E’ morto Pio Monti lo storico gallerista romano. Animatore della scena artistica internazionale.
Motore della scena artistica e culturale nazionale, storico amico di Gino De Dominicis e di tanti artisti anche di impianto internazionale come Christo l’artista dell’impacchettamento, il gallerista romano, originario di Macerata, Pio Monti, si è spento ieri, all’età di 81 anni. Storico gallerista italiano, animatore della vita culturale romana con uno sguardo e una risonanza internazionali, tra i promotori dell’arte di ricerca fin dagli storici anni ’60, Pio Monti è mancato -ci ha lasciato- lasciando nudo il panorama artistico attuale. La notizia ci viene data da fonti vicine alla famiglia. Si interessò subito all’arte contemporanea nel 1969 e aprì la sua prima sede espositiva a Roma nel 1975; e da quell’anno ad oggi, la galleria Pio Monti ha avuto diverse sedi a Roma, anzitutto in via Principessa Clotilde, in Prati, e poi in via dei Chiavari (proprio dove ebbe sede anche la Galleria di Purificato e dove io stesso ho avuto ed ho permanenza a Roma nei miei frequenti approdi nella Capitale)), in uno spazio disegnato da Carlo Berarducci, prima di approdare alla sede attuale in piazza Mattei. Nato nel 1941, a Macerata, territorio marchigiano al quale rimase sempre legato, Pio Monti da giovanissimo iniziò a lavorare per una ditta di cosmetici (diceva: “produceva una crema, “Eterna 27”, che prometteva di fermare i segni del tempo”). Memorabile il suo incontro con Gino De Dominicis; “Poco dopo incontrai De Dominicis che lavorava sull’immortalità! Quando vinsi il campionato studentesco di salto in alto, Gino venne a casa mia e mi fece una dedica: “A Pio, l’immortale”. Con Gino De Dominicis (Ancona, 1 aprile 1947 – Roma, 29 novembre 1998) il gallerista Monti ebbe non solo fraterna amicizia ma strinse un profondo sodalizio professionale e personale, dalla condivisione dell’appartamento romano, in via San Pantaleo, fino alla morte del geniale e controverso artista, anch’ egli marchigiano che è passato alla storia dell’arte anche per la Seconda soluzione d’Immortalità (L’Universo è Immobile), presentata in occasione della Biennale di Venezia del 1972 e si compone di un essere umano in carne e ossa, il signor Paolo Rosa, un giovane affetto dalla sindrome di Down. Nelle sue gallerie, Monti ospitò ben nove mostre personali dell’artista italiano, peraltro esponendo spesso opere realizzate a seguito di un confronto con la vita, con l’immortalità, volgendo uno sguardo anche all’ironia. Monti ricordava ai più spesso come egli stesso avesse provveduto a rintracciare materiale necessario per la messa in opera dei lavori di De Dominicis, in molti casi a dir poco eccentrici anche per la loro stessa composizione, dalla mozzarella agli scheletri. La prima Galleria Monti si aprì a Macerata, nel 1969, con il nome di Artestudio. Fu tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 che Monti incontrò alcuni degli artisti con i quali avrebbe condiviso il suo percorso, come Emilio Prini, Vettor Pisani, Jannis Kounellis, Claudio Cintoli. Fautore di una pratica dell’arte aderente alla vita, Monti amava trovarsi nell’epicentro in cui le cose accadono e il 27 novembre del 1975 inaugurò la Galleria Pio Monti in via Principessa Clotilde, a Roma. Sul finire degli anni ’70 il trasferimento dapprima in via dei Chiavari a due passi da Campo de’ Fiori e, quindi, alla Galleria PIOMONTI Arte Contemporanea in Piazza Mattei. Negli anni ’90, in parallelo con l’attività romana, Pio Monti decise di riaprire una sede della galleria anche a Macerata. Anche il figlio Gino Monti aperse uno spazio in Ancona, galleria che rimase aperta solo due anni e dove ho potuto vedere mostre sia di Andrea Boldrini fratello di Laura Boldrini, che del fotografo Giorgio Cutini. Al 2015, invece, risale l’apertura della Galleria L’Idill’io arte contemporanea in Piazza Giacomo Leopardi, a Recanati.
Con Pio Monti scompare un gallerista e un mercante di assoluto rigore, di preziosa lungimiranza, insomma un personaggio che ha fatto anche la storia dell’arte del secondo novecento; con lui ho avuto una collaborazione artistica preziosa, una sponda sicura che indicava a noi intellettuali come si muovesse l’arte italiana contemporanea.
Carlo Franza