Adesso il palazzo del Quirinale, definito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella “La casa degli italiani”, è divenuto Museo del Contemporaneo per la presenza di opere d’arte e oggetti di design collocati -direi meglio disseminati- in maniera puntuale e mai invasiva all’interno dei diversi appartamenti, in sommesso dialogo con preziosi arazzi, reperti archeologici di pregio, volte affrescate e lampadari di cristallo. Si tratta di un progetto voluto da Ugo Zampetti, segretario generale della Presidenza della Repubblica, arrivato nel 2021 alla sua terza edizione – progetto forse copiato dalla Collezione Farnesina  sita nel  Palazzo della Farnesina, mirabilmente ideato dall’Ambasciatore Umberto Vattani o anche “double face” di quella bellissima mostra sul Contemporaneo impiantata dall’Ambasciatore Pietro Sebastiani nella sua sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede a Palazzo Borromeo a Roma, mostra  che abbiamo  qui a suo tempo recensito; la mostra ora al Quirinale riunisce oggi 96 opere d’arte e 102 oggetti di design.

Leggiamone da vicino il significato di Quirinale Contemporaneo 2019-2021. “In primis creare una continuità con il passato, creando un ponte tra tradizione e contemporaneità tra il Ventesimo Secolo e l’inizio del Ventunesimo; in secondo luogo avviare un dialogo con gli artisti e le fondazioni che li rappresentano, e infine rappresentare tutte le regioni italiane – spiega la curatrice – al fine di costruire una collezione con opere donate o concesse in comodato a lungo termine”. Il tutto certo vede il rispetto dei luoghi e delle stanze e delle loro funzioni quotidiane, per cui ecco l’esclusione di installazioni o opere multimediali, per privilegiare quindi opere a parete, sculture e oggetti d’arredo. Il risultato per la verità non è eccezionale, pur con la presenza di diverse opere di massima qualità nel settore dell’arte. Forse in un contesto di tale prestigio sarebbe stata opportuna una selezione meno allargata, giustificata comunque dall’esigenza di documentare la produzione artistica dell’intero territorio nazionale. Ecco capolavori come Concetto spaziale, Venice Moon (1961) di Lucio Fontana nella prima sala di Rappresentanza, Untitled (2013), la grande tela argentata donata da Rudolf Stingel nella Sala degli Scrigni, l’Achrome (1958) di Piero Manzoni nella Sala delle Virtù, La sopraffazione (1952) di Afro nella Sala della Fabbriche di Paolo V, i due cellotex di Alberto Burri Nero (1988) e Nero e Oro (1992), collocati in maniera spettacolare nella Sala di Augusto, il mosaico Eden (1958) di Corrado Cagli nella Cappella del Presepe, le tre Superfici argento (2006) di Enrico Castellani nella Sala del Brustolon e nel Torrino, la scultura di Nunzio in legno combusto Senza titolo (2002) al centro della Sala del Bronzino, e Impronta (1964-64) , importante opera storica di Luciano Fabro nella Galleria dei Busti Molto suggestiva la sala della Musica, dove si confrontano le opere di Carla Accardi (In Viaggio, 1988; Bacco e Arianna, 1992) e del suo compagno di vita Antonio Sanfilippo (Senza Titolo, 1956, Rete Complicata, 1957), mentre lodevole è l’opera Colui che sono (2020), dedicata all’identità ebraica, realizzata appositamente per l’occasione da Emilio Isgrò e collocata nella Sala degli Ambasciatori, insieme al Ritratto di Bambina (1969-70) di Giosetta Fioroni nella Sala dei Bussolanti e alle delicatissime ceramiche di Fausto Melotti,  Confessione (1955) e La cantante (1955) nella Sala delle Dame. Opere di livello museale certo, ma che cozzano non poco all’interno di un contesto altamente simbolico,  tutto sembra -parere di Storico-  debitamente forzato anche se grande è  stato il desiderio  di proiettare nel presente e nel futuro un patrimonio di incredibile valore ed offrire al grande pubblico un palcoscenico d’eccezione per l’arte e il design tricolore.  E per finire,  devo aggiungere che queste opere d’arte contemporanea sgomitano nell’Ex Palazzo dei Papi. Una mostra così l’avrei destinata altrove.

Carlo Franza

 

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