Inaugurata la prima di una serie di esposizioni realizzate con le opere della Collezione Tacchini, visitabile fino al 25 settembre 2022 presso i Musei di Nervi – Wolsoniana, Genova.  Da oggi un percorso museale con i lavori in ferro battuto di Umberto Bellotto. È stata inaugurata “Collezione Tacchini. Atto primo. Scultura e opere di carta”, la prima di una serie di mostre che la Wolfsoniana di Nervi realizza grazie alle opere donate dalla Collezione Tacchini.

A oltre quindici anni dal primo incontro tra Micky Wolfson e Francesco Tacchini, la Collezione Tacchini approda infatti alla Wolfsoniana, ufficializzando così la stipula di un Trust tra Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e il collezionista per la gestione e la promozione della sua cospicua e preziosa raccolta d’arte. Insieme alla mostra, è stato inaugurato anche un nuovo percorso museale dedicato alle opere di Umberto Bellotto, il maestro veneto del ferro battuto. Le opere provengono dalla Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro di Venezia.

Curatori della mostra e del nuovo percorso museale sono Matteo Fochessati e Gianni Franzone, da poco prematuramente scomparso. E questo doppio appuntamento alla Wolfsoniana di Nervi è un’occasione per ricordare lo studioso.

La mostra delle Collezione Tacchini propone una se­lezione di lavori su carta e di scultura che testimoniano la variegata identità e i principali caratteri della Collezione. Due sono i filoni che si sviluppano all’interno di questo percorso: da un lato sono documentati alcuni aspetti delle ricerche grafiche e pittoriche in Liguria, negli anni a cavallo tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento; dall’altro si possono ammirare, attraverso un’ampia panoramica internazionale, alcune tra le principali esperienze delle avanguardie storiche del ventesimo secolo.

Nel primo ambito sono protagonisti nomi di rilievo come Edoardo Alfieri, Eugenio Baroni, Edoardo De Albertis, Francesco Falcone e Adolfo Lucarini, posti a confronto con scultori di livello nazionale come Leonardo Bistolfi e Francesco Messina che lavorarono in Liguria contribuirono a rav­vivare il già effervescente contesto di ricerca locale. Questa selezione di bronzi e di gessi si integra con i disegni e i dipinti su carta di alcuni tra i più celebri pittori liguri, documentando in tal modo le principali correnti espressive dell’epoca.

Nella sequenza delle opere delle avanguardie, oltre ai lavori artistici di esponenti del primo e del secondo futurismo, come Cesare Andreoni, Giacomo Balla,  Tullio Crali, Fortunato Depero, Gerardo Dottori e Gino Severini si espongono anche pitture e disegni di alcuni celebri protagonisti internazionali, tra i quali Salvador Dali’, Sonia Delaunay, Natalja Goncˇarova, Julio Gonza´les, George Grosz e Fernand Le´ger. A tali maestri del Novecento si affiancano alcune figure meno note in Italia, come Sandor Bortnyik, Paul Joostens e Marie Vassilieff, che pure svolsero, tuttavia, un’attività di primo piano all’interno dei nuovi sperimentali fenomeni artistici dell’epoca

Avanguardie. Ampia e articolata si presenta in mostra la panoramica delle esperienze avanguardistiche del Novecento. Tra i principali fenomeni artistici emergenti spicca per varietà e numero di opere il futurismo, di cui è possibile ripercorrere le principali tappe storiche e le con­nessioni internazionali, come documentato dalla presenza di una china su carta di Delmarle del 1913 (anno in cui pubblicò il Manifesto Futurista contro Montmartre), nel quale si possono riconoscere l’influenza del dinamismo boccioniano e delle opere di Severini dedicate alla danza. Quest’ultimo è presente con due opere, tra cui una maternità che, coeva al celebre dipinto di analogo soggetto che nel 1916 segnò la sua clamorosa adesione al clima del “ritorno all’ordine”, appare ancora caratterizzata da un senso geometrico delle proporzioni e da una rigorosa visione dello spazio di matrice cubo futurista. Nella fase di passaggio tra primo e secondo futurismo si possono invece collocare il carboncino di Dottori e le opere di Balla e Depero, firmatari nel 1915 del manifesto Ricostruzione futurista dell’universo, considerato uno spartiacque tra le due fasi del movi­mento; mentre le opere di Andreoni, Benedetto e Crali testimoniano le diverse sensibilità del futurismo più maturo. Se una dimensione fantastica caratterizza il collage di Franz Roh, cui si deve la prima definizione critica del fenomeno del Realismo magico, e lo studio di Dali’ per il cortometraggio Destino che, frutto della sua collaborazione con Walt Disney, fu realizzato solo nel 2003 dal nipote Roy Edward Disney, le opere di diversi artisti in mostra rimandano invece allo sperimentale clima di ricerca artistica della capitale francese. Provenienti entrambe dalla Russia, Marie Vassilieff, considerata una tra le più originali interpreti del cubismo, e Sonia Delaunay che, riprendendo l’intensa gamma cromatica dei suoi dipinti, guidò un radicale rinnovamento nell’arte tessile, trionfarono infatti a Parigi, dove furono pure operanti Lèger, autore di una felice sintesi espressiva cubo-futurista, Herbin, uno tra i più secondo dopoguerra fu uno dei membri del gruppo dei “Jeunes peintres de tradition française”. Legati agli insegnamenti del Bauhaus appaiono infine gli esiti artistici di Florence Henri, nota per le sue innovative sperimentazioni fotografiche, e di Sandor Bortnyik, promotore del moderno graphic design in Ungheria. Contro l’ideologia del nazismo, che nel 1933 decretò la chiusura della più celebre scuola d’arte del Novecento, a lungo si oppose George Grosz, che proprio attraverso opere come Gas Mask reagì con fermezza all’aggressiva e militarista retorica dell’emergente regime.

Scultura. Il percorso dedicato alla scultura ligure prende avvio da un’opera paradigmatica delle atmosfere simboliste: la versione in gesso della testa de L’Alpe, il monumento a Giovanni Segantini di Bistolfi che, tra i principali interpreti del rinnovamento delle ricerche plastiche in Italia a cavallo tra Otto e Novecento, lasciò alcune significative testimonianze della sua opera a Genova, al Cimitero di Staglieno, e a Sanremo, con il monumento dedicato a Garibaldi. Nello stesso ambito si possono collocare le coeve prove scul­toree di Merello e di De Albertis il quale, tuttavia, sin dai primi anni venti abbandonò le componenti bistolfiane per una dram­matizzazione della materia ispirata, attraverso la lezione di Rodin, al neomichelangiolismo, come evidente nel progetto per il Monumento ai caduti di Genova o nel più tardo gesso Paolo e Francesca. Uno sviluppo espressivo altrettanto marcato si co­glie nell’opera di Baroni che, autore nel 1911 circa di un Cristo in gesso caratterizzato da una lirica morbidezza del modellato, già nei primi anni venti sperimenta nei bozzetti delle statue per la Galleria Nino Bixio un’incisiva arcaizzante stilizzazione.
Il passaggio dal linearismo liberty a una semplificazione volu­metrica dèco determinò nuovi percorsi di ricerca, come quelli intrapresi con marcata autonomia linguistica da Lucarini. Allo stesso tempo, a una generale affermazione negli anni Trenta del gusto Novecento – declinato da Messina con solide volumetrie, atte a saldare la compiuta sintesi tra realismo e classicismo, e da Morera attraverso un monumentalismo celebrativo impre­gnato di enfasi retorica – si contrappose una tensione espres­sionista, ravvisabile sia in alcune tra le più felici opere di Falcone a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, sia nell’esperienza plastica di Maine del dopoguerra, in stretta connessione con la poetica informale. Fondamentale in questa cruciale fase di passaggio fu il ruolo giocato da Alfieri che, interpretando il dominante linguaggio classicista degli anni Trenta attraverso uno stilizzato arcaismo, presente nel purismo formale del Giovane efebo e del Ritratto di Mario Arcuri, sperimentò nel decennio successivo, in risposta alla drammaticità dell’epoca, un’inquieta e vibrante intensità espressiva, esemplarmente risolta nella torsione del busto in bronzo del 1944.

Grafica. Il percorso dedicato alle opere su carta di pittori liguri tende a incrociarsi con quello proposto dalla sequenza delle sculture in esposizione, come testimoniato, ad esempio, dalla confluenza dei disegni e dell’esperienza plastica di Merello all’interno di un comune alveo simbolista, ispirato da suggestioni sia letterarie (derivanti dalla sua stretta amicizia con lo scrittore, poeta, critico e drammaturgo Sem Benelli, di cui illustrò nel 1915 il poema Le nozze dei Centauri), sia artistiche, come evidenziato dalle sue tangenze stilistiche e iconografiche con le esperienze di Arnold Bocklin, Max Klinger e Franz von Stuck. Altrettanto stimolante risulta il raffronto tra le due teste dei pittori Allosia e Arcuri plasmate da Alfieri e i ritratti di alcuni artisti genovesi: il giovanissimo Messina raffigurato da Giarrusso, l’ironica effigie di Borella tratteggiata da Maccari o l’autoritratto di Scanavino, qui presente anche con due opere del suo esordio informale.
Un altro significativo ambito di ricerca è rappresentato dalla pittura di paesaggio. Tra i primi esempi di pittura en plein air in Liguria, le opere di Rayper risentirono inizialmente l’influenza della cultura romantica del ginevrino Alexandre Calame, per ac­quisire poi un’autonoma e matura coscienza del dato naturalistico e, grazie a tagli orizzontali desunti dalla pittura di Charles Francois Daubigny, un’inedita impostazione spaziale e una mo­derna sensibilità introspettiva nei confronti del paesaggio. Sempre in tale ambito, se la veduta agreste di Barabino sembra risentire ancora la lezione della pittura divisionista, i disegni di Peluzzi e di Picollo manifestano invece, attraverso differenti declinazioni espressive, una matura adesione al clima novecentista; mentre la marina da cui emerge la sirenetta di Geranzani appare decisamente improntata agli stilemi del gusto dèco. Al termine di questo percorso espositivo si propone infine, at­traverso alcuni disegni di guerra, un antitetico approccio espres­sivo e tematico: quello che contrapponeva la cruda e diretta te­stimonianza bellica dei carboncini di Cominetti che, da tempo residente a Parigi, combatte´ sul fronte francese tra il 1914 e il 1918, e la retorica celebrazione del conflitto degli studi preparatori di Santagata per i cicli di affreschi che gli furono commissionati in tutta Italia dall’Associazione nazionale dei mutilati e invalidi.

Umberto Bellotto – Un percorso tra i ferri battuti. In occasione dell’acquisto da parte del Ministero della Cultura e della consegna in deposito temporaneo alla Wolfsoniana di alcune opere di Umberto Bellotto di pertinenza della collezione della Galleria Gior­gio Franchetti alla Ca’ d’Oro di Venezia, si propone alla Wolfsoniana un percorso dedicato al maestro veneto del ferro battuto e ad al­cune significative testimonianze della coeva produzione italiana in tale specifico ambito artistico. Le opere giunte in deposito – tra cui due esemplari dei celebri “con­nubi” nei quali Bellotto, con eleganza e leggerezza, faceva dialogare le sue mosse ed energiche volute in ferro con le creazioni in vetro degli Artisti Barovier e dei Fratelli Toso – si integrano, lungo tutte le sale del museo, con alcuni suoi lavori conservati presso la Wolfsoniana. Tra essi la nave in ferro, poggiante su un supporto a stelo, che nella sua leggera struttura metallica rimanda al coronamento in lamina del tripode in esposizione, raffigurante un ramo e un gallo. Quest’ultima opera risulta proveniente dalla collezione personale dell’artista, come anche il piatto Leda e il cigno, realizzato alla metà degli anni Venti dalla manifattura ceramica A. Benedettelli & C. di Venezia, con cui Bellotto iniziò a collaborare nel 1921, dando avvio a una nuova produzione artistica. Nel 1927 fondò infatti ad Ascoli Piceno la Manifattura S.P.A.D.A., per la quale creò numerosi vasi e ciotole in ceramica di gusto dèco. A corredo del percorso dedicato ai ferri battuti di Bellotto si espon­gono inoltre due piastre in ferro traforato e forgiato dell’Officina Matteucci di Faenza che, attiva sin dal XVII secolo, si distinse nel corso del Novecento per un rinnovamento in chiave moderna della propria produzione. Significativa, in tale contesto di aggiornamento stilistico, appare anche la Fontana con uccellini di Carlo Rizzarda che, con i suoi raggelati zampilli metallici, riprendeva un tema ico­nografico – quello della “fontana gelata” – paradigmatico del gusto dèco.

Carlo Franza

 

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