“Hypsas” è  la nuova plaquette di poesie di Valerio Mello (Hypsas, Edizioni Ensemble, Roma, 2024, Euro 13,00), tra i più quotati poeti italiani dell’oggi; libretto  che mi è caro  e che mi ha dedicato con “a Carlo con tutto il bene del mondo”.  Queste poesie l’ho assaporate, lette e rilette più volte, perché da sempre sono un grande amante della poesia, avendo avuto ed ho tutt’oggi tanti amici poeti, da Sandro Penna a Pier Paolo Pasolini, da Francesco Scarabicchi a Umberto Piersanti, da   Alda Merini a Giuseppe Ungaretti, da Girolamo Comi a Vittorio Bodini. Il poeta Valerio Mello (Agrigento, 1985) di cui negli anni scorsi mi ero interessato con recensioni per altri suoi volumetti di poesie da “Asfalto” a “Cercando Ulisse”, vive in Lombardia ma le sue radici siciliane le ha stampate nel cuore. Ecco spiegato il titolo della recente raccolta, la poetica e la narrazione di fondo, che richiama la divinità del fiume omonimo nella Sicilia occidentale, l’odierno Belice. Oggetto di culto particolare in Selinunte, Hypsas viene rappresentato in varî tipi monetali di questa città secondo una iconografia sostanzialmente costante, un giovane di forme efebiche, nudo, che con la phiàle (un antico vaso rituale greco, in ceramica o in metallo) sta dinanzi ad un altare intorno al quale un serpente avvolge le proprie spire. Un’altra città, prossima anch’essa al corso dell’Hypsas pur se molto più a monte – Entella – dà nella sua monetazione una rappresentazione figurata del dio del fiume, secondo un tipo monetale assai diffuso nella monetazione siceliota, come un toro con protome umana. D’altronde Selinunte con il fascino della civiltà greca e cartaginese, ci appare agli occhi con i suoi templi dorici, tra colonne cadute e rovine di mura, mostrando la sua passata grandiosità; situata in una bassa terrazza, affacciata sul mare, l’Acropoli è delimitata da due fiumi: il Selinus, chiamato oggi Modione, e l’Hypsas, il fiume Cottone, sulle cui foci erano situati due porti, che oggi sono sotterrati. I fiumi hanno sempre mosso l’interesse e i ricordi dei poeti, rammento fra i tanti Ungaretti con “I fiumi”, una poesia scritta nel 1916 e pubblicata nella raccolta “Allegria”, dove il poeta ricorda i fiumi che hanno segnato le tappe della sua vita: il Serchio, il Nilo e la Senna. E’ stato così anche per Mello e nella postfazione Andrea Carnevale ha scritto: “Il fiume scorre, trascina, pulisce, conduce ciò che conserva e lo porta in offerta. Il denso e mirabile poemetto di Mello fa diventare le antiche divinità -a cominciare da quella fluviale a cui è ispirato e dedicato- incarnazioni stesse della Poesia e del suo attraversare la storia. Un fluire che conserva e innova a ogni svolta le sue origini (il mondo greco e l’acume virgiliano), che travolge una lingua che non sa più dire per offrirla in sacrificio nel suo andare, con una voce che “abita a ritroso”, verso la sorgente di ogni domanda”.

Colpisce nella poesia di Mello la ricchezza di citazioni, il rimando pervasivo ai filosofi, il tutto attraverso l’utilizzo di un linguaggio essenziale, lirico e no, al limite del prosaico, e   se l’uso della lingua è talvolta sofisticato è il modo per il poeta di ottenere quella giusta composizione alchemica capace di dissolvere la formula filosofica in immagine poetica (“Conosci te stesso, nell’adyton si sporge/ la vista,/ inizia la vestizione,/ oltre qualunque luogo./ L’estasi dei corpi discesi al / significato/…(pag. 43).

Questa sua poesia è ancora abitata d’antico, perché abitare vuol dire scavare nel suono e nel colore delle parole, penetrare nelle memorie sepolte dal tempo e decifrare quello che oggi resiste, in questo soggiorno ordinario con la storia, l’infinito e il nulla. Si tratta di una poetica scandita da armonie lontane, da suggestioni simboliche-alchemiche, e anche da presenze religiose, immaginarie, metafisiche.

Mello si affida alla sensibilità, alla cultura che gli appartiene, per vedere ciò che gli altri non vedono, ecco quell’immersione nell’Hypsas, della descensus ad inferos, e far suo quel viaggio che fu già di Enea per incontrare suo padre Anchise; Facilis descensus Averno: noctes atque dies patet atri ianua Ditis; sed revocare gradum superasque evadere ad auras, hoc opus, hic labor est. /Scendere agli Inferi è facile: la porta di Dite è aperta notte e giorno; ma risalire i gradini e tornare a vedere il cielo – qui sta il difficile, qui la vera fatica” (Eneide, VI, 126-129). Leggo: “Incontro i morti sui margini dentati delle foglie, /ospiti e pietrisco più brillanti – centellinando le veglie,/ perché i nomi vanno incontro a ciò che si ripete;/ e il sole di Eraclito è nuovo tutti i giorni…”(pag. 119.

L’autenticità della parola, dei versi di Mello, l’incondizionatezza del pensiero sono essenziali per la poesia che è tensione alla verità data dall’inquietudine che “perlustra e scruta” per dirla, con un famoso verso        di Caproni, l’intreccio tra paesaggio interiore paesaggio esteriore, il confine tra soggetto e oggetto, tra tempo ed eternità, orizzontalità e verticalità. Questa poesia di Mello ci riporta a un’origine, al “verde paradiso degli amori infantili” come scrive Baudelaire  in una poesia, a un’origine che possiamo soltanto sognare, il sogno di un paradiso sulla terra, quel fazzoletto di terra agrigentina che è caro al nostro poeta, malinconico e struggente; il suo sentirsi finalmente a casa, nella terra delle sue radici,( Viaggio con i miei morti sul treno verso la costa./ Li vedo, là dove il mondo parla dei giorni immersi nel fiato. Usiamo la stessa lingua, e nessuna lingua appartiene alla vita/ o alla morte…pag. 12),laddove nasce e sprofonda l’Hypsas in quel mondo sotterraneo come attesta il mito di Orfeo, e dove scese pure il padre dei poeti stringendo insieme la poesia e l’amore in un solo destino.

Il poeta in molti versi e frammenti ci consegna una mistica delle cose, e pietre, rocce, sassi, quella materia inanimata, è risignificata in molteplici figurazioni simboliche, surreali; racconta il proprio incantamento di fronte all’universo, le linee di una parva poetica degli elementi, volta a decifrare segni misteriosi, nascosti nell’aria, nell’acqua, nella luce e nei colori.

Hypsos è il fiume come flusso della vita e incontro con la morte. “Chiamo Hypsas…/ viaggio di ritorno / è tempo dell’acqua / che conduce /il trasporto dei cunicoli e / dei sentieri sotterranei, / fra radici come fiumi / che accarezzano; / e non smette di essere /viaggio /…”(pag. 39).  La natura del ritmo è infatti sia memoriale sia magica, il ritmo mima il ritorno, rievoca un sentimento e veicola una preghiera (al dio, all’antenato, allo spirito dell’animale o del fuoco). E’ così che Mello vive la poesia, un modo per mettere l’inaccessibile alla portata di tutti.

Valerio Mello (Agrigento, 1985) vive a Milano dal 2011. Ha pubblicato sette libri di poesia, tra cui Rive (Ensemble, 2022), e ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Nel 2023 è stato nominato Cavaliere Accademico di Grazia dall’Accademia dei Nobili di Firenze e Cavaliere della Real Confraternita di San Teotonio del Portogallo per meriti culturali e letterari.

Carlo Franza                                                                                                                            

 

 

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