In questi giorni la cultura italiana ha perso uno degli artisti simbolo del Novecento. La sera del 22 giugno 2025 alla vigilia del suo novantanovesimo compleanno,  si è spento  a Milano lo scultore Arnaldo Pomodoro ;  la sua grandezza non sta solo nelle opere monumentali, ma nel modo in cui ha saputo intrecciare la sua arte con la vita culturale del suo tempo,  con la capacità di tessere legami, abitare luoghi e idee, è ciò che lo ha reso un classico contemporaneo, con uno stilema  personale, in equilibrio tra astrazione, mitologia e architettura.  E in un dialogo con i colleghi Gillo Dorfles e Aldo Colonetti ebbe modo di scrivere: “La scultura per me è un’attività “politica”, nel significato di “polis”, ovvero la scultura deve essere caratterizzata dalla partecipazione alla vita sociale e civile: deve vivere nello spazio, deve interagire con il contesto preesistente, senza alcuna presunzione di essere migliore rispetto a ciò che la circonda”. Con lui se n’è andato uno dei più grandi narratori/scultori del Secondo Novecento Italiano, un artista che ha avuto l’ambizione di costruire un mondo, non solo delle opere. La sua perdita ci porta un silenzio che pesa quanto il bronzo, un riflesso dorato che continua a ferirsi di tagli. Non è stato un artista chiuso in studio, ma un tessitore di incontri. Parlava con architetti, scenografi, filosofi, con i ragazzi che bussavano per capire come si ascolta il metallo. A questo punto mi è d’obbligo ricordare che la disseminazione delle sculture monumentali di Arnaldo Pomodoro nel mondo intero e in Europa la si deve all’illustrissimo Ambasciatore Umberto Vattani, per ben due volte Segretario Generale della Farnesina.

Nel corso della sua Carriera, l’Ambasciatore Umberto Vattani, uomo e diplomatico di brillante cultura umanistica e artistica, si è adoperato per favorire la collocazione di opere non solo di A. Pomodoro, ma anche di artisti italiani nei luoghi-simbolo della Comunità Internazionale: la Nereide di Emilio Greco per la Fontana italiana a Londra; a Londra Umberto Vattani torna in ambasciata come ministro consigliere dal 1983 all’86 e, proprio in questo periodo, riesce a ottenere dal sindaco di Westminster le autorizzazioni necessarie per realizzare a Mayfair una fontana con una grande scultura di Emilio Greco.  L’Ambasciatore Umberto Vattani ha proseguito (senza costi per il contribuente italiano – come tiene a precisare – ma grazie al reperimento di sponsorizzazioni private) la sua paziente semina di opere monumentali in città internazionali, come “Il colpo d’ala” di Arnaldo Pomodoro installata di fronte al Teatro dell’Opera di Los Angeles per celebrare il Piano Marshall (1988); oppure nel caso di “Sfera con sfera”, sempre di A. Pomodoro, posizionata nel piazzale delle Nazioni Unite a New York (1996), a sottolineare il rilevante impegno dell’Italia nelle missioni e operazioni di pace nel mondo; ed anche il “Disco Solare” di Arnaldo Pomodoro a Mosca. E, ancora, Miracolo – L’idea di un’immagine”, la grande scultura equestre di Marino Marini collocata a Berlino (1997) -quando Vattani era  Ambasciatore-, vicino al Reichstag, quale tributo dell’Italia alla riunificazione della Germania e dell’Europa. L’elenco potrebbe continuare oltre, dalla scultura equestre “Zenith” di Mimmo Paladino installata a Bruxelles nella piazza della sede del Parlamento Europeo (2003), alla monumentale la Doppia Bifrontale” di quattro metri per sei di Pietro Consagra disposta davanti alla sede di Strasburgo del Parlamento Europeo, sempre nel 2003.

Tra le sue opere più suggestive, una in particolare continua a vivere nel cuore della Laguna a Venezia: il “Disco in forma di Rosa del deserto”, collocato all’ingresso nel verde di San Servolo, testimonianza viva del suo legame con la città di Venezia. Questa scultura è stata donata da Pomodoro alla città metropolitana di Venezia e si erge, con la sua forza espressiva, all’ingresso dell’isola di San Servolo, sede della Venice International University di cui è Presidente l’illustrissimo Ambasciatore Umberto Vattani.

Scrivevo prima dell’attenzione ai luoghi, alla storia, ebbene è qui che si innesta il progetto del “Distretto contemporaneo di Roma” che nasce da un’idea dell’Ambasciatore Umberto Vattani con l’obiettivo di avviare un’attività di valorizzazione e tutela nei confronti di un’importante area della capitale, da proporre come la Roma contemporanea anche a un pubblico internazionale. Il progetto è promosso da Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale-Collezione Farnesina, Sapienza Università di Roma-Dipartimento di Architettura e Progetto-QART Laboratorio per lo studio di Roma Contemporanea, Docomomo Italia, Università IUAV di Venezia e Venice International University. Il Distretto del Contemporaneo nasce da un’idea dell’Ambasciatore Umberto Vattani come punto di partenza di un programma di azioni capaci di promuovere un settore urbano, complementare a quello della Roma antica, medievale, rinascimentale e barocca, non solo da preservare ma anche valorizzare con interventi che lo rendano noto a un grande pubblico in Italia e all’estero.

Mi preme ancora ricordare che la Sfera Grande pesarese è una fusione in bronzo del 1998, ricavata utilizzando un modello in poliestere realizzato dallo scultore nel 1967 in occasione dell’Expo di Montreal e collocato a Pesaro nel 1971 in una posizione privilegiata della città, nel Piazzale della Libertà a due passi dal centro e affacciata sul mare. L’originale di quella “Grande Sfera” si trova oggi a Roma davanti alla Farnesina, sede del Ministero degli Esteri. Ed è proprio quella collocazione voluta dall’Ambasciatore Umberto Vattani che porta l’immagine della Farnesina in giro per il mondo, ogni giorno,  a svelare la capacità voluta e mirata di leggere e far parlare i luoghi; basti pensare al legame esistente fra la “Grande Sfera” e quel contenitore voluto dall’illustre ambasciatore all’interno del Palazzo della Farnesina con la “Collezione Farnesina”.  La grande piscina a sfioro che la circonda ne esalta la sfericità e la leggerezza estetica in un gioco di riflessi.

Così ebbe a dire A. Pomodoro sulla Grande Sfera: “Nella mia scultura, la forma del mondo contiene in sé la forma della “città ideale” come concepito dagli artisti del Rinascimento italiano. Questo, a sua volta, contiene le mie speranze e i miei sogni e quelli di innumerevoli altri cittadini del mondo”

La prima Sfera, la n.1, fu creata per la Basilica del Vaticano nel 1960 e collocata nel Cortile della Pigna presso i Musei Vaticani, assume un carattere simbolico caricato dal luogo della collocazione. E’ stata realizzata con una Sfera dentro la Sfera che ruota lentamente mossa dal vento.

L’America è stato il suo grande amore e il primo viaggio importante, è stata New York a far capire ad Arnaldo Pomodoro che l’arte poteva entrare nel paesaggio urbano, diventare corpo vivo tra le persone. È da lì che le sue sculture hanno cominciato a uscire per le strade, installandosi dentro le crepe delle città, diventando luoghi di pensiero condiviso. È stato il momento in cui Pomodoro è uscito davvero dall’Italia e diventato artista del mondo, mai rinnegando le sue radici – la Romagna, l’influenza etrusca, la cultura artigianale – ma aveva capito che il linguaggio della forma doveva essere globale, parlante in tutte le lingue. Da allora, ogni sua opera è anche una mappa, di storia, di tempo e di pensiero, e di quel primo sguardo gettato su Manhattan. Non ha fatto parte di movimenti, semmai ha sentito di dover trasformare la geometria in racconto, la forma in passaggio. Antico come le civiltà che evocava e attuale come il brusio delle città che lo hanno ospitato. La sua grandezza sta certo nelle opere monumentali che oggi vivono a Roma, Milano e nel mondo, ma nel modo in cui ha saputo intrecciare la sua arte con la vita culturale del suo tempo. A Milano incontrò Lucio Fontana, che lo introdusse nel milieu artistico locale: una figura quasi paterna, di cui ammirava e assorbiva lo spirito avanguardista, l’audacia creativa, l’altezza del pensiero. Lucio Fontana l’ideatore dello “spazialismo”, vedendolo esporre per la prima volta, gli disse: “Tu non fai scultura, fai architettura magica”.  Quando se ne va un Maestro perdiamo una voce autorevole, si spegne una coscienza che sapeva guardare oltre la superficie, una mente che sapeva incidere il tempo come fosse materia. Arnaldo Pomodoro non c’è più, ma restano le sue superfici incise, i suoi segni, e tocca a noi ascoltarli, non chiudere quelle forme, non dimenticare quel gesto. Le sue Sfere continueranno a ruotare nel tempo, come satelliti di un pensiero che non ha mai smesso di chiedersi cosa c’è oltre la superficie. Tocca a noi, ogni giorno, attraversare.

E per finire voglio ricordare il mai realizzato “progetto per il cimitero di Urbino”, lui scultore vincitore nel ’73 del concorso bandito dal Comune, ma fortemente “avversato da alcuni maggiorenti locali –come scrisse l’amico e collega Giulio Carlo Argan– che non digerivano la trasgressione alla consueta tipologia cimiteriale e un sentimento del sacro incontestabilmente autentico, ma non conformista”.

Carlo Franza

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