni netti, negli anni Sessanta inserisce elementi della vita quotidiana nella struttura narrativa, creando nuovi e inaspettati rapporti tra di essi e offrendo una visione critica e innovativa della realtà.
La mostra si propone di indagare un periodo cruciale della produzione di Valerio Adami, dal 1962 fino ai primi anni Settanta, attraverso un itinerario tematico strettamente intrecciato ai viaggi e ai luoghi visitati dall’artista in quegli anni. Seguendo un ordine cronologico, l’esposizione intende evidenziare l’influenza delle atmosfere di quei luoghi sulla sua opera e sul processo creativo.
Il primo capitolo è dedicato a Londra, città che Adami visita per la prima volta nel 1962. Durante il soggiorno, entra in contatto con artisti come Graham Sutherland, Jim Dine e Richard Hamilton, figure che esercitano un’influenza profonda sul suo lavoro. Pur non essendo un appassionato di fumetti, Adami dimostra un interesse evidente per l’introduzione del “sonoro” all’interno delle sue opere, attraverso l’uso di parole onomatopeiche ispirate al linguaggio visivo dei fumetti e della musica contemporanea di Bruno Maderna e Luciano Berio.
Nello stesso periodo Adami, con la moglie e artista Camilla Cantoni, si trasferisce ad Arona nella grande Villa Cantoni. La casa-falansterio sul Lago Maggiore diventa presto un luogo di ritrovo per intellettuali e artisti, tra cui Jacques Derrida, Édouard Glissant, Errò, Keizo Morishita, Titina Maselli, Eduardo Arroyo e Carlos Fuentes. All’interno della villa Cantoni, Valerio Adami allestisce anche il suo atelier, dove si dedica alla pittura e realizza il film Vacanze nel deserto (1971), che verrà proiettato in occasione della mostra. Girato in stile Nouvelle Vague, il film nasce dalla collaborazione tra Valerio Adami e il fratello Giancarlo Romani Adami, regista sperimentale e assistente di Federico Fellini sul set de La Dolce Vita e vede la partecipazione, tra gli altri, di Dino Buzzati, Aldo Mondino ed Errò.
Altro tema particolarmente caro a Valerio Adami è quello delle automobili, strettamente legato alla sua passione per la velocità, tanto che nel 1963 l’artista si iscrive a una scuola di pilotaggio ad alta velocità, dove ha come maestro Pietro Taruffi. In omaggio a questa sua inclinazione, una sala al piano terra della mostra è interamente dedicata al tema delle auto, con particolare attenzione alla rappresentazione del “car crash”. La sezione espone una serie di opere realizzate tra il 1963 e il 1964, tra cui una tela di grandi dimensioni mai esposta prima d’ora.
Il viaggio prosegue con una tappa a Parigi, che diventa la sua città d’elezione. Qui l’artista approfondisce il tema degli interni urbani, intimamente connesso all’esplorazione della psiche umana. Questa ricerca trova espressione in opere iconiche come Privacy. Gli Omosessuali e Scena borghese. Una cameriera di buon cuore, dove emergono con forza la deflagrazione dei corpi e la scomposizione dell’immagine, elementi distintivi dello stile di Adami in questo periodo. Parigi rappresenta anche l’occasione per incontrare Carlos Franqui, poeta e giornalista di rilievo nella Rivoluzione Cubana accanto a Fidel Castro. Questo legame porta Adami a visitare Cuba nel 1967, durante un periodo storico cruciale per l’isola, segnato da un vivace fermento culturale nel contesto post-rivoluzionario. Dopo gli “interni” di Parigi, caratterizzati da delicati colori pastello, il percorso espositivo si conclude con gli “esterni” di New York, dove i toni si fanno più cupi e la palette cromatica si scurisce, riflettendo l’atmosfera della metropoli. Valerio e Camilla Adami si trasferiscono a New York nel 1966, soggiornando al Chelsea Hotel. Qui entrano in contatto con l’ambiente underground della città, frequentando una scena artistica vibrante e incontrando figure di spicco come Saul Steinberg, Ray Johnson e il poeta Allen Ginsberg. In questa fase, l’artista esplora la fotografia come nuovo mezzo espressivo, integrandola con il disegno, pratica che Adami impiega abitualmente per progettare la composizione delle sue tele.
Con la macchina fotografica cattura frammenti seriali della città, creando un autentico archivio visivo da cui attingerà per molte delle sue opere future, insieme alle migliaia di immagini che, nel corso della sua vita, ha ritagliato da giornali e libri. In mostra è presentata una selezione di fotografie scattate nelle strade di New York, che ritraggono vetrine di negozi, camere d’albergo, bagni pubblici e stazioni della metropolitana. Da queste immagini nascono alcune delle sue opere più celebri, come Latrine in Times Square (di cui una versione è visibile in mostra) e Hotel Chelsea Bathroom. La mostra, sviluppandosi su tre piani dello spazio espositivo, offre al pubblico un’ampia selezione di opere, tra cui tele, disegni, fotografie, materiale di archivio e il film Vacanze nel deserto, permettendo di scoprire l’evoluzione del linguaggio visivo di Adami e il continuo spirito di sperimentazione di questi anni.
Un ulteriore esempio di questa ricerca artistica è strettamente legato alla città di Milano, altro luogo chiave nel percorso di Valerio Adami. Milano rappresenta un crocevia essenziale nella sua carriera, intrecciando profondamente la sua figura con quella del gallerista Giorgio Marconi, con cui instaura un legame indissolubile. L’artista debutta nella galleria milanese nel 1965 in una mostra collettiva, per poi tenere la sua prima personale nel 1969. Quell’evento memorabile è caratterizzato da un’installazione unica: un incontro di boxe su un ring costruito nel seminterrato dello Studio Marconi, regolarmente annunciato dalla Gazzetta dello Sport. Il posizionamento del ring consente agli spettatori di assistere sia al match che alla grande opera intitolata Boxing Ring, creando un dialogo inedito tra dipinto e performance. L’anno successivo, nel 1970, lo Studio Marconi ospita un nuovo intervento sperimentale di Valerio Adami, presentando una vera e propria mostra fotografica nell’ambito del ciclo di esposizioni denominate Laboratorio, di cui quella di Adami rappresenta il secondo appuntamento. Nel 1972, sempre a cura dello Studio Marconi, viene pubblicato il disco Concerto per un quadro di Valerio Adami, una registrazione nata dalla conversazione tra l’artista e il critico afroamericano Henry Martin sul dipinto L’Università di Lipsia al tempo di Nietzsche.
Considerato uno dei maggiori artisti italiani del dopoguerra, Valerio Adami subisce inizialmente gli influssi espressionisti della pittura di Oskar Kokoschka e Francis Bacon e attinge alla cultura visiva del pop americano. Condivide dapprima con Matta e Magnelli la deflagrazione delle forme e il rapporto fondante tra dipinto e disegno; successivamente con de Chirico la visione onirica e assoluta con elementi tratti da tempi diversi e la spiazzante nostalgia per i neoclassici e per il mito. Realizza nel disegno prima e nel dipinto poi un procedimento virtuoso, in cui confluiscono associazioni di idee, miti classici, suggestioni letterarie, musicali, cinematografiche, ricordi lontani di esperienze vissute.
Nato a Bologna nel 1935 compie gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Nel 1952, durante il “Salon de Mai”, incontra i pittori Matta e Wilfredo Lam, che diventeranno i suoi più cari amici a Parigi. A partire dal 1958, Adami soggiorna a Londra, dove frequenta artisti come Richard Hamilton, Francis Bacon; mentre dopo il 1961 divide il suo tempo tra Milano, Londra e Parigi. Durante gli anni Sessanta si afferma come uno dei maggiori rappresentanti della “Nuova figurazione”, partecipando, a Parigi, alla Figuration narrative dans l’art contemporaine (1965), alla Bande dessinée et figuration narrative (1967) e ad una retrospettiva all’ARC nel 1970. La sua notorietà diventa presto internazionale: espone a Documenta 3 di Kassel (1964), alla Galleria Schwarz e allo Studio Marconi di Milano (1965), alla Biennale di Venezia (1968), al Museo de Bellas Artes di Caracas (1969). Mentre la fine degli anni Sessanta è caratterizzata dalla evocazione dei luoghi urbani, anonimi o tristi, inspirati dalle sue foto di New York, dove aveva soggiornato nel 1966, durante gli anni Settanta, si dedica a una pittura referenziale ma enigmatica, integrata da lettere e da frasi. Nel 1978 dipinge una serie di quadri con soggetti mitologici nel suo atelier di New York pieni di riferimenti alla pittura antica. Realizza alcuni affreschi alla First National City Bank di Madison nel Wisconsin (1974), nella hall della stazione di Austerlitz a Parigi (1987), per la facciata del Théâtre du Châtelet di Parigi (1989). Vivendo tra Parigi e l’Italia, trascorre molti mesi a Ostenda in Belgio (1969), a New York (dal 1971), in Messico e a Los Angeles (1975), a Monte Carlo (dove si stabilirà nel 1981) e Meina in Italia. Intraprende dei lunghi viaggi, in Messico (1969,1981), India (1977, 1982) e nei paesi nordici (1988).
Il suo lavoro suscita numerosi commenti da parte di filosofi (Jacques Derrida, Jean-François Lyotard, Gilles Deleuze), storici dell’arte (Hubert Damisch, Marc Le Bot) e scrittori (Italo Calvino, Octavio Paz e Antonio Tabucchi). Adami stesso pubblica a partire dal 1986 molti scritti: Les règles du montage: Sinopie (1989); Dessiner: les gommes et les crayons (2002).
Le sue più importanti esposizioni si sono tenute all’Israel Museum di Gerusalemme (1979), al Centre Pompidou di Parigi (1985), al Palazzo Reale di Milano (1985), al Centre Julio González di Valencia (1990) al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid (1991), ai Magazzini del Sale di Siena (1994), al Museum of Bochum (1996), al Frissiras Museum di Atene (2004) e al Grand Palais di Parigi (2008). Tra le sedi che di recente hanno ospitato le sue opere figurano: Fondazione Marconi (2009), Milano, Pinacoteca Comunale Casa Rusca, Locarno (2010), Galleria Tega, Milano (2012), MAMAC, Nizza (2013), Museo della Città di Ravenna (2013). Un’importante mostra itinerante si è tenuta a Torino, Mantova e Perpignan in occasione del suo 80esimo compleanno, nel 2015, mentre nel 2016 il Secession’s Grafisches Kabinett di Vienna è stato sede della sua prima personale in Austria.
L’artista vive e lavora tra Parigi, Monte Carlo e Meina, sul Lago Maggiore.
Carlo Franza