Muoiono gli ulivi e muore il Salento . La Xylella fastidiosa sta deturpando come peste uno dei luoghi più belli d’Italia.
Il Salento è invaso dalla peste Xylella fastidiosa. Milioni di ulivi stanno morendo e aprono così la strada alla desertificazione. Un dramma e un danno paesaggistico ed economico per l’intera Italia e non solo per la Regione Puglia. Avendo casa nel Salento e proprio nel Capo di Leuca ho pianto a vedere dal vivo alberi secolari attaccati da questa peste importata. Sappiamo cos’è la Puglia con i suoi ulivi, con i boschi di ulivi. Non è pensabile sapere un Salento e una Puglia senza questo patrimonio millenario. Scrittori e poeti hanno cantato l’albero di ulivo, ad iniziare dall’amico poeta barone Girolamo Comi di Lucugnano che mise in piedi l’Accademia Salentina e la rivista “L’Albero”. Per non parlare dell’artista Vincenzo Ciardo (Gagliano del Capo 1894-1970) già docente all’Accademia di Belle Arti di Napoli le cui tele sono un canto di colore agli ulivi salentini. L’amico e collega Storico dell’Arte Cesare Brandi, “pellegrino di Puglia”, scese nel tacco d’Italia, a più riprese, prima del 1960. Venne, come ha scritto un altro viaggiatore accanito, Giorgio Manganelli, in cerca di cattedrali da amatore, di gravine per collezionisti, di scoperte bizzarre e bizzose, anche di “tramonti privati”. Qual’é – si chiede Manganelli – la Puglia di Brandi? “La Puglia è una regione ripostiglio, un solaio di regione, piena di strane, segrete, improvvise meraviglie”. La Puglia, dice Brandi, bisognava infilarla tutta, per arrivare a Otranto. E allora che inizia la scoperta. Né si arrestò a questo primo viaggio, né al secondo, né al terzo: la scoperta non finì mai, perché è un paese, la Puglia, come il mattino, un mattino limpido, un mattino di sole liquido: e, il mattino, pur essendo sempre lo stesso, non viene mai a noia. Ed ha sempre qualcosa di nuovo, nel suo spettacolo sempiterno. La Puglia di Brandi, dunque, è “un meraviglioso, austero paese arcaico”, l’unico dove si assiste ancora allo spettacolo incontaminato, e per interminabili distese, di una flora anteriore alla calata degli indo-europei: solo ulivi e viti, viti e ulivi, le piante che nel nome, tenacemente conservato e trasmesso, rivelano ancora di essere state trovate sul posto dagli invasori ariani. Certo, aggiunge Brandi, vi è anche il mandorlo, il fico, e il fico d’India, le agavi: ma non così diffusi e promiscui come in Sicilia e in Calabria. In realtà il severo paesaggio della Puglia è in queste distese di mastodontici ulivi, in questi tappeti a non finire di viti basse, che si tengono ritte da sé. E non c’è minor fascino, per chi lo sa sentire, in tale elementarità di paesaggio, che nei menhir, nel dolmen, nei trulli”. Se si pensa che i trulli più antichi non rimontano oltre il ‘600, sembrerà non so più se fatidico o fatale che la Puglia seguiti ad esprimersi nei termini di una civiltà neolitica, fino a ritrovare spontaneamente tecniche preistoriche come quella della copertura a toilos per i trulli. Ritrovare o conservare, non si sa bene: la tradizione”, conclude Brandi, “in un luogo così tenacemente arcaico, può riscoppiare anche dopo secoli e secoli di letargo”. Più antico del Colosseo e del Partenone, è tra gli alberi più vecchi del mondo. Si trova nelle campagne di Borgagne-Melendugno l’ulivo più anziano d’Italia che compare nella classifica stilata dal Corriere della Sera che assegna il primato a “Matusalemme”, un pino di Bristlecone di 4.846 anni che sorge nella Foresta nazionale di Inyo in California. Vero e proprio “monumento vivente”, l’ulivo di Borgagne-Melendugno è diventato patrimonio dell’Unesco insieme agli altri ulivi millenari salentini. Ma il primo a capire la magia della regione fu un giornalista tedesco, Paul Schubring, che sulla ” Frankfurter Zeitung ” pubblicò una serie di articoli (tradotti poi e pubblicati a Trani) in cui offrì la chiave del segreto con queste memorabili frasi: ” Si crede generalmente che la Puglia sia un deserto monotono, un paese privo d’attrattive speciali e proprie della terra italiana. Ma chi crede a questo cartello, non mangia vitello “; e ancora: ” l’immenso piano della campagna, leggermente ondulato, il mare così maestoso, il cielo così infinito e sereno costituiscono una trinità grandiosa e singolare “.
Non basta ancora ciò a dire del Salento e della distesa infinita di milioni di ulivi che oggi sono malati e in passione, e il governo Renzi che non ha mai messo in atto nessuna politica agricola, e ancora oggi è disinteressato a questo gravissimo problema che deturperà una delle zone più belle d’Italia, tutto preso da quelle riforme da strapazzo come l’Italicum e la “Buona Scuola”.
Sarà bene che i vescovi del Salento facciano levare in alto e in processione in primis la Madonna di Leuca eppoi i Santi del posto, da San Trifone (Alessano) a San Biagio (Corsano), da San Nicola (Maglie) a San Vito (Tricase). E visto che la politica pensa solo a ingrassare, solo un miracolo può dar pace e serenità a un popolo che già piange e si dispera.
Carlo Franza