Preziose carte di Giancarlo Marchese, scultore della “Scuola di Milano”, in mostra all’Università Bocconi di Milano.
La mostra di Giancarlo Marchese(Parma 1931- Milano 2013) appena conclusa all’Università Bocconi ha messo in evidenza lavori su carta che io preferisco chiamare “appunti”, tracce guida, anche se debitamente compiuti e ben realizzati, e -dunque- capaci di farsi leggere “apparizioni”, scoperte, lacerti di linee ,forme e colori. Queste carte, primi “spleen” di creatività
che Marchese, illustre docente di scultura all’Accademia di Brera, eppoi scultore di chiara fama, ha subito fermato, e taluni poi tradotti e realizzati in scultura, manifestano già la armonia dello spazio raccontato e la luce, anzi quelle lance di luce che circolano liberamente fra le forme tutte, sono la vocazione nomadica di chi cerca il cielo,‘infinito, l’Assoluto. L’amore per la luce, qui visibile nei tenui colori, negli sfumati, nelle ombre degradanti, fanno presagire perché Marchese abbia poi amato lavorare con il vetro dal 1993.
Carte e lastre, carte come “appunti”, lastre come “quadri impropri”, come bassorilievi virtuali, come corpi esplosivi di forme. Non senza riflessi, anzitutto, il suo sguardo su Medardo Rosso e poi l’appartenenza sua a quella brigata artistica che è stata la “Scuola di Milano” con Azuma, Benevelli e Cassani per citarne alcuni, fino all’amicizia con Umberto Milani dal quale ha catturato il segno, quella sorta di scrittura con il bronzo.
Si sa che il disegno degli scultori è particolare, proprio perché anche qui gli appunti svelano la ricerca delle forme solide, ma i lacerti di macchie colorate, i segni calligrafici e spaziali di Marchese, sono per l’appunto nobile testimonianza di un grande scultore italiano, con un sentire che ha aperto l’intera scultura a nuove prospettive, a nuove certificazioni, a nuove idealità.
Carlo Franza