Il poeta friulano che scrive in “bisiàc e tergestino” intona il proprio atto di parola  in un rituale vocalico allineato  in una sequenza ritmica che è propria del suo dialetto, in quella terra di confine che è Gorizia. Un ritmo non solo linguistico, ma tramatura, tessitura e  partitura che si fa anche gestuale, corporale, musicale, dove la “ripetizione”  viene intesa come memorabilità, liturgia e messaggio nella differenza  (…la fassa sensa più nome, la fonda/sóva canson che mai no la se pande…).  Nei suoi messaggi di luogo, tempo e spazio, ruotanti  come “consistenza” di vita,  Ivan Crico trova  un incerto rimbombo, […]