“Accadde in Versilia”, la mostra prodotta dalla Società di Belle Arti con il Comune di Forte dei Marmi e Fondazione Villa Bertelli, propone, al Forte Leopoldo I dal 17 giugno al 5 novembre 2023, la lettura in punta di pennello di quel magico momento che la Versilia visse a cavallo tra ‘800 e ‘900. Quando il paesaggio incredibilmente armonioso, il clima e le acque calamitarono qui il beau monde europeo e non solo. Personalità attratte dai bagni, certo, ma anche dall’ambiente culturale creato da chi “in stagione” qui si dava appuntamento, improvvisando cenacoli artistici, letterari e musicali. Villeggianti insieme a marinai, contadini, cavatori: mondi diversissimi, spesso solo tangenti. Affascinanti, non meno del paesaggio, agli occhi degli artisti italiani e stranieri che si fecero stregare dalla Versilia: da Puccinelli a Fontanesi, Signorini, Cabianca, Viner, Lear, Vedder, Skovgaard, Poingdestre, tra i molti. “Accadde in Versilia” focalizza la sua indagine su tre grandi protagonisti di quel momento magico: Plinio Nomellini, Lorenzo Viani e Moses Levy. Proponendo una raffinata selezione di loro capolavori, alcuni non più visti da tempo, provenienti da collezioni private, ad eccezione dello straordinario Festa al villaggio di Nomellini, concesso dalla Pinacoteca “il Divisionismo” della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona. Plinio Nomellini agli inizi degli anni Novanta orienta il proprio linguaggio verso nuove sperimentazioni, sia divisioniste, grazie alla frequentazione di Pellizza da Volpedo, sia neo impressioniste, importate da Parigi. Il suo incontro del 1903 con Giovanni Pascoli aggiunge una svolta simbolista alla sua pittura. La selezione di sue opere per la mostra versiliese è anticipata dalla grande tela di Giuseppe Viner, La semina, parte del trittico Terra Madre, esposto nel 1906 per l’inaugurazione del valico del Sempione. Nomellini qui racconta la straordinaria quotidianità che trascorre in Versilia. Ecco la costruzione di un bastimento (Cantiere, 1904) o la semplice ritualità domestica, come in L’ora della cena (1898) o in Ore quiete (1898), o il folklore paesano (La chiesa di San Frediano a Lucca, 1930 circa). Immagini di una civiltà contadina, vera protagonista e depositaria di un luogo primigenio, ancora preservato dal rutilante caos della modernità.
Le ridenti e pacate immagini della Versilia offerte da Nomellini e, successivamente, da Moses Levy sono bruscamente deviate dal É il caso della ieratica immagine della Moglie del marinaio, Sul molo. In attesa del rientro delle barche, Peritucco con il fiocco rosso, della scarna china dei Viandanti e di Vecchio pescatore. La sua è un’arte che si ispira, spesso, alla dimensione drammatica della quotidiana vicenda degli umili, di chi fieramente si oppone o con fatica sopporta la durezza della vita. Con il disegno cattura la miseria ma anche la speranza che gli uomini portano scolpite nelle rughe del volto. La terza sezione è dedicata a uno dei massimi protagonisti della stagione artistica versiliese dei primi tre decenni del ‘900, Moses Levy. Tunisino di nascita, elesse questa terra a sua patria, divenendo uno dei più ammirati e suadenti cantori di quella che potrebbe definirsi come una tarda “belle époque” versiliese, rovescio estetico-iconografico del più grave scenario presentato dall’amico Lorenzo Viani. La sua pittura si evidenzia per lo stile personalissimo che, pur nutrendosi delle contaminazioni europee cezanniane e cubiste, tanto quanto degli echi metafisici e futuristi, non risulta in alcun modo etichettabile e sarà viatico e spunto per l’arte italiana a venire. Le opere selezionate coprono circa un trentennio (1911-1938), evidenziando quello “spettacolo fisso in mutazione continua che sarà sempre il linguaggio di Levy”. Tra i capolavori in mostra, Donna con cappello bianco, Cinema Eolo e Folla di sera sul lungomare di Viareggio, la luminosa serie delle Spiagge, Profilo di giovinetto e Anna e l’amica, che includono a pieno Levy nel contesto artistico italiano degli anni Venti, fino ad arrivare a esiti di stupefacente modernità nell’espressionismo cromatico di gusto matissiano del più tardo Signora in rosso al caffè. La mostra, dunque, offre al visitatore un nutrito nucleo di opere, sorprendenti per originalità compositiva e forza evocativa, assimilabili a testimonianze poetiche di luoghi geografici e dell’anima che, alle soglie del Novecento, documentano il coraggioso aggiornamento di “questo piccolo mondo antico” con le nuove correnti che stanno spirando d’Oltralpe.

Carlo Franza

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