L’astrazione di Andrè Butzer è la sfida del terzo millennio, è il luogo dove sono custoditi tutti i colori e la stessa creazione.
Giò Marconi a Milano presenta al pubblico una mostra di André Butzer con una nuova serie di dipinti. L’artista è nato nel 1973 a Stoccarda ma vive e lavora a Rangsdorf vicino a Berlino. Questa è la terza personale dellʼartista allestita negli spazi della galleria dal 2006. Il lavoro di Butzer da sempre si confronta con la pittura esplorandone la storia, i limiti e le possibilità. Le prime opere dellʼartista erano animate da un uso quasi psichedelico di colori, spesso popolate da forme biomorfe, figure dal ghigno inquietante, maschere dagli occhi vuoti che ricordavano alcuni personaggi di Walt Disney con evidenti rimandi alla storia dellʼarte, in particolare allʼEspressionismo, ma anche alla politica, ai fumetti e alla fantascienza. Su sfondi dal cromatismo quasi grottesco si mescolavano realtà e utopia, storia passata e presente, lʼartista infatti definì questa parte del suo lavoro “Espressionismo Fantascientifico”. In seguito Butzer sembra, ma solo apparentemente, aver abbandonato la figurazione, infatti a partire dalla fine degli anni ʼ90 ha intrapreso un suo personale percorso guidato dallʼastrazione: gli sfondi dai colori squillanti sono sostituiti da superfici monocrome, grigie, dalla pittura pastosa, popolate solo da linee in movimento, simili a cavi elettrici, dipinte con colori brillanti, molto materici. La mostra, da considerarsi come prosecuzione della prima personale dellʼartista N-Leben (Vivere-N) tenutasi nella galleria nel 2006, presenta la serie dei cosiddetti dipinti-N e alcuni nuovi dipinti Post-N. Intorno al 2010 circa Butzer infatti inizia a realizzare una nuova serie di opere, i dipinti-N, risultato di un processo in cui sia la figurazione che i colori dai toni sgargianti scompaiono: superfici grigie fanno da sfondo a qualche forma rettangolare che sembra non avere nè un inizio nè una fine, quelle linee che precedentemente erano realizzate spremendo direttamente il tubetto del colore sulla tela ora sono strisce piatte dipinte con il pennello. N sta per NASAHEIM (NASA Home), un neologismo creato dallʼartista che deriva dalla combinazione di NASA (lʼacronimo dellʼorganizzazione Americana per la navigazione spaziale) e Anaheim la città dʼorigine di Disneyland. Si tratta di un posto immaginario, irraggiungibile, inventato dallʼartista, un non luogo dove secondo Butzer sono custoditi tutti i colori e dove la creazione troverà il suo compimento. Butzer concepisce la sua produzione artistica come il lungo svolgimento di una sequenza ininterrotta, per cui anche le sue prime opere dipendevano da “N”. I dipinti-N costituiscono una sorta di punto zero della pittura dove, il rapporto tra i colori, la struttura compositiva e lʼunità pittorica sono portati allʼestremo, i dipinti-N rispondono solo alle loro stesse regole, celebrano lʼautonomia del mezzo pittorico, dove anche lʼartista occupa una posizione di secondo piano. I lavori realizzati in seguito hanno accentuato ulteriormente la sua ricerca sul colore puro e sulla luce: lo sfondo argentato è diventato bianco contrapposto a fasce di colore nero che fluttuano nello spazio pittorico, riempiendolo, e creando una forte opposizione cromatica. Non si tratta di una serie che può essere ripetuta meccanicamente: le opere, che potrebbero sembrare una semplice variazione cromatica degli elementi orizzontali e verticali che le compongono, in realtà presentano notevoli differenze nelle pennellate, nel modo in cui è trattata la superficie con la tempera allʼuovo, lavorata con una raffinata emulsione, nellʼuso e nelle gradazioni dei colori. Se ci si avvicina alle tele e se le si osserva attentamente, leggere sfumature di colore emergono dallo sfondo. Sempre diversi sono gli elementi che compongono lʼimmagine e così anche la relazione tra gli spazi non è mai la stessa. Verticale e orizzontale si confrontano, si oppongono, rappresentando la relazione pittorica tra vita e morte. Osserva Thomas Groetz: “Butzer non costruisce o dipinge rettangoli, i suoi dipinti creano delle condizioni. La sua arte non è costruttivista. Per comprenderla o per farne esperienza, lo spettatore deve identificarsi fortemente con il dipinto (…) Ogni immagine può essere letta come una porzione di luce che nella sua unicità fa riferimento allʼinfinito processo della vita e della morte”. La mostra presenta oltre alla serie acromatica dei dipinti-N anche alcune nuove tele colorate di piccole dimensioni, i dipinti Post-N.
Carlo Franza