Roberto Rosso, campione ed eccellenza della fotografia italiana, è titolare della cattedra di Fotografia e direttore della Scuola di Nuove Tecnologie dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Un’intervista mette a fuoco il suo cammino.
Si fa un gran parlare di questi tempi della fotografia, delle potenzialità nuove che essa ha avuto e manifestato nell’ambito delle arti contemporanee, e degli sviluppi futuri che essa comporterà nel quotidiano, nel sociale, nei media, nella pubblicità, ecc. A lui abbiamo rivolto alcune domande che paiono bene interpretare il ruolo nuovo della fotografia oggi nel campo delle arti, non solo, e le aspettative del pubblico rispetto alla domanda che si alloga e ne movimenta la tracciabilità. Un secolo di fotografia, e soprattutto il quadro della fotografia nel nostro tempo.
Professore che cosa si intende per fotografia sostenibile, visto che per lei, oggi, ciò ne è il punto di forza?
La necessità di definire una fotografia sostenibile nasce dal fatto che oggi si viva un momento di grandi fraintendimenti. La fotografia ha come suo statuto fondamentale la caratteristica di fare memoria, memoria che ci permette di costruire una storia credibile, perché documentata per come è accaduta. La fotografia presenta le cose, diversamente dalla pittura che le rappresenta, pertanto, ritengo sia intellettualmente onesto, definire le cose per come sono. La sostenibilità sta all’integrità del documento, integrità oggi contaminata dalla post-produzione, che non è vero renda il fotografo artista, ma soltanto meno capace di esserlo.
Come si presenta il fotografo contemporaneo?
Il fotografo contemporaneo sta nascondendo la sua incapacità di raccontare le cose, perché non dimentichiamo che la fotografia racconta e non esibisce, dietro effetti di ogni sorta, rendendo le sue immagini il più possibili vicine ad un quadro, storia comunque già vissuta anni fa, al solo fine di renderle vendibili, ad un pubblico comunque visivamente analfabeta.
Qual’ è il senso della sua ricerca?
In mezzo a tutto questo, io penso che la fotografia debba riconquistare uno spazio di qualità, debba in ogni caso tornare a raccontare questa vita, fotografando le cose per come sono e non per come ci piacerebbe che fossero.
Come percepisce il significato tecnico del lavoro?
Sono convinto che la fotografia debba essere indagata nel suo interno, il tempo, la luce ed il racconto, la ricerca deve avvenire prima che si compia lo scatto, la ricerca deve essere concepita per ottenere una fotografia diversa e non per cambiarla una volta scattata. Così come credo che non possa esprimere in alcun modo il concettualismo. Una fotografia è fotografia proprio perché non concettuale, una fotografia deve essere leggibile per quello che mostra, perché sono assolutamente d’accordo con Ansel Adams, quando diceva che “le fotografie sono come le barzellette, se bisogna spiegarle, è perchè non sono venute bene”. Il lavoro dell’artista che adopera la macchina fotografica, scaturisce comunque dopo che si conosce il linguaggio e in presenza di un talento accertato.
So che sta lavorando ad una sua prossima mostra. Vuole anticiparcene a grandi linee il progetto?
Il mio lavoro indaga la fotografia nel suo ingrediente fondamentale, il tempo. Affascinato dalla dinamica del movimento, ho scoperto e poi adattato al caso, un processo che mi permette di fotografare qualcosa che avviene ma che non si può vedere con i nostri occhi: la memoria del movimento, cioè il percorso che la materia compie in un determinato tempo, visto in un modo fermo. Attraverso questa intuizione ho così potuto riprendere i concetti futuristi e quelli cubisti ed esprimerli con le nuove tecnologie digitali. Da qui sono partito per costruire le immagini che compongono la prossima mia mostra.
Sappiamo che presto Roberto Rosso terrà a Roma una mostra interamente curata da Marco Eugenio Di Giandomenico, critico della sostenibilità dell’arte. Si tratta di un percorso espositivo itinerante dal titolo “THIRD MILLENIUM NOBLE BLAZONS” che parte da Roma nel 2018 toccando varie tappe sia in Italia (tra cui Milano) che all’estero. L’operazione di Roberto Rosso nasce dall’avvenuta riproduzione dello stemma del Principato di Monaco attraverso un’anamorfosi cilindrica, tanto che è stata ottenuta un’immagine evocativa dell’originale, affascinante e di notevole impatto estetico. L’opera è stata donata a S.A. il Principe Alberto II di Monaco, il quale pubblicamente, nel corso di un evento all’Isola D’Elba nel 2016, ebbe modo di tributare all’artista italiano sia un vivace apprezzamento, che un caloroso ringraziamento. La mostra di Rosso in programma per il 2018, sarà certamente un evento singolare per il mondo della fotografia italiana ed estera; per intanto sappiamo che da subito ha trovato tra i testimonial il marchese Giuseppe Ferrajoli di Roma, e proporrà così sia le immagini degli stemmi delle principali famiglie nobiliari e blasonate europee, sia la valorizzazione della loro storia e i loro segni distintivi; e infine contribuirà alla promozione di un mondo araldico, spesso sconosciuto ai più, ma che invece ha in sé, tutt’oggi, le radici migliori della nostra civiltà.
Carlo Franza