Gian Enzo Sperone collezionista. Uno dei galleristi di rilievo mondiale in mostra al Mart di Rovereto
Il Mart di Rovereto presenta, per la prima volta tutte insieme, 400 opere provenienti dalla collezione privata di Gian Enzo Sperone. Una raccolta unica che affianca i grandi maestri del Novecento, come Giacomo Balla, Pablo Picasso, Lucio Fontana, Andy Warhol, a capolavori dell’arte antica, dall’archeologia romana ai fondi oro del XIV secolo, passando per i lavori di Iacopino del Conte, Sofonisba Anguissola, Bernardo Strozzi, Anton Raphael Mengs, Francesco Hayez.
È stato a lungo uno dei 10 galleristi più importanti del mondo, l’attuale sede newyorkese, la Sperone Westwater Gallery, è stata progettata dall’archistar Norman Foster, alla sua storia sono stati dedicati cataloghi e articoli di giornali. È Gian Enzo Sperone. Classe 1939, apre la sua prima galleria a Torino nel 1964, porta in Italia la nuova grande arte statunitense, lavora con i poveristi e i concettuali. Fiancheggia, fin da subito, le avanguardie più innovative, slegate dal passato, preferendo i linguaggi e le tendenze contemporanee. Frequenta i circoli degli intellettuali europei e americani. Con Konrad Fischer inaugura sedi a Roma e a New York, collabora con Ileana e Michael Sonnabend (a cui il Mart di Rovereto dedicherà una grande mostra nel 2005, anticipando l’interesse dei musei italiani per l’attività di grandi collezionisti e mecenati, protagonisti di numerose mostre negli ultimi anni).
Dagli anni Settanta Sperone fa la spola tra l’Italia e gli States, contribuendo agli scambi culturali e commerciali, promuovendo gli artisti più interessanti e collaborando con le maggiori istituzioni, gallerie, fondazioni. È tra i fautori del successo internazionale dell’Arte Povera e della Transavanguardia.
Parallelamente (e in principio quasi in sordina) alla ben nota attività di gallerista d’arte contemporanea, Sperone si dedica con febbrile passione al collezionismo. Senza limiti, né di tempo né geografici. Con curiosità e gusto non scontati, dà vita a una collezione sterminata e contradditoria, in cui figurano opere e manufatti di epoche diverse, a partire dal XIV secolo sino ai giorni nostri, e provenienti da numerosi paesi, dall’Europa all’Asia.
È su questa collezione che si concentra la mostra del Mart, ideata da Vittorio Sgarbi e curata da Denis Isaia con Tania Pistone. Attraverso 400 opere, alcune delle quali mai presentate nei musei italiani, la raccolta di Sperone racconta una passione senza confini per l’arte in ogni sua forma.
Con l’intenzione di stupire e divertire il pubblico, ma anche di sovvertire le regole della museografia contemporanea come già successo più volte al Mart, il percorso espositivo mescola stili, tempi, materiali, forme. Si comincia con una selezione di opere delle avanguardie storiche alla cui riscoperta Gian Enzo Sperone, seppur legato indubbiamente alle seconde avanguardie, contribuisce. In mostra quindi i padri del novecento, come Balla, Boccioni, de Chirico. Si prosegue incontrando una raccolta di capolavori che lascia senza fiato. Da Pablo Picasso a Andy Warhol, passando per Sofonisba Anguissola, Mimmo Paladino, Alighiero Boetti, Wim Delvoye, Julian Schnabel.
Sui confronti tra antico e moderno, tra scuole, movimenti e tecniche si gioca la mostra. In questo senso il progetto curatoriale rientra perfettamente nella linea di ricerca portata avanti dal museo di Rovereto fin dalla sua fondazione e rinnovata dal presidente Vittorio Sgarbi negli ultimi anni. Partendo dal presupposto che “tutta l’arte sia contemporanea” e che il contesto in cui un’opera viene fruita ne modifica la percezione, il Mart attraversa le epoche e riposiziona al centro del discorso culturale l’arte in quanto tale. Dai fondi d’oro del XIV secolo al video di Gino De Dominicis, attraverso stampe antiche e tele colorate di Peter Halley, sculture di Mike Kelley e Tom Sachs la narrazione si sviluppa. Tra gli “antichi” spiccano una Madonna di Zanobi Strozzi del XV secolo e un fondo oro di Defendente Ferrari, eseguito nella prima metà del millecinquecento. Ma anche opere di Francesco Cairo, Luca Giordano, Jacopino del Conte.
Rispetto al percorso collezionistico di Sperone, la scelta di raccogliere capolavori antichi appare ancora più singolare: a lungo Sperone è stato considerato il pioniere del contemporaneo, lo scopritore di talenti, l’anticipatore del domani. Come Giano Bifronte, Sperone guarda in più direzioni: da un lato c’è l’attività di gallerista, perfettamente calata nel presente, se non addirittura nel futuro; dall’altro c’è la collezione privata, nella quale è possibile alimentare anche i contrasti dell’anima.
Coerentemente con la collezione di Gian Enzo Sperone, la mostra è onnivora, racconta un esercizio di gusto nel quale soggiacciono apparenti contraddizioni. Come un campo magnetico, attira e stordisce. Ideato dall’architetto Remoto Atelier, l’allestimento è scenografico, teatrale, magnificente. La mostra è accompagnata da un ricco catalogo pubblicato da Silvana Editoriale con testi di Vittorio Sgarbi, Denis Isaia e dello stesso Gian Enzo Sperone e testimonianze di Goffredo Parise, Robert Rosenblum, Francesco Bonami, Alvar González-Palacios, Fabrizio Moretti.
Carlo Franza