Non dimentico la voce di Marco Pannella, il politico e intellettuale italiano che in tempi ormai lontani diceva di “Israelizzare il Medio Oriente”.  Parole vere, forti e illuminanti. Era ora, era tempo. E’ quello che oggi vediamo con i nostri occhi, con l’attacco di Israele all’Iran per decapitare i vertici, rovesciare il regime islamico e porre fine alla malvagia idea che quel paese potesse avere l’atomica.  E diciamola tutta, se l’Iran avesse avuto già l’atomica l’avrebbe usata senza dubbio per distruggere lo stato ebraico. Invece questa guerra taglierà la testa velenosa al serpente iraniano.  Il figlio dello Scià di Persia si candida a guidare l’Iran: “Sono disposizione del mio popolo”. Rezha Ciro Pahlavi si era già offerto di poter contribuire alla transizione democratica. Ora ribadisce la speranza di tornare nel suo paese.

Ne è da dimenticare che Israele combatte anche per difendere i valori occidentali. Quando parliamo di israelizzare il medio oriente è perché – a dispetto dell’Iran- Israele vuole espandere l’idea di tolleranza e libertà oltre Gerusalemme. Lo stato ebraico è luogo preferito da arabi appartenenti a minoranze sessuali, etniche e religiose dell’area. Persone Lgbt palestinesi trovano salvezza in Israele.  E i cristiani? Dopo la seconda guerra mondiale in zona ve n’erano 50 milioni, oggi ridotti a 16 milioni. Israele è l’unico paese del medio oriente da cui non scappano. In Siria dopo il crollo del regime di Assad, una minoranza arabo siriana ovvero i drusi del Golan combattono uniti allo stato ebraico per non farsi governare dai fratelli arabi.  I drusi siriani avevano saputo dai parenti israeliani che sotto il governo di Gerusalemme si vive bene. Cui si aggiungono altre minoranze come alawiti, cristiani e curdi; tutti sanno che Israele è il posto migliore in cui vivere. Stessa sorte oggi è toccata al Libano, proprio il ricco paese dei cedri che era sotto scacco velenoso degli Hezbollah mossi dall’Iran. I terroristi sciiti avevano una milizia privata che poneva veto al governo in carica. Sicchè il Libano oggi è uno stato fallito. Dopo le operazioni militari israeliane che hanno decimato la milizia sciita, ora rinasce la speranza: sono sempre più numerosi i politici libanesi che chiedono che Hezbollah venga disarmata. Lo stesso presidente libanese Joseph Aoun lo ha fatto, ripetutamente.

Alla luce di quanto ha fatto in Libano oggi l’esercito israeliano, vedremo se Europa, Usa e Stati del Golfo riusciranno -spazzati gli Hezbollah- a far rifiorire la democrazia libanese. Ma tutto ciò dopo aver rovesciato il regime iraniano, che per decenni ha seminato morte, esecuzioni e terrore sia in politica estera che in politica interna. E l’ayatollah -così chiamato anche se non lo è (i suoi detrattatori iraniani lo chiamano “sei anni di scuola” ovvero le elementari – ʿAlī Ḥoseynī Khāmeneī (Mashhad 19 aprile 1939), politico e religioso iraniano guida suprema dell’Iran, nonché il massimo esponente nazionale del clero sciita, è l’uomo più potente dell’Iran, ora messo in pericolo dall’operazione Rising Lion di Israele e in fuga.  Lo aveva ben annunciato il capo di stato maggiore israeliano Eyal Zamir, ed anche il capo del Mossad David Barnea, così come i vertici dell’Idf e il  ministro della Difesa Israel Katz che se “Khamenei continuerà a lanciare missili contro la popolazione israeliana, Teheran andrà in fiamme”.  In questo momento in cui scrivo colonne interminabili di automobili portano i cittadini di Teheran a scappare dalla capitale. Sarà questione di ore ma la capitolazione arriverà. Un funzionario israeliano ha confermato al Wall Street Journal: per Tel Aviv “il dittatore iraniano non è off limits”.  L’augurio e il sostegno tutto per Israele, perché la sua lotta non sia vana, e porti l’Iran a liberarsi da questi despoti sciiti e far rientrare la dinastia dello Scia di Persia.

Carlo Franza 

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