Roma accoglie nel Foro Romano i “Postclassici”, diciassette artisti internazionali che credono ancora alla bellezza
Chi l’avrebbe mai detto che il Foro Romano e il Palatino, memorie storiche di Roma e del mondo, potessero accogliere una mostra di arte contemporanea? Ci ha pensato il collega Vincenzo Trione, storico dell’arte, che ha riunito diciassette artisti con le loro opere contemporanee che sono state disseminate nell’intera area archeologica. Una mostra di grande valenza storica, intellettuale, concettuale, che ha intessuto un filo fra passato e presente, ricavandone quegli aggettivi forti che spiegano tutto della classicità, ovvero bellezza, armonia, perfezione e sapienza. Ecco allora che artisti dell’oggi entrano in dialogo con la classicità, con il passato. E’ da dire, finalmente! Il curatore ha voluto titolare la mostra con un titolo significativo “I Postclassici”, quasi a dare un apparentamento al gruppo o quantomeno al nucleo di opere selezionate per l’esposizione. Ecco che il mondo antico ci parla non solo attraverso pagine e testi memorabili ed esemplari che pure dettero una svolta non solo all’umanesimo e al rinascimento o alla svolta neoclassica di fine settecento, ma ci parla ancor più con siti, templi, statue, colonne e quanto ancora resiste a Roma nella valle fra il Campidoglio e l’Arco di Costantino. Ecco la grande mostra dell’estate romana capace di recuperare il canone winckelmanniano. Dice Trione : “Classico, per questi artisti non
riguarda solo il passato, ma investe il presente e prefigura gli scenari dell’avvenire. E’ ciò che tende a relegare l’attualità al rango di un rumore di fondo in cui non si può fare a meno. Interrogano la memoria per rafforzare la loro voce. Dialogano con i “padri” per moltiplicare gli spazi dell’immaginario. Pensano le loro opere come dissonanti palinsesti nei quali le orme della tradizione si confondono con quelle della modernità più estrema”. Meraviglia non poco ammirare queste opere contemporanee – e badate bene non di artisti emergenti ma maestri di chiara fama- nel cuore di Roma, in luoghi dove resistono monumenti come il tempio di Romolo, il tempio di Venere e Roma, Vigna Barberini, lo stadio di Domiziano, il Criptoportico neroniano e il museo Palatino. Impresa forte questa di Trione, resistente, e capace di porsi come una sorta di apripista nel bailamme del contemporaneo, dove gli artisti sembrano aver perso ogni bussola nel deserto dell’oggi. Ecco la monumentale Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto che troneggia sotto il tempio di Venere e Roma; e ancora Vanessa Beecroft con le sculture tra i colonnati e i marmi del tempio di Venere; Giulio Paolini nel tempio di Romolo con le sue teche di lettere spedite al curatore fitte di disegni e riflessioni; Mimmo Paladino dall’alto del colle Palatino fronteggia il Colosseo con sei scudi enormi di ferro e inserti di terracotta;Claudio Parmiggiani con un centinaio di calchi in gesso di teste greche e romane; Jannis Kounellis che recupera frammenti dello stadio di Diocleziano e con fare minimalista li compone al suolo tracciando un “tenemos” una sorta di recinto; Gregorio Botta con un
tempietto di acqua e ferro; i volti come reperto dove la bellezza è ormai corrosa e ustionata nelle foto di Mimmo Jodice; il colonnato sfibrato di Roberto Pietrosanti; ecco le amazzoni di Marina Albanese e i gessi mutilati di Nino Longobardi (persino una statua maschile cadavere senza una gamba e con i genitali in mano) segno dell’incuria cui versa il nostro patrimonio; Gianluigi Colin e gli accartocciamenti di memorie greche su nove pannelli nel criptoportico neroniano;eppoi ancora i lavori di Aquilanti, Biasucci, Zimmer Frei, Alis/Filliol e Barocco. E’ così che gli dei antichi continuano a parlarci e a comunicarci verità, e con l’arte di oggi si è voluto aprire il quaderno del passato per interrogare il futuro.
Carlo Franza