La galleria A arte Invernizzi  ha inaugurato  una mostra personale di Gianni Asdrubali pensata come uno spazio da percorrere che attiva gli ambienti della galleria. A partire dal 1979 l’artista realizza opere che essendo fortemente indipendenti non necessitano di relazionarsi con l’ambiente circostante in quanto sono interattive, si rafforzano a vicenda e, se anche differenti, possono avere disposizioni infinite e casuali oppure possono essere presentate da sole o divenire corpo unico.

Nella prima sala al piano superiore della galleria sono esposte due opere in cui la tensione energetica dell’immagine, data dalla contrapposizione tra pieni e vuoti, è mostrata al suo apice grazie all’azzeramento della cromia – qui l’artista utilizza soltanto il bianco e il nero – accentuando così il contrasto visivo e spaziale.
Proseguendo lungo il percorso della mostra diventa sempre più evidente la volontà di Asdrubali di utilizzare la pittura al fine di annullare qualsiasi superficie, sia che si tratti di una tela, un muro, una ceramica, un plexiglas o altro. È da questo annullamento del supporto che si genera “l’immagine”, la figura ultima in quella soglia tra il detto e il non detto. Nella seconda stanza del piano superiore e negli uffici della galleria, il segno archetipico dell’artista si presenta reiterato in forme spigolose e variabili, disposto come frammenti sulla parete. Al piano inferiore si assiste a un’esplosione energetica in cui il colore e la disposizione delle opere nello spazio espositivo generano visioni dinamiche e vibranti: le recenti Stenkanibale e Zakeusse si configurano come spaccature della parete dalle quali emerge la forza enigmatica e intensiva di un’immagine degenerativa.

Osseva Gianni Asdrubali :“Per far sì che un’opera possa fare spazio, cioè possa attivare lo spazio circostante da passivo ad attivo, c’è bisogno che questa sia fortemente autonoma, indipendente, una singolarità insomma. Occorre cioè che l’opera non sia agganciata ad alcun contesto ma che sia essa stessa il contesto. Tutte le informazioni del mondo che passano nella mente dell’artista e che originano la forma/antiforma dell’opera sono solo strumentali e non protagoniste sull’opera. Tutte le informazioni/interazioni, durante il processo di lavoro, devono annullarsi in funzione di una nascita, di un risultato ultimo che è ‘altro’ rispetto alle informazioni iniziali. Solo se l’opera è ‘sola’ potrà fare mondo, altrimenti racconta del mondo.”

La mostra ripercorre gli ultimi quindici anni del lavoro di Gianni Asdrubali sia attraverso opere su tela come Stoide (2007), Stresse (2017) che opere in plexiglas e legno dal nome Zakeusse (2021) e Stenkanibale (2021).

Carlo Franza

 

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