Nel progetto “The sky in a room” dell’ artista islandese Ragnar Kjartansson ogni giorno cantanti professionisti si alternano all’organo della chiesa, uno alla volta per circa 20 minuti ciascuno, proponendo arrangiamenti della canzone “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli, suonata e cantata ininterrottamente per sei ore al giorno dalle ore 14 alle 20 come una ninna nanna infinita. Vi assicuro, mi sono isolato in questo piccolo tempio a vivere suoni, voce e musica, proposti dall’artista, lasciandomi trasportare dal tempo, quasi un viaggio nel nubifragio della Pandemia contemporanea.    “Il cielo in una stanza  – spiega l’artista – è l’unica canzone che conosco che rivela una delle caratteristiche fondamentali dell’arte: la sua capacità di trasformare lo spazio. In un certo senso, è un’opera concettuale. Ma è anche una celebrazione del potere dell’immaginazione – infiammata dall’amore – di trasformare il mondo attorno a noi. È una poesia che racconta di come l’amore e la musica possano espandere anche lo spazio più piccolo, fino ad abbracciare il cielo e gli alberi… L’amore sa leggere ciò che è scritto sulla stella più lontana, diceva Oscar Wilde.” La peste che colpì l’Italia tra il 1629 e il 1631 provocò un milione di morti, pari a un quarto di tutta la popolazione della Penisola. A Milano sopravvisse solo la metà degli abitanti. Molti furono curati nel Lazzaretto, un quadrilatero con lati lunghi 400 metri, progettato alla fine del 1400 appena fuori alle porte della città (ora in area Porta Venezia). E al centro del Lazzaretto fu eretta una chiesa alla fine del 1500, poi ripensata da Giuseppe Piermarini tra il 1776 e il 1778, con un ulteriore restauro a fine 1800, concluso con dedica della chiesa a San Carlo Borromeo. I lavori definitivi si sono svolti tra il 2015 e il 2017, grazie alla generosità di Andreina Rocca, e nel novembre del 2017 la chiesa di San Carlo -detta anche San Carlino-  al Lazzaretto è stata nuovamente inaugurata.

Proprio in questa chiesa la Fondazione Nicola Trussardi, fino al 25 ottobre 2020, presenta “The sky in a room”, un progetto dell’artista islandese Ragnar Kjartansson concepito in seguito al difficile periodo di quarantena da Covid-19 che ha segnato la vita di tante persone. Ogni giorno cantanti professionisti si alternano all’organo della chiesa, uno alla volta per circa 20 minuti ciascuno, proponendo arrangiamenti della canzone Il cielo in una stanza di Gino Paoli, suonata e cantata ininterrottamente per sei ore al giorno dalle ore 14 alle 20, come una sorta di ninna nanna infinita, di rosario o di mantra. Atmosfera magica, per una iniziativa (in concomitanza con la Milano fashion week che termina il 28 settembre) voluta da Beatrice Trussardi, presidente, e Massimiliano Gioni, direttore artistico della Fondazione Nicola Trussardi, che quest’anno festeggia i 18 anni di attività nomade, senza una sede fissa. I milanesi conoscono Fondazione Trussardi da diversi anni: con le loro installazioni di arte contemporanea hanno stupito, e a volte sconvolto, il pubblico. Pubblico formato da chiunque incontri per la strada le opere selezionate dal curatore Massimiliano Gioni e Beatrice Trussardi, anime di un progetto artistico che ha scelto di rendere Milano la sua sede, portando l’arte contemporanea in mezzo alle persone, a contatto con il pubblico di ogni tipo. Dai manichini impiccati in piazza XXIV maggio da Maurizio Cattelan (poi coraggiosamente “salvati” da un pensionato che durante l’eroico gesto cadde dall’albero), fino alla roulotte che sbuca dai mosaici della Galleria Vittorio Emanuele realizzata da Michael Elmgreen & Ingar Dragset (“Short Cut”, 2003), le installazioni scelte dalla Fondazione nascono per creare dibattito e per spingere anche chi non conosce l’arte ad approfondirla e a incuriosirsi.

Ora, dopo mesi trascorsi nello spazio chiuso delle proprie abitazioni, accanto ai propri cari o, più tristemente, lontani dai familiari e dagli affetti – rendendosi conto della propria solitudine e soffrendo per le persone perse nella lotta contro la pandemia – la performance di Kjartansson può essere letta come un poetico memoriale contemporaneo: un inusuale monumento e un’orazione civile in ricordo dei dolorosi mesi passati a immaginare il cielo in una stanza e a sognare nuovi modi per stare insieme e per combattere la solitudine e l’isolamento.

La performance era stata inizialmente commissionata da Artes Mundi e dal National Museum of Wales di Cardiff, con il supporto del Derek Williams Trust e dell’ArtFund. Questa performance è messa in scena nella Chiesa di San Carlo al Lazzaretto, un luogo la cui storia è intimamente legata a precedenti epidemie, dalla peste del 1576 a quella del 1630, resa celebre da I promessi sposi di Alessandro Manzoni che cita in più occasioni il Lazzaretto nel romanzo e vi ambienta uno dei capitoli più noti. The Sky in a Room di Ragnar Kjartansson  rientra nella serie di progetti realizzati dal 2013 dalla Fondazione Nicola Trussardi: mostre temporanee, incursioni, performance e interventi pop-up che hanno portato a Milano artisti internazionali tra cui Ibrahim Mahama, Jeremy Deller, Sarah Lucas, Gelitin, Darren Bader e Stan VanDerBeek.

Carlo Franza

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