Questo “Divus” è un capolavoro della contemporaneità. L’autrice è Marisa Settembrini. Un telero in formato 130 x 150 cm. raffigurante Cesare Augusto,  dal titolo “Divus” è entrato a far parte della Collezione del Circolo Ministero Esteri di Roma; si unisce a opere di Arnaldo Pomodoro, Sandro Chia, Umberto Mastroianni, Pietro Consagra, Giorgio De Chirico, Luciano Schifano, Arturo Vermi e altri.   Marisa Settembrini tra maggio e settembre 2021 qui  al Circolo Ministero Esteri di Roma aveva tenuto una storica mostra dal titolo “Geografie dell’icona”, inaugurata dagli Ambasciatori  Umberto Vattani e Gaetano Cortese  e dal Ministro Plenipotenziario Luigi Maria Vignali. Marisa Settembrini, artista di chiara fama e Docente a Brera nutre da sempre una grande passione per il disegno e da sempre è affascinata dalla Storia, dalla Filosofia e dalla Cultura Classica. Il telero della serie Divus e Diva rappresenta  l’imperatore Augusto, quello che ha segnato  storicamente il passaggio dall’avanti Cristo al dopo Cristo, l’Imperatore per eccellenza;  il  divus

Augustus, l’Augusto divinizzato, l’imperatore che durante i quattro decenni  del suo principato portò i confini di Roma  oltre l’intero bacino del Mediterraneo. Gaio Giulio Cesare Augusto (in latino : Gaius Iulius Caesar Augustus; nelle  epigrafi: C·IVLIVS·C·F·CAESAR·IIIVIR·RPC;  (Roma 23 settembre 63 a.C. – Nola 19 agosto 14 d. C.), nato come Gaio Ottavio Turino (Gaius Octavius Thurinus) e meglio conosciuto come Ottaviano o Augusto, è stato il primoimperatore romano dal 27 a.C. al 14 d.C. Nel 27 a.C. egli rimise le cariche nelle mani del senato; in cambio ebbe un imperio proconsolare che lo rese capo dell’esercito e il  Senato romano, dietro suggerimento di  Lucio Munazio Planco gli conferì il titolo onorifico di  Augustus il 16 gennaio  27 a.C.,  cioè “degno di venerazione e di onore”, e il suo nome ufficiale fu da quel momento Imperator Caesar Divi filius Augustus (nelle epigrafi IMPERATOR·CAESAR·DIVI·FILIVS·AVGVSTVS). Gli Imperatori sapevano benissimo di essere mortali, ma la protezione degli dei che essi garantivano all’Impero li indicava come “divini”. L’idea di questo ciclo  denominato “Divus”  è partita  dalla visione della mostra che “celebrava” la figura di Augusto imperatore romano  alle Scuderie del Quirinale a Roma tra 2013  e  2014 anno in cui ricorse  il bimillenario della morte del princeps deceduto a Nola il 19 agosto dell’anno 14 dopo Cristo; una mostra nuova e attualissima che rompeva il silenzio  sull’imperatore   che durava dal lontano 1937, ovvero in epoca fascista, quando ci fu la colossale esposizione “Mostra augustea della romanità” nel Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Marisa Settembrini tra le artiste italiane più rappresentative, alla luce anche dei capitoli fino ad oggi affrontati  e soprattutto delle estetiche che l’hanno coinvolta  dai Nouveaux realistes per una affinità stilistica o generazionale per via degli strappi cartacei, ai decollages,  alla Poesia Visiva o meglio alla Poesia Visuale, eccola oggi innervata nella “nouvelle image”, nell’immagine classica  rivisitata e riproposta, quel filo rosso che lega l’antico al nuovo, la tradizione al moderno, il passato al presente; tanto che la serie dei “divus” e delle “liturgie romane” scandiscono proprio la sua attenzione al mondo classico che  rivive  nella contemporaneità con superba inventiva, modulando anche quell’efficacia barocca che meglio si presta alla rivisitazione  insufflata di accensioni intrise di comunicazione e linguaggi multimediali. E’ stato detto che “Le immagini vivono un’autentica valenza, una sublimazione creativa che ostenta la storia, la cronaca, l’arte, l’estetica, la narrazione del grande o piccolo frammento; la citazione iconica della grande immagine è costruita in un fotomontaggio che fa leggere sia la lingua figurale che l’impianto verbale che incornicia, solleva, innalza, pone, illumina il senso della visione, ipernova, perchè si porta oltre la bellezza artificiosa. Così avvicinarsi al passato non può essere che un atto mutilato e frammentario. Queste piccole “finestre” che ricreano la superficie dell’opera sono decorazioni o forse i frammenti di un’altra opera? Ogni frammento rimanda a un’opera che ci sfugge nella sua totalità ma la cui probabile esistenza ci viene indicata dall’immaginario. In questo modo ogni frammento evoca altro e così via, all’infinito. L’uso della frammentazione e del collage è una pratica moderna, porta ad assemblaggi insoliti. Il gusto di fabbricare storie ci ricorda i romantici e la loro passione per le rovine, per le tracce delle intemperie e i segni del tempo trascorso. Ancora una volta ciò che è in ballo è il nostro rapporto sempre mutilato con il passato e la sua abilità di artefice. Il frammento rivela la mano e l’abilità dell’artista, non il talento aleatorio del tempo. “Con modernità intendo l’effimero, il fugace e il contingente” scriveva Charles Baudelaire nel 1863, “la metà dell’arte di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile”.

Ora quest’opera che ha un titolo nobilitante, vale a dire “Divus”,  ci sorprende ancor più alla luce di una citazione del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche che diceva  come l’arte  sia sempre stata un eterno  ritorno delle stesse cose mutate, trasformate, diverse, ma irrimediabilmente  le stesse, nate dalla necessità  indistruttibile  degli esseri umani di creare,  d’aver successo, di fare mercato e soprattutto di comunicare, non solo con parole ma anche con immagini. Un ritratto, un solo elemento carico di sacralità e storia, ora fa sì che Marisa Settembrini  utilizzando l’arte classica  nel tracciato del  contemporaneo, lascia intendere come la grande arte possa avvicinarsi al miracolo dello stupore, specie in un contesto museale qual’è   il Circolo Esteri di Roma, ormai cattedrale  della società contemporanea.

Carlo Franza  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tag: , , , , , , , , , , , , , , , , , ,