Giuseppe Conte capo del Governo sponsorizzato da Papa Bergoglio. Si vuol portare Roma sotto l’ombrello dello Stato Pontificio. E’ un vulnus alla democrazia.
L’attualità politica ci mostra come in queste ore che precedono il confronto in Parlamento, a seguito delle dimissioni dal governo in carica delle due ministre renziane Bellanova e Bonetti, l’ “avvocato del popolo” il Giuseppe Conte Presidente del Consiglio italiano, in questo inizio settimana chiederà la fiducia confidando di trovare una manciata di “costruttori”, per rimpiazzare la renziana Italia Viva. Detto questo e alla luce di tutto ciò, mi sono chiesto per una via di questioni notate dalla politica vaticana quale sia l’atteggiamento della Chiesa cattolica italiana e del Vaticano alla luce di tutto ciò. Sappiamo ormai tutti che Papa Bergoglio ogni giorno invece di interessarsi della Chiesa nel mondo e dei cristiani che vengono uccisi e torturati per la loro fede -visto che il Conclave lo ha eletto come il Successore di Cristo- segue e insegue la politica italiana quasi fosse lui il Capo del Governo italiano. Dispensa indicazioni, consigli, cosa fare e cosa non fare, fa politica aperta, e tutto appare a dir poco strabiliante. Quello che andiamo dicendo lo abbiamo registrato proprio nella settimana appena conclusa. Lo stesso giorno in cui il Senatore Matteo Renzi ha staccato la spina all’operato del Governo Conte bis, vale a dire mercoledì 13 gennaio 2021, l’Agenzia S.I.R. (Servizio Informazione Religiosa) nata nel 1988, per iniziativa della Federazione Italiana Settimanali Cattolici e con il sostegno della CEI, pubblicava una dura nota in cui definiva “irrazionale” la crisi, facendo eco in qualche modo a quanto aveva detto il pontefice regnante durante l’intervista al Tg5 trasmessa domenica 10 gennaio alle ore 20.40 e cioè che non “c’è il diritto di allontanarsi dall’unità” riferendosi ovviamente alle vicende della politica italiana; poi l’indomani, ossia giovedì 14 gennaio 2021, ecco due editoriali su “Avvenire” il giornale dei vescovi, uno più duro dell’altro, che stigmatizzavano, nel primo caso, una “crisi che, al di là dell’assurdità di capitare nel pieno di una catastrofe sanitaria globale…in realtà è molto più difficile da accettare che da capire”, e nel secondo, con un evidente riferimento a Renzi che “in democrazia i risultati dei processi sono il frutto di un’intelligenza collettiva e bisogna avere l’umiltà di non credere di essere gli unici fuoriclasse mentre tutti gli altri sono inettti o incompetenti”. Addirittura, venerdì 15 gennaio 2021, sulla prima pagina di Avvenire compare il titolo “Responsabilità cercasi”. Titolo che se riferito a Renzi e al tentativo di trovare in parlamento i “costruttori” o i “responsabili” altrimenti detti, è giornalismo certo, ma quel titolo è quasi una “predica” -anzi è una predica- per cui in quel titolo c’è politica, l’Avvenire che è organo ufficiale della CEI, ovvero della Conferenza dei Vescovi Italiani, si getta nella mischia a capofitto, quasi a dettare legge e a dire bisogna fare così.E’ così che appare neppure
troppo velatamente il proprio appoggio all’attuale governo, arrivando a sposare la narrativa secondo cui o i “responsabili” o morte, come se a questo governo non vi fosse alternativa, e che di elezioni e di un governo di Centrodestra neppure a parlarne. Posizione messa nero su bianco, rompendo così ogni indugio, da Angelo De Mattia che sempre su “Avvenire” di ieri l’altro scriveva senza mezzi termini che quella dei “costruttori” cosiddetti, “oggettivamente si impone come unica opzione praticabile”; e ancora per chi non avesse ancora capito: “Non è il momento di governi istituzionali, di scopo, tecnici o di larghe intese. Non ne esistono i presupposti oggettivi e soggettivi”. Dunque per la Cei non c’è alternativa a un Conte-ter, punto e a capo. Intanto ribadiamo che al di là di quel che dicono i vescovi un’alternativa c’è, eccome c’è, perché nei regimi democratici il governo lo sceglie il popolo e quindi un altro governo con altra maggioranza è possibile, senza nulla di raccogliticcio. Sorprende molto, moltissimo, che la chiesa appoggi un governo che –tacendo delle ben note intromissioni in ambiti non suoi quale l’organizzazione del culto (lo hanno vissuto i cattolici in proprio), su cui stendiamo un velo pietoso– tra Dl Zan, direttive a favore dell’aborto fai-dai-te e, ultima arrivata, l’inaudita decisione d
i ripristinare la ridicola denominazione genitore 1-genitore 2 al posto di padre e madre.
E’ chiaro, chiarissimo, che per la chiesa italiana l’”avvocato del popolo”, adesso pure con nomina pontificia, Giuseppe Conte da Volturara Appula, resta la soluzione migliore. La Chiesa vuole puntare al Conte-ter perché guarda gesuiticamente al bersaglio grosso: le elezioni del 2023. E sapete perchè? Il disegno politico di Bergoglio prevede di mettere Conte a capo di una formazione centrista, moderata, europeista e liberale, ma soprattuto in funzione anti sovranista per ostacolare il più possibile la destra di Salvini e Meloni che come tutti sanno è invisa (in modo particolare il primo) al pontefice regnante ( val la pena ricordare che mentre Bergoglio – questo sarebbe il Successore di Pietro e di Cristo?- non ha mai voluto ricevere Salvini quando questi era ministro dell’Interno, ben diverso è stato l’atteggiamento nei confronti dell’ attuale titolare dell’Interno, Luciana Lamorgese, invece ricevuta in Vaticano e che giorno fa ha reintrodotto l’orrida norma che sta per “genitore 1-genitore 2” al posto di padre e madre, che Salvini aveva meritoriamente cancellato).
Vi dirò di più per altri due elementi da sottolineare, entrambi rilevati da due articoli del Foglio. Ecco il primo. Nonostante molti vescovi non siano affatto ostili a Salvini per non dire favorevoli tout court, a spingere nella succitata direzione di un appoggio ad un Conte-ter con l’orizzonte delle elezioni del 2023 vi sarebbero, scrive Matteo Matzuzzi, gli “input che arrivano direttamente dal Vaticano, assai ben disposto nei confronti di Conte, al pari della Civiltà Cattolica, l’importante rivista gesuita”; il secondo, rispetto al quale va detto che è arrivata una secca smentita da parte del prof. Zamagni, ipotizza addirittura un legame tra Conte e il nuovo soggetto politico nato appunto attorno alla figura di Zamagni nell’ottobre scorso, e che curiosamente porta lo stesso nome – “Insieme” – del partito cui Conte starebbe lavorando. Ecco cosa dice direttamente Valerio Valentini: “l’impegno in favore del premier non starebbe solo in un tasto da schiacciare martedì prossimo, quando Conte dovrà affrontare l’arena di Palazzo Madama. “Ma è l’inizio di un percorso”, atto fondativo di un possibile partito di stampo progressista, moderato e ovviamente cattolico, con la benedizione del Vaticano e soprattutto di Papa Bergoglio. Perchè “Insieme” di cui tanto si parla, è un simbolo già ideato nell’ottobre 2020 dall’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, con l’ambizione di riunire tutti i cattolici in un’unica forza politica, a guida di Giuseppe Conte. Realtà, pura realtà. Tutto ciò se lo sono sentiti dire anche due senatori forzisti di fede carfagnana da un prelato che s’era attivato, pare, su supposto mandato di Andrea Riccardi, fondatore della “Comunità di S. Egidio”. Ora è chiaro a tutti come penda paternalisticamente e politicamente l’attuale pontificato, attivo in questo tempo a mettere in piedi un progetto di stampo cattolico con una forte impronta rossa, comunista, a voler rieditare un novello con Giuseppe Conte alla guida. E per ultimo va aggiunto che dietro l’ “avvocato del popolo” cosiddetto, secondo quanto emerso durante l’ultima puntata di #Cartabianca (ne ha scritto A. Pellicciari sulla Nuova Bussola), vi sarebbe la massoneria, ma anche le lobby gay che supportano il portavoce di Conte.
E per meglio definire e sottolineare questo governo di incapaci, mi rifaccio alle parole di un illuminato prete calabro. Siamo governati da “politici non all’altezza del compito. Se avessi l’età, me ne andrei dall’Italia”, sono le parole pronunciate da un parroco calabrese, a latere della messa, durante una conversazione con i fedeli. Il video è diventato virale. “Si trattava di una conversazione con i miei parrocchiani a fine messa- precisa don Pietro De Luca, parroco di Paola, nel cosentino -. L’argomento era ‘salvaguardiamo le parole per salvaguardare la nostra vita’». Il parroco, nella conversazione post-omelia, come ricorda, ha detto ai fedeli: «Io me ne andrei dall’Italia se avessi l’età giusta perché è in mano a persone che non sanno quello che dicono». Ecco il suo esempio come sintesi del concetto: “Di Maio dopo avere incontrato un uomo dello spessore di Draghi non avrebbe dovuto dire che gli aveva fatto una bella impressione. Ma insomma, un po’ di umiltà, sennò non ci capiamo più».
Carlo Franza