Addio a Francesca Duranti, narratrice del sentimento. Scompare una delle voci più vere e raffinate della narrativa italiana del secondo Novecento. Aveva 90 anni.
La scrittrice Francesca Duranti (1935-2025), una delle voci più originali, più vere e più raffinate della narrativa italiana del secondo Novecento, che nei suoi romanzi ha descritto l’intimità, la memoria e il disincanto di una generazione, è morta a Lucca all’età di 90 anni. I funerali si svolgeranno lunedì 3 novembre 2025, alle ore 15, alla Casa del commiato della Croce Verde, lungo la via Romana a Lucca.
Ho perso non solo un’amica, ma ho perso una grande scrittrice, una che la letteratura la conosceva, la sentiva e la viveva. Debbo subito dire che la Duranti apparteneva a quella bella schiera di grandi scrittrici italiane che il Paese Italia ha avuto -ne cito qualcuna-, da Lalla Romano ad Alba De Cèspedes, da Elsa Morante a Natalia Ginzburg, da Amelia Rosselli ad Anna Maria Ortese.
Nata a Genova il 2 gennaio 1935 con il nome di Maria Francesca Rossi, figlia del giurista e parlamentare socialdemocratico Paolo Rossi, che fu presidente della Corte costituzionale (1975-78), la Duranti aveva scelto da tempo di vivere tra la campagna lucchese, a Villa Rossi a Gattaiola, e New York, due luoghi che incisero non poco e riflettevano il doppio volto della sua scrittura, in parte intimista ma anche cosmopolita, in parte ironica ma anche malinconica. Autrice di romanzi amati dal pubblico e dalla critica, Duranti si era imposta nel panorama letterario con “La casa sul lago della luna” (Rizzoli, 1984), finalista al Premio Strega e vincitrice del Premio Bagutta, tradotto in sei lingue e considerato il suo capolavoro. In quel romanzo, la protagonista inseguiva un misterioso manoscritto e, attraverso di esso, la propria identità, un tema, quello della ricerca di sé attraverso la parola, che avrebbe accompagnato tutta la sua opera. Dopo gli esordi con “La bambina” (1976) e “Piazza mia bella piazza” (1978), entrambi editi da La Tartaruga, Duranti pubblicò una serie di titoli che scandirono la sua maturità narrativa: “Lieto fine” (Rizzoli, 1987), “Effetti personali” (Rizzoli, 1988, Premio Campiello e Premio Hemingway), “Ultima stesura” (Rizzoli, 1991), “Progetto Burlamacchi” (Rizzoli, 1994) e “Sogni mancini” (Rizzoli, 1996). Con “L’ultimo viaggio della Canaria” (Marsilio, 2003), saga familiare d’ispirazione autobiografica, vinse per la seconda volta il Premio Rapallo-Carige, già ottenuto con “Sogni mancini”.
Nei suoi romanzi che paiono spesso autobiografici, con una scrittura e una lingua impareggiabile, sempre eleganti e misurati, Francesca Duranti ha raccontato le fragilità e le ambizioni della borghesia italiana, muovendosi tra introspezione psicologica e realismo classico, con una scrittura colta ma accessibile, ironica e partecipe. Molti colleghi della critica l’hanno spesso definita “una narratrice del sentimento”, capace di leggere nel profondo e coniugare leggerezza e profondità. Tra le sue ultime opere si ricordano “Il comune senso delle proporzioni” (Marsilio, 2000), “Come quando fuori piove” (Marsilio, 2006), “Un anno senza canzoni” (Marsilio, 2009) e “Il diavolo alle calcagna” (Nottetempo, 2011). Oltre alla narrativa, la Duranti si è dedicata anche alla traduzione e alla riflessione sul linguaggio, come dimostra il “Manuale di conversazione: né rissa né noia” (Pacini Fazzi, 2009). Nel 1988 aveva ideato con Antonio Dini il Premio dei Lettori, istituito a Lucca dalla Società Lucchese dei Lettori, e destinato al miglior romanzo presentato nel corso dell’anno nell’ambito delle iniziative dell’associazione. Tradotta complessivamente in diciotto lingue, premiata anche all’estero – in Francia vinse il Prix des Lectrices de “Elle” – Francesca Duranti ha attraversato con discrezione e rigore più di quarant’anni di letteratura, lasciando un segno profondissimo nella storia del romanzo femminile italiano. L’Italia intera ha perso una grande e preziosa scrittrice italiana che descrisse un paese in cambiamento, la sua evoluzione oltre il boom, la crescita della borghesia e i peccati di questa classe, con una eleganza smisurata.
Carlo Franza
