Il monumento a Don Bosco a Torino- Valdocco compie cent’anni. Opera dello scultore Gaetano Cellini di Ravenna.
Il monumento a Don Bosco davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice a Valdocco è un simbolo della missione dei salesiani nel mondo. Gli ex-allievi e gli amici di Don Bosco hanno voluto erigere a suo tempo proprio davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice un monumento che lo ricordasse. E pensare che l’idea di un monumento in questa piazza era venuto in mente proprio a Don Bosco.
Un giorno, quando era già incominciata la costruzione della Basilica dell’Ausiliatrice, attraversando la piazza che era ancora in terra malamente battuta, Don Bosco si fermò a contemplare le linee della facciata nascente e poi girò lo sguardo intorno, quello sguardo sognante e deciso che gli era tipico, e disse al sacerdote che lo accompagnava: “Qui in mezzo mi piacerebbe innalzare un monumento che rappresentasse Mosè in atto di percuotere la rupe, e da questa far zampillare una vena d’acqua che venisse raccolta da una vasca”. Oggi, c’è un monumento in mezzo alla piazza. Non è esattamente quello che immaginava Don Bosco, ma esprime qualcosa di più. E’ il monumento alla sua persona, alla fondazione della Congregazione salesiana e all’attività dei salesiani nel mondo.
L’epopea dell’opera salesiana.
Il 10 settembre 1911, l’idea di un monumento a Don Bosco per la ricorrenza del primo centenario della sua nascita fu varata in occasione del Congresso Internazionale degli Exallievi. Aderirono subito moltissimi personaggi di tutto il mondo. Il municipio di Torino concesse lo spazio e un piccolo contributo. Fu bandito un concorso a cui parteciparono artisti di tutto il mondo. Venne scelto il progetto presentato dallo scultore Gaetano Cellini di Ravenna(Ravenna 1875 – Torino 1957). Tutto era pronto, ma la tragica Prima Guerra Mondiale fece slittare l’inaugurazione, che avvenne solo alle ore 11 del 23 maggio 1920, vigilia della festa di Santa Maria Ausiliatrice, la Madonna venerata da Don Bosco.L’opera si sarebbe dovuta inaugurare il 16 agosto 1915, ma a motivo della I Guerra Mondiale l’inaugurazione venne posticipata fino al 1920, anche se la statua venne comunque collocata il 23 giugno 1916.Ha compiuto i suoi cento anni. Quando fu tolto il velo che copriva il monumento, le migliaia di persone presenti scoppiarono in un caloroso e commovente applauso. Modellata nel bronzo e appoggiata a robusto granito la statua lascia leggere l’intero percorso dell’opera salesiana, ovvero della Congregazione dei Salesiani fondata da Don Bosco. È opera sua anche il tondo, sempre in bronzo, con il volto di San Giovanni Bosco, per l’urna del Santo.
In piedi, la mite e sorridente figura di Don Bosco è circondata da uno stuolo di ragazzi, che paiono festeggiarlo. Don Bosco fa un gesto molto espressivo, sembra che voglia sollevare uno dei ragazzi, a sostegno del suo “metodo preventivo”. È un simbolo glorioso della missione sua e della Congregazione da lui fondata: la parola educare significa proprio “tirare su”, estrarre, elevare, far crescere. Il tono è gioioso, esprime la spiritualità salesiana dove il clima di amicizia tra l’educatore e il giovane è di grande aiuto per la crescita personale. Con la tradizione di San Francesco di Sales crescere nella fede, anche avendo un guida, non sarà possibile se non c’è vera amicizia, comunicazione, influsso reciproco. Il rapporto tra formatore salesiano e giovani deve essere improntato alla “più grande cordialità”, perché la famigliarità porta amore, e l’amore porta confidenza. I ragazzi guardano Don Bosco pieni di fiducia perché sono certi di essere amati.
Lo specchio
In basso, un magnifico gruppo rappresenta l’umanità che si curva al bacio della Croce, che le viene presentata dalla Fede. “Questa società nel suo principio era un semplice catechismo” attestò Don Bosco. Ciò riporta alle origini e alle radici della Congregazione Salesiana. Da Don Bosco l’umanità ha imparato la passione evangelizzatrice per portare ogni ragazzo, ogni persona, all’incontro con Cristo.
Nei due altorilievi del fronte vi è, a destra, una madre con un bimbo in braccio che manda baci a Don Bosco; a sinistra, un povero lebbroso che guarda riconoscente il suo benefattore.
Ai lati, due degli “amori bianchi” promossi da Don Bosco, l’Eucaristia e l’Ausiliatrice sono fusi nell’idea della missione “ad gentes” e in quella della famiglia.
Nel retro, tre bassorilievi ricordano quanto i salesiani hanno fatto e fanno per l’assistenza agli emigrati. Quelli di ieri e quelli di oggi. Penso a quante case salesiane, in tutto il mondo, hanno le porte aperte per migranti di ogni età. Penso ai campi profughi e alle Case Famiglia. Ai lati sono raffigurate le Scuole Professionali e Agricole Salesiane, dal Borgo Ragazzi Don Bosco sulla Prenestina a Roma alla Casa del Mandrione alle spalle dell’Istituto Pio XI sempre a Roma che ricordo perfettamente. Così anche in tutto il mondo. Ogni giorno, migliaia di giovani entrano nelle case salesiane e negli oratori per diventare “buoni cristiani e onesti cittadini”.
E in modo speculare, proprio alle spalle della figura di Don Bosco, al centro della facciata della Basilica, spicca nettissima la statua di Cristo con i fanciulli. “Lasciate che i bambini vengano a me: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio” (Mc 10,14). In tutto il mondo i figli di Don Bosco compiono questa missione. I tanti ex allievi sparsi in tutto il mondo sono testimonianza di ciò. Riconoscenza ai salesiani e in primis a don Bosco. In ogni casa salesiana, in una qualunque nazione del mondo, vive questo clima in parte raccontato e descritto nel monumento a Don Bosco a Torino- Valdocco.
Gaetano Cellini (Ravenna 1875 – Torino 1957). Scultore, pittore e scrittore, dopo un’infanzia trascorsa in orfanotrofio, frequenta le botteghe del marmista Stefano Furati e dello scultore Attilio Maltoni, per iscriversi poi all’Accademia di Belle Arti di Ravenna dove studia sotto la guida di Alessandro Massarenti. Trasferitosi a Torino, lavora presso lo studio di Pietro Canonica e nel 1912 realizza il “Monumento a Monsignor Manacorda” a Fossano. “L’umanità contro il male” è una delle prime opere dello scultore ravennate Gaetano Cellini (1873-1937), conservata nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma; un’opera allegorica, l’espressione plastica di un’idea, secondo l’assunto di Auguste Rodin, per il quale «l’arte è la più sublime missione dell’uomo, poiché è l’esercizio del pensiero che cerca di comprendere l’universo e di farlo comprendere»; e Rodin fu senz’altro fonte di ispirazione per Cellini, che presentò il gesso di questa scultura – sulla cui base appare, oltre al titolo, un distico che ne descrive il significato: «Così ti sterperò coi denti e l’ugne / Dolore eterno che nel cor mi pugne» – nel 1906 all’Esposizione Nazionale di Milano, realizzando poi l’opera in marmo nel 1908. Inizia ad insegnare disegno presso l’Accademia Albertina di Torino, dove nel 1920 partecipa e vince il concorso per il “Monumento a San Giovanni Bosco” e nel 1922 realizza il “Monumento ai Caduti” di Carmagnola. Nel 1925 viene nominato Accademico di San Luca e nel 1930 membro della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon di Roma. Con le sue opere, legate soprattutto alla tematica del nudo e alla ritrattistica di gusto naturalistico e accademico, partecipa a diverse mostre in Italia e all’estero, tra le quali si ricordano: Promotrice di Belle Arti, Torino (dal 1900 in poi); Quadriennale, Torino (1902); Galleria d’Arte Moderna, Torino (1908); Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (1908, con “L’umanità contro il male”, già presentata e premiata al Premio Fumagalli di Milano, 1906, e riproposta poi a Buenos Aires, 1910); Venezia (1909; 1910; 1912); Roma (1911; 1921). Nel 1924 vince la “medaglia d’oro” a Monaco di Baviera con le opere “L’umiltà” e “Il tormento”. Nel 1930 esegue il “Monumento ai caduti della prima guerra mondiale” per Asti, mentre nel 1933 realizza il gruppo bronzeo della “Deposizione di Cristo” per la tomba Corazza-Cora nel Cimitero Monumentale di Torino. Negli anni ’40 a Berlino vince una “medaglia d’oro” con l’opera “Nuda”. Il suo primo soggiorno in Versilia risale al 1940; la sua presenza è attestata presso i Laboratori Luciano e Buratti di Querceta.
Carlo Franza