“Senza educazione”. La scuola di Renzi va a rotoli. Italia senza futuro.
Ho letto il libro con attenzione, con spirito critico e con desiderio di vivere la cultura e la scuola italiana e l’Università così come le ho vissute dal di dentro per decenni. Il libro in questione è “Senza educazione” di Adolfo Scotto di Luzio ( Il Mulino, ottobre 2015) docente di Storia della Pedagogia nell’Università di Bergamo. In poco più di 130 pagine l’illustre collega ha segnato il De Profundis alla “Buona Scuola” di Renzi, a quella strampalata riforma che il Presidente del Consiglio toscano pensa di aver varato con buona pax del Partito Democratico. Basterebbe leggere i titoli dei capitoli del libro: diario di una disfatta, al mercato dell’istruzione, la disuguaglianza tecnologica, ecc. ecc. Il nostro autore scrive un saggio a tesi sui rischi della scuola 2.0. Cosa sia la scuola 2.0 lo si vede nel sito del MIUR ove è il Progetto finale del rapporto finale sul progetto Cl@ssi 2.0, “nascosto in mezzo a tante altre cose ma a cercarlo bene si trova. Ottantasette pagine, un paio d’ore e si legge tutto. Fin dalle prime righe, tuttavia, un’idea del perché il ministero non vada tanto fiero di quel documento il lettore se la fa”. Vi spiego in poche parole cosa intende anzitutto Renzi per “Buona Scuola” , e lo si legge nel progetto sopra menzionato, ovvero introduzione delle nuove tecnologie nelle aule, e cioè lavagne luminose multimediali, tablet, internet, banda larga, … tutto monitorato da quattro signori valutatori, due del ministero e due della Fondazione Agnelli e della Fondazione Compagnia San Paolo per vederne e studiarne l’impatto sugli apprendimenti degli allievi,tanto che sono ancora lì a discutere su due linee, quella pedagogista e quella statistica. Per farla breve, quel progetto ha richiesto ben 5 milioni di euro dati alle scuole per comprare tablet, lavagne interattive, telecamere digitali, macchine fotografiche, registratori, riproduttori audio, videoproiettori. Ma andiamo per gradi il progetto e i valutatori hanno misurato “l’impatto delle tecnologie sul terreno dell’apprendimento dell’italiano e della matematica, literacy e numeracy? Migliora o non migliora la competenza linguistica … la loro capacità di calcolo e quantificazione?” “Literacy e numeracy? No. Grammatica, equazioni ,problemi matematici? Nemmeno”. Dice Scotto di Luzio: “Abbiamo speso cinque milioni di euro per mettere i banchi a spina di pesce e per creare isole di apprendimento”. E ancora: “C’è qualcosa di profondo e inquietante che questa esperienza del 2.0 rivela sullo stato della nostra istruzione pubblica, e cioè il suo andare per conto proprio, senza direzione, vittima di un evidente difetto di razionalità amministrativa che si risolve in una sostanziale incapacità da parte del centro di capire quello che accade nelle scuole e nelle classi e dunque di governare in maniera efficace il sistema. E’ questo difetto di direzione politica della scuola italiana il vero tema centrale del rinnovamento dell’istruzione nazionale”. Pensate che la regia di tutto ciò si è avuta con Vittorio Campione, lunga carriera in Viale Trastevere a Roma(sede del Ministero) e con i quattro che hanno affiancato la regia, ossia Daniele Checchi, Enrico Rettore, Silvia Girardi e Valeria Pandolfini. Conclusione, impatto sulla didattica zero, apprendimento zero, docenti strumentalizzati ( registro elettronico, pagella elettronica), prodotti digitali che invecchiano presto tanto che bisognerebbe pensare a una “fiera del modernariato elettronico” nelle aule, e di pari passo operare altre spese. La riforma di Renzi non rincorre la cultura e l’insegnamento, rincorre le tecnologie con un ciclo di investimenti che -occorre dirlo- non producono nulla. Insomma la “banda larga” che i presidi italiani rincorrono nelle scuole non porta proprio a nulla, e “questa tecnologia usata non è in grado di sostenere la nascita di un nuovo ambiente di apprendimento” . E tutto ciò quando le scuole italiane, salvo le poche che mantengono ancora strutture e architetture funzionali perchè costruite durante il fascismo, sono diroccate e mal messe, pericolanti, sporche e fatiscenti. Per non parlare dei docenti sottoposti a stress e malpagati a cui da anni si da un misero, anzi miserrimo stipendio. Si pensa alle tecnologie proprio in un regime di ristrettezze finanziarie, senza sapere che le tecnologie richiedono aggiornamento di postazioni e prodotti.
Il professor Scotto di Luzio a pag 77 del suo libro scrive: “ ma in tutto questo discorrere di scuola e di strumenti per la scuola una parola è totalmente assente “studio”. Apprendere manovre digitali non vuol dire studiare; “in gioco sono gli orientamenti valoriali e culturali prevalenti nella società”.
Tablet, lavagne luminose, banda larga, internet, stanno svuotando la scuola di ogni effettivo contenuto positivo. Ora non più una scuola tesa a puntare tutto sullo studio, ma una scuola ormai “senza educazione” . E questo per volere di Renzi.
Questo libro con passione, competenza e lungimiranza, alla luce di dettagli storici, pedagogici e sociologici assegna alla riforma renziana della scuola tre disappunti essenziali: gli strumenti della didattica risultano asserviti alle tecnologie; l’abuso del tablet rafforza una didattica volta a formare individui passivi oggi e politicamente sudditi domani; la scuola sta diventando un mercato intorno al quale si organizzano altri mercati.
A questo punto voi pensate che l’Italia possa avere un futuro senza una scuola seria, formativa e acculturante? No, io direi. L’Italia non ha futuro. Per colpa di Renzi.
Carlo Franza